23 settembre 2021
Dal Bosco di San Francesco arriva una notizia allarmante: le olive coltivate nei vasti uliveti ai piedi della Basilica di Assisi, sono già mature a fine settembre.
Il tempo della raccolta delle olive inizia ad autunno inoltrato; in alcune zone del centro Italia si faceva iniziare il giorno di San Martino, l’11 novembre, e la raccolta si doveva chiudere entro Natale, perché dopo la festività era consentito ai “pizicaroli” – termine dialettale per indicare venditori di alimenti - di accedere agli uliveti per raccogliere i frutti rimasti sul terreno o tra i rami bassi.
Ma aldilà delle tradizioni, oggi il ciclo della natura è stato alterato e non possiamo non domandarci se siano i cambiamenti climatici la causa di questo anticipo di maturazione che modifica i tempi di produzione dell’olio e, più in generale, quali siano gli effetti di questo fenomeno sull’agricoltura.
L’ondata di caldo africano di quest’estate, accompagnata da un lungo periodo di siccità, interrotto da poche e violente precipitazioni, ha messo in ginocchio le produzioni di frutta e verdura e sta generando impatti significativi anche su altre produzioni, come appunto quella delle olive.
In particolare, le gelate fuori stagione, i repentini cali termici, la siccità prolungata e le temperature che superano i 40° possono rappresentare un pericolo anche per le piante più resistenti come l’ulivo.
Nel 2021 la primavera è stata secca, in alcuni momenti le temperature sono scese repentinamente proprio nel periodo più delicato, quello della gemmazione e della fioritura. Ad aggravare la situazione è sopraggiunta un’estate torrida che ha determinato la caduta di quelle poche olive presenti sui rami.
Gli olivicoltori sono costretti ogni anno a misurarsi con le sempre più ricorrenti bizzarrie climatiche, e l’autunno potrebbe portare piogge violente che, proprio in concomitanza con la raccolta, potrebbero danneggiare le chiome degli alberi, provocando la caduta anticipata dei frutti e mettendo a rischio la raccolta del 2021.
Da Assisi a Spoleto si estende la cosiddetta “Fascia Olivata”, candidata recentemente ad entrare a far parte del patrimonio Unesco quale "paesaggio culturale evolutivo": la coltivazione dell’ulivo in questo tratto pedemontano appenninico di oltre 40 chilometri è il risultato millenario di cultura, non di natura spontanea. Rappresenta, infatti, un esempio di “paesaggio culturale evolutivo”, ovvero un’opera combinata della natura e dell’uomo.
Nel paesaggio olivato sono immersi e convivono in equilibrio elementi artistici, culturali, storici e tradizionali riferiti a quella popolazione che per secoli con la coltivazione dell'ulivo e la produzione di olio ha instaurato un legame ormai profondo e indissolubile.
Il Bosco di San Francesco non solo ricade in questa fascia di “Paesaggio culturale evolutivo” ma è inserito in una zona agricola e paesaggistica del centro Italia rilevante a livello mondiale: il Bene FAI, infatti, è nel territorio del Comune di Assisi, sito UNESCO e dal 2018 nell’area FAO GIHAS - Globally Important Agricultural Heritage Systems, oltre a essere parte integrante del Parco Regionale del Monte Subasio.
I cambiamenti climatici stanno mettendo a rischio questo storico equilibrio e la produzione dell’olio – elemento cardine della dieta mediterranea – è già in sofferenza.
Dagli ulivi del Bosco di San Francesco ricaviamo un olio extravergine equilibrato, fruttato e adatto a esaltare il sapore di qualsiasi cibo, mantenendo inalterate a lungo le proprietà organolettiche grazie al basso grado di acidità e all’imbottigliamento sotto azoto, tutte qualità che potrebbero non verificarsi più se le olive cambieranno il loro ciclo naturale a causa dei cambiamenti climatici.
Nell'Europa meridionale le ondate di calore estremo e la riduzione delle precipitazioni e dell'acqua disponibile influiranno negativamente sulla produttività agricola. Si prevede, inoltre, che la produzione agricola sarà sempre più variabile di anno in anno, a causa di eventi meteorologici estremi e di altri fattori quali la diffusione di parassiti e malattie.
Un allarme che non possiamo continuare a ignorare.
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