1975-2025: il FAI, mezzo secolo di patrimonio

1975-2025: il FAI, mezzo secolo di patrimonio

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1975-2025: il FAI, mezzo secolo di patrimonio
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03 febbraio 2025

Tesori, paesaggio e sfide: parla il Presidente del Fondo istituito da Giulia Maria Crespi e Renato Bazzoni. Marco Magnifico: «Da quest’anno 5 nuovi Beni, l’Italia ha bisogno di noi».

Cinquant’anni del FAI, «nessuno ci avrebbe scommesso, tranne noi». Marco Magnifico, che è presidente di questo gioiello – il Fondo per l’Ambiente Italiano – dalla storia per molti versi miracolosa, racconta, si commuove, riprende il discorso, elenca progetti, parla del futuro. Tutto con lo stesso entusiasmo, con quello «stile FAI» fatto di visione, coraggio, dedizione, una (buona) dose di eccentricità: elementi che nel 1975 diedero corpo al progetto funambolico di Giulia Maria Crespi e Renato Bazzoni, condiviso con Alberto Predieri e Franco Russoli: curare e tutelare – a fianco dello Stato – i luoghi speciali d’Italia e in questo modo educare alla bellezza del patrimonio culturale e ambientale del Paese.

Quei luoghi ora sono settantadue. Cinque saranno inaugurati nel 2025.

«Festeggiamo con il lavoro». E con un Convegno, sabato 8 febbraio alla Scala di Milano, che nel titolo rappresenta lo spirito di questa istituzione: Un civile servizio. Mezzo secolo di battaglie. «Ce l’abbiamo fatta, ora possiamo dirlo», dice Magnifico. Nonostante fossero in molti a pensare al FAI – nato ufficialmente il 28 aprile 1975 – come a «un capriccio di Giulia Maria Crespi». A guardarlo con diffidenza: «Perché i principi Doria regalano l’Abbazia di San Fruttuoso? Deve esserci qualcosa sotto...». L’orgoglio si aggiunge alla gratitudine: nei confronti dei 16mila volontari che animano tutte le iniziative, fanno proposte, lanciano concorsi, giornate aperte: «Si sentono parte, giustamente, di una famiglia perché noi questo siamo».

Una famiglia di combattenti che non si è mai posta limiti.

Magnifico, entrato nel FAI a trentatré anni, nel 1987, strappato a Sotheby’s nonostante la contrarietà del padre, ammette: «Macinavo chilometri per spiegare il senso del nostro sogno, e anche quando il messaggio non passava e mi scontravo con l’indifferenza, non ho mai pensato di non farcela». Il tempo gli ha dato ragione. La prima donazione: Cala Junco a Panarea, nelle Eolie, poi il Monastero di Torba (Varese), ora patrimonio Unesco, Villa Panza di Biumo nel 1996, «anche se Giulia Maria non amava l’arte contemporanea...», l’acquisto del Castello di Masino (Torino) grazie anche alle conoscenze e al «carattere» della fondatrice «che chiese un miliardo di lire a Gianni Agnelli con un discreto impeto».

Magnifico sorride: «Non ci ponevamo problemi sul futuro, l’importante era mettere pietre angolari».

Un giardino, una villa, il colle dell’Infinito a Recanati (nelle Marche), una casa, una baia, un negozio, perfino una barca (la Velarca progettata dai BBPR a Tremezzina, Como): i tesori del FAI sono acquisiti, studiati, restaurati, esaminati per essere restituiti alla comunità. Una malga in Valtellina? Certo che sì.

«È la varietà del patrimonio italiano a rendere così straordinaria la nostra missione a servizio del Paese: siamo privati, è vero, ma con una finalità completamente pubblica».

Per farsene un’idea basta visitare Casa Macchi a Morazzone, Varese, dove il tempo si è fermato a metà del Novecento e attraversare le sue stanze è una lezione di storia sociale che vale più di dieci seminari. O all’alpeggio di Fontana Secca sul Massiccio del Monte Grappa, dove il FAI sta cercando di riportare la specie della vacca Burlina, che Mussolini detestava perché poco produttiva (del resto, lo dice il nome del posto, non c’è tanta acqua) e ne decretò l’abbattimento con conseguente ribellione dei pastori, arresto dei facinorosi e protesta delle mogli sotto la casa del podestà. Quell’alpeggio – dove le scolaresche potranno alloggiare – è uno dei cinque Beni FAI che saranno inaugurati nel 2025 del cinquantenario.

A settembre, quando le mucche torneranno dai pascoli. Prima, ad aprile, toccherà al podere agricolo Case Lovara di Punta Mesco, nel Parco delle Cinque Terre, «con le sue eroiche coltivazioni».

A maggio sarà la volta di Villa Rezzola, a Lerici, sul Golfo dei Poeti: la dimora, con i suoi meravigliosi giardini, durante la Seconda guerra mondiale fu requisita dai nazisti. «Anche in questo caso – aggiunge Magnifico – raccontiamo una storia: qui abitò il capitano tedesco Rudolf Jacobs che disertò nel settembre del 1944 e combatté con le brigate partigiane della zona di Sarzana».

Altri due Beni in fase di apertura: a luglio il Casino Mollo, costruito nel Seicento dai baroni Mollo in località Fallistro a Spezzano della Sila, in prossimità della Riserva dei Giganti della Sila; a novembre le Case Montana di Agrigento, nella Valle dei Templi, sui costoni che delimitano la conca della Kolymbethra.

«Il Sud – continua Magnifico – è in cima alla lista dei miei impegni da Presidente. Dobbiamo sostenerlo, incoraggiarlo, mai mortificarlo, anche se sappiamo bene che lavorare in certe zone d’Italia è più complesso, che i tempi si dilatano, che bisogna armarsi di pazienza. Ne vale sempre la pena, però. E per questo Napoli aprirà presto una villa con l’aiuto del FAI, per questo è arrivata la donazione di un Bene a Lipari, che si congiunge a quella di Panarea da cui tutto è partito: una bellissima coincidenza».

Cinquantenne e in ottima forma, il FAI del 2025, organizzazione complessa unita attorno al Direttore Generale Davide Usai e alla Direttrice Culturale Daniela Bruno. Conti a posto («dobbiamo ringraziare la presidente dal 2010 al 2013 Ilaria Borletti Buitoni che per prima ha messo in sicurezza i bilanci»), e programmi di grande rilievo e profondità («e qui il merito è di Andrea Carandini, alla guida del FAI dal 2013 al 2021»). I numeri sono notevoli: «Oltre tredici milioni di italiani hanno partecipato alle nostre giornate, abbiamo coinvolto quattro milioni di studenti, contiamo oltre trecentomila iscritti con una strepitosa rete territoriale che incarna lo spirito di servizio dei fondatori».

Bilancio più che positivo–- «la sensibilità è cambiata rispetto a trent’anni fa» ma sempre da difendere.

Soprattutto dal ridimensionamento delle Soprintendenze (con pareri non più vincolanti su interventi urbanistici e paesaggistici), che la Lega ha proposto in un emendamento, ieri ritirato dopo le polemiche e dopo la bocciatura del ministro della Cultura, Alessandro Giuli (anche se il Carroccio promette battaglia con un disegno di legge). «Incredibile e inaccettabile – ha scritto ieri Magnifico in una nota – la mancanza di sensibilità nei confronti dei valori della tutela di un patrimonio unico al mondo: il paesaggio italiano. Scopo esclusivo del FAI è educare la cittadinanza a questi valori: evidentemente dobbiamo cominciare dai cupi suoi rappresentanti in Parlamento».

Il FAI dunque è politico? Risposta di Magnifico: «La sussidiarietà è politica». Sulle barricate, come ogni volta che si avverte una minaccia vicina. «È la lezione di Giulia Maria Crespi. E pensare sempre in grande. Guardando al futuro». Allora eccolo il futuro del FAI. Gli obiettivi per i prossimi cinquant’anni:

«Continuare a parlare a tutti, a raccontare la bellezza dell’Italia e valorizzarla. Con i vecchi e i nuovi Beni, ma anche con iniziative come I Luoghi del Cuore (è la campagna nazionale-censimento dei paesi, monumenti, beni ambientali da "salvare": si candidano e si votano, fino al 10 aprile, ndr)».

Magnifico conclude: «Soprattutto il FAI dovrà occuparsi delle aree interne del Paese: le realtà rurali, le chiese meravigliosamente affrescate e abbandonate, i territori montani, le isole. Hanno bisogno di noi. E noi, per loro, ci saremo».

di Annachiara Sacchi

Articolo apparso sul “Corriere della Sera” del 1 febbraio 2025

© Riproduzione Riservata

Piacere, FAI

Le tappe principali della storia del FAI: la nascita e i fondatori, i primi luoghi salvati, i primi restauri, i primi volontari, le prime manifestazioni, le prime campagne nazionali. Tutte le sfide, i successi, ma anche le difficoltà che abbiamo affrontato e superato in questi cinquant’anni.

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