28 ottobre 2021
Mancano pochi giorni alla conferenza ONU sul cambiamento climatico (COP 26) di Glasgow (31 ottobre-12 novembre), in cui 197 capi di Stato saranno chiamati a decidere come agire per arrestare e mitigare il riscaldamento globale. La crisi climatica è una priorità per i governi di tutto il mondo, ma tutti dobbiamo sapere e tutti possiamo agire, perché gli effetti sempre più evidenti e drammatici del riscaldamento globale riguardano la nostra vita e l’ambiente in cui viviamo, di cui siamo parte attiva e responsabile.
Il FAI farà la sua parte con la campagna #FAIperilClima: seguiremo da vicino i lavori della COP26, di cui racconteremo lo svolgimento con news sui canali web del FAI, e a conclusione della conferenza, il 16 novembre, riuniremo autorevoli esperti per commentarne gli esiti in un incontro webinar aperto a tutti.
Il cuore dell’iniziativa, però, sono 12 visite speciali organizzate nei Beni FAI dal 30 ottobre al 14 novembre: climatologi, geologi, botanici, zoologi e altri esperti guideranno il pubblico a osservare e toccare con mano gli effetti concretissimi del cambiamento climatico sugli ambienti di cui il FAI si prende cura, e illustreranno strategie e progetti di adattamento e mitigazione, già avviati o futuri, dai grandi lavori alle buone pratiche che tutti possiamo e dobbiamo adottare.
La varietà straordinaria dei Beni FAI, dalle Alpi alla Sardegna, dai pascoli alle zone umide, dal Negozio Olivetti in Piazza San Marco a Venezia al Giardino della Kolymbethra nella Valle dei Templi di Agrigento, consentirà di approfondire i diversi effetti del cambiamento climatico che minaccia gli ecosistemi naturali, la biodiversità e le colture tradizionali, ma anche i paesaggi urbani e i monumenti storici: la salute dell’ambiente e la nostra.
Il 25 settembre del 1915 San Fruttuoso fu teatro di un disastroso evento alluvionale che modificò sia il paesaggio che il monumento, risparmiando fortunatamente le vite umane.Partendo da questo episodio l’architetto Alessandro Capretti, Property Manager dell’Abbazia di San Fruttuoso, introdurrà la giornata raccontando come il FAI negli ultimi anni stia lavorando in sinergia con il Comune di Camogli e il Parco Naturale Regionale di Portofino per mitigare il pericolo idrogeologico dovuto agli eventi metereologici estremi, che mettono a rischio il Borgo con i suoi residenti e il monumento di cui la Fondazione si prende cura quotidianamente. In compagnia del Prof. Francesco Faccini, professore associato presso il DISTAV – Università degli Studi di Genova, e il dott. Guido Paliaga, geologo e Ricercatore presso il CNR – IRPI di Torino, scopriremo sul campo quali sono le problematiche legate al dissesto idrogeologico nel Borgo di San Fruttuoso, come gli effetti dei cambiamenti climatici vadano ad incidere negativamente su queste criticità, quali forme di prevenzione si stanno mettendo in campo per contrastare questi fenomeni: i progetti europei Interreg Maritime TRIG-Eau e Horizon 2020 RECONECT.
Nel corso dell’estate che si è appena conclusa, due incendi hanno colpito la Riserva di Monte Catillo: il primo ha interessato la zona di Monte Sterparo per alcune decine di ettari; il secondo, tra il 12 e il 14 agosto, ha distrutto circa 300 ettari di vegetazione su 1300 ettari di superficie totale dell'area naturale protetta. Entrambi gli episodi sono di probabile origine dolosa, come la maggior parte degli incendi che storicamente hanno colpito la Riserva, interessando in particolar modo le zone arbustive e con vegetazione steppica, ma anche parte della preziosa sughereta di Sirividola, un biotopo di estremo interesse vegetazionale. Se in passato gli incendi risultavano di estensioni relativamente limitate e colpivano aree della Riserva diversamente dislocate, l'evento dello scorso agosto è stato di eccezionale gravità per estensione.
La Città metropolitana di Roma, quale Ente gestore, sta procedendo alla perimetrazione di dettaglio delle aree incendiate per consentire un'analisi cartografica di confronto con la situazione antecedente l'episodio e una migliore valutazione del tipo di danno. La collaborazione già in atto con il Dipartimento di Biologia Ambientale dell'Università La Sapienza di Roma si dimostrerà preziosa per definire eventuali interventi di recupero e per prevedere le capacità di resilienza delle diverse formazioni vegetazionali incendiate.
L'escursione, guidata dalla biologa Maria Vinci, Responsabile della Riserva, consentirà di percorrere anche i sentieri delle zone che sono state attraversate dal fuoco, offrendo la possibilità di cogliere le capacità di ripresa della vegetazione già a poche settimane dall'incendio. Attraverso la lettura guidata del paesaggio, si potrà comprendere la capacità di adattamento della Riserva ai cambiamenti climatici e ai disturbi che nel corso dei secoli hanno contribuito a definire la sua attuale fisionomia.
Il fenomeno dell'acqua alta da sempre accompagna la storia di Venezia. Guidati dal giornalista Giannandrea Mencini, si potrà analizzare il fenomeno dal punto di vista storico soffermandosi sugli eventi che si sono verificati nel corso del Novecento e sull’impatto che questi hanno avuto nel tessuto cittadino. In particolar modo ci si focalizzerà sull’alluvione del 1966 e su come la città in seguito a questo evento si sia attrezzata: dagli interventi realizzati e non alle leggi speciali, dal progetto del Mose al mancato intervento di impermeabilizzazione/rialzo di Piazza San Marco. L'approfondimento si concluderà con una riflessione sul dibattito attuale, e quindi sui cambiamenti climatici in atto e i loro effetti a Venezia, illustrando i problemi legati al rialzo del livello del mare e le relative conseguenze per la città sulla base anche degli ultimi studi dell’IPCC - Intergovernmental Panel on Climate Change (il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici).Dopo questo approfondimento, l’incontro proseguirà con una passeggiata in Piazza San Marco accompagnati da Caterina Sopradassi, ex Presidente delle Guide Turistiche di Venezia, che mostrerà i danni che l’acqua alta provoca ai monumenti storici ed alle attività, storiche e non, della Piazza. Un focus sarà dedicato, in ultimo, ai problemi logistici legati alla posa delle passerelle.
I ghiacciai sono delle sentinelle del clima. Il loro inarrestabile scioglimento testimonia come nelle Alpi il cambiamento climatico stia procedendo a ritmi elevati. Il cambiamento si riflette anche sugli ecosistemi naturali e gli agroecosistemi, poiché la temperatura e il regime delle precipitazioni sono i loro principali regolatori. Gli effetti più macroscopici si hanno sui cicli vegetativi e sulla biodiversità. In una speciale visita a Castel Grumello, Fausto Gusmeroli, esperto in tematiche di carattere agro-ambientale, guiderà i partecipanti in un'osservazione guidata dei nevai delle Alpi Orobie e consentirà di scoprire la storia del sito, gli ecosistemi naturali e gli agroecosistemi che caratterizzano il panorama che lo circonda.
Il paesaggio del “giardino mediterraneo” della Kolymbethra, così come quello di Donnafugata a Pantelleria (anche esso proprietà del FAI), si fonda su una biodiversità e su tecniche agronomiche che hanno assicurato nel tempo una grande stabilità ecosistemica e produttiva, generando al tempo stesso una straordinaria bellezza. Così è stato nei secoli, attraverso un adattamento ai cambiamenti propri della storia e della natura mediterranea, e così avverrà in futuro per far fronte ai cambiamenti climatici in corso. Il giardino mediterraneo, frutto di una sapienza antica, ci narra della coevoluzione tra Uomo e Natura, tracciata nell’evoluzione del paesaggio. Una passeggiata guidata dal prof. Giuseppe Barbera, che è stato ordinario in Colture Arboree presso l'Università di Palermo, consentirà di comprendere e osservare le risorse genetiche e le tecniche tradizionali che si offrono, come spunto, alle innovazioni di cui abbiamo bisogno per affrontare un difficile futuro.
Una passeggiata guidata dal prof. Aldo Ranfa, ricercatore dell'Università degli Studi di Perugia, condurrà all’osservazione del paesaggio agricolo e forestale del Bosco di San Francesco, per scoprire sul campo l’impatto dei cambiamenti climatici sulla vegetazione naturale e di origine antropica, come gli oliveti, e quali azioni possono essere introdotte per contrastarne gli effetti. Le ondate di calore, opposte a eventi meteorologici di estrema violenza, ormai caratterizzano anche l’Umbria impattando, ad esempio, sulla biosfera e contribuendo all’invasione di specie aliene invasive nella flora spontanea e autoctona.Queste variazioni portano ad anticipi o ritardi nei vari stadi di sviluppo delle piante coltivate, sia vegetativi che riproduttivi, causando alterazioni sulla quantità della produzione e qualità del prodotto, in particolare per le specie fruttifere più comuni nel nostro ambiente mediterraneo o submediterraneo, come gli olivi e le piante da frutto presenti nel Bene del FAI.Per far fronte ai cambiamenti in atto, è nato il progetto europeo LIFE CLIVUT - Valore climatico degli alberi in città dell’Università degli Studi di Perugia - con la partecipazione di quattro città pilota dell’area mediterranea per sviluppare una Strategia per il Verde Urbano finalizzata alla mitigazione e adattamento al Cambiamento Climatico. Il progetto sviluppa un approccio ecosistemico basato sulla partecipazione dei cittadini all’ideazione e alla sperimentazione di strumenti per la pianificazione e gestione del Verde Urbano e il ripristino di relazioni funzionali e strutturali tra aree verdi urbane e periurbane. Questo modello può essere replicato anche nelle zone rurali.
Il cambiamento climatico comporta forti ripercussioni sulla vita delle singole piante, ma anche sul ciclo biologico, la distribuzione geografica e il ruolo ecologico di intere specie vegetali, penalizzandone molte e premiandone alcune. Tra queste ultime, vi sono piante esotiche invasive – introdotte nei secoli scorsi a scopo ornamentale - che oggi si inseriscono nei processi che governano la vegetazione spontanea e autoctona e rappresentano una minaccia per gli ambienti naturali. In compagnia del prof. Bruno E.L. Cerabolini, professore ordinario di Botanica Ambientale presso l'Università dell'Insubria, si potranno analizzare e osservare questi fenomeni in un giardino spontaneo, quello di Casa Macchi, in cui è mancata la manutenzione per diversi anni, prima dell'arrivo del FAI. Attualmente in fase di restauro, Casa Macchi aprirà eccezionalmente le sue porte per raccontare gli esiti di uno studio multidisciplinare, a cui il prof. Cerabolini ha preso parte, sul complesso di Morazzone e del territorio dal punto di vista storico, agricolo, botanico e naturalistico. Si ringrazia Fondazione Cariplo per il sostegno.
Le zone umide sono l'ecosistema più importante per la storia dell'umanità. A dispetto di ciò che normalmente viene insegnato, le grandi civiltà si sono evolute in prossimità di zone umide, come in Mesopotamia. Tuttavia, la storia ci parla solo dei fiumi che ad esse danno vita. Le zone umide, infatti, a causa della malaria sono spesso state associate alla malattia e alla povertà e in passato si è cercato spesso di bonificarle, prosciugandole. Diverso è stato il destino, invece, di quelle zone umide destinate alla produzione di sale, di cui le Saline Conti Vecchi rappresentano un modello unico di sostenibilità ante litteram con la creazione di un ambiente in cui tutela ambientale, sviluppo economico e sociale andavano di pari passo. Una passeggiata guidata a Porto San Pietro in compagnia della dott.ssa Vania Statzu, Vicepresidente di MEDSEA Foundation, che si occupa della tutela e la gestione sostenibile delle risorse marine e costiere della Sardegna e del Mar Mediterraneo, consentirà di comprendere come e perché le zone umide sono nuovamente a rischio a causa del cambiamento climatico. Siccità, aumento del livello del mare, alluvioni stanno mettendo in crisi questi ecosistemi, privando le popolazioni che vivono attorno dei fondamentali servizi che esse offrono: dal cibo all'uso ricreativo, da oasi di biodiversità alla funzione di mitigazione offerta da questi habitat rispetto al cambiamento climatico. Oggi le zone umide sono l'esempio perfetto di Nature based Solutions ma si rischia di perdere questa opportunità, se non si agisce in tempo. Spesso bastano piccoli cambiamenti delle nostre abitudini per contribuire notevolmente alla riduzione delle emissioni climalteranti e alla conservazione delle zone umide.
Cosa sono i cambiamenti climatici e quali effetti si possono riconoscere in Veneto?
In una tavola rotonda (ore 11), Alberto Gobbi, socio onorario dell’Associazione Meteo in Veneto e socio ordinario dell’Associazione MeteoNetwork ONLUS, e Francesco Rech, Collaboratore Tecnico di ARPAV - Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, ci aiuteranno a comprendere, attraverso una serie di casi studio, i fenomeni estremi (grandine, fulmini, le cosiddette bombe d’acqua) sempre più intensi e ravvicinati in Veneto, gli andamenti nel tempo delle temperature e delle precipitazioni e gli interventi di adattamento e mitigazione messi in campo nella regione.
La giornata proseguirà con una visita (ore 13) nel parco della Villa: un’occasione per “leggere il giardino come un quaderno” e confrontarsi con le sfide più attuali. La grave crisi climatica e ambientale che stiamo attraversando ci coinvolge anche nella manutenzione e conservazione dei giardini, dai più grandi ai più piccoli: riconoscerne i segni e individuare le modalità di intervento per un “giardiniere” più responsabile e consapevole è un primo passo per fare la nostra parte. Guidati dalla paesaggista Emanuela Orsi Borio, Responsabile dei Giardini e Parchi Storici del FAI, e da Alessandro Armani, Property Manager di Villa dei Vescovi, una passeggiata nel “giardino” della villa consentirà di leggerne la storia e l’evoluzione nel tempo fino ai giorni nostri, con un approfondimento dedicato alla manutenzione e alla scelta del verde nel nuovo scenario.
La Baia di Ieranto, area naturale protetta regionale, per le sue caratteristiche geografiche, prima insenatura del golfo di Salerno e protesa com’è sulla punta della Penisola Sorrentina, è da sempre interessata dal fenomeno delle migrazioni. Si trova infatti sulla direttrice di una delle maggiori rotte migratorie del Mediterraneo e, sia in primavera che in autunno, è possibile osservare numerose specie di uccelli che vi fanno tappa per riposarsi durante il loro lungo volo. Grazie alla varietà di habitat che la tutela ambientale consente di preservare, la Baia di Ieranto offre l’occasione di osservare specie ornitologiche sia stanziali che di passo. In compagnia del professor Maurizio Fraissinet, ornitologo e Presidente dell’Associazione Studi Ornitologici Italia Meridionale, avremo modo di approfondire se e come i cambiamenti climatici influiscono sugli equilibri che regolano il fenomeno delle migrazioni: innalzamento delle temperature, siccità prolungate o forti piogge, variazioni nella direzione ed incremento della forza dei venti, sono tutte variabili che si registrano ormai con crescente frequenza e che incidono sugli equilibri ecosistemici, sugli habitat ma anche sui processi biologici che innescano il fenomeno delle migrazioni.
La Cimice Asiatica (Halyomorpha halys) ha invaso il Nord Italia meno di 10 anni fa ed in breve è diventata l'insetto chiave da combattere per la difesa di numerose colture agrarie. Come spesso capita alle specie aliene invasive, non ha trovato antagonisti naturali sul territorio in cui ha proliferato, andando ad occupare anche spazi urbani e forestali. A partire dal 2020, la Fondazione Edmund Mach, che si occupa di istruzione e ricerca scientifica in campo agrario, ha promosso il rilascio della cosiddetta vespa samurai in Trentino per contenere l'invasione della cimice. Alieno contro Alieno. Perché e come questo approccio può risolvere il problema della Cimice Asiatica? Ci sono rischi? A queste e altre domande l’entomologo Valerio Mazzoni e l’ecologa Livia Zapponi cercheranno di dare risposta in un incontro dedicato.
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