21 novembre 2024
Sembra solo ieri, ma sono passati quasi trent’anni quando, una sera, da poco sposati, da un quotidiano o da una rivista, non ci ricordiamo più tanto bene, notammo una pubblicità che ci colpì per la sua semplicità e sobrietà: era l’invito del FAI a iscriversi. Soprattutto una frase fu dirimente per la nostra scelta:
Dai un futuro al nostro passato.
Capimmo che quella organizzazione faceva sul serio, (era il 1994), non si limitava a elencare le opere da salvaguardare ma lo faceva! E, per una persona come il sottoscritto, logico e razionale, un po’ “testa quadra” questo fu fondamentale. Per mia moglie, invece, da sempre amante dell’arte, sapere che c’era un ente, privato, in grado di restaurare un bene e proporlo a tutti per essere ammirato fu una scoperta.
Si può dire, ora, che non fummo noi a trovare il FAI ma viceversa.
Nel primo anno di iscrizione visitammo quasi tutti i Beni a noi più vicini (per chi è socio l’entrata è gratuita, un bel risparmio), conoscemmo parecchie persone che si occupavano della tutela del Bene, sia volontari, sia dipendenti, tutti accomunati da un sentimento, l’amore per la bellezza. Fu subito chiaro che il pensiero fondamentale del FAI e di tutti quelli che ci lavorano era (ed è) salvaguardare l’opera d’arte per renderla fruibile agli altri, nel tempo (dai un futuro al nostro passato). In tutti questi anni l’impegno è aumentato, non solo per castelli, ville e chiese ma anche per la natura, giardini, parchi, tenute agricole.
Noi siamo costantemente informati sul lavoro immane della Fondazione attraverso i notiziari che prima ci arrivavano in forma cartacea ora online ed è a volte affascinante sapere che un Bene, recentemente restaurato, ha fatto scoprire nuove opere, magari grattando un intonaco o aprendo una stanza prima segreta e ora fruibile.
La Fondazione, ogni anno, ci relaziona anche sui movimenti economici, incassi e spese, tantissime, per la cura e la salvaguardia del Bene. Le relazioni economiche sono certificate da un ente controllante esterno, di chiara fama, a tutela dei soci. Il tutto avviene con la massima trasparenza, cosa che noi apprezziamo molto.
Ma noi sappiamo cosa succede nei Beni FAI anche parlando con quelli che ci lavorano; negli anni abbiamo conosciuto molte persone ed è un rapporto proficuo basato sul medesimo amore per l’arte e la natura. Negli anni questa convinzione non è mai stata smentita: all’interno del FAI ci sono persone, dal Presidente ai volontari, che lavorano perché quello che oggi vedi e apprezzi tu possa essere apprezzato in futuro dalle nuove generazioni.
Noi cerchiamo di sovvenzionare il FAI in molti modi oltre all’iscrizione annuale, per esempio partecipando ai webinar oppure attraverso i viaggi culturali e i viaggi trekking, dove, camminando, si arriva a visitare il Bene meta della nostra escursione. Proprio questi sono stati i nostri ultimi viaggi, Costiera Amalfitana (Baia di leranto), il Salento (Abbazia di Cerrate), Liguria (Casa Carbone e Abbazia di San Fruttuoso) o il Lago di Como (Villa del Balbianello). Secondo noi è un modo intelligente per aiutare la Fondazione divertendosi in compagnia e imparando cose sconosciute con un approccio rispettoso della natura.
Anche in questo e grazie alle preziose guide che accompagnano i gruppi, il FAI ci ha insegnato a guardare il mondo con occhi diversi.
II Castello di Masino, forse meta della nostra prima visita a un Bene FAI, freschi di iscrizione. Ci apparve subito, leggermente offuscato dalla prima bruna mattutina, imponente, massiccio, bello. Via via che ci avvicinavamo, quelle alte e possenti mura sembravano dovessero proteggerci e raccontare la loro storia. Fu, insomma, un amore a prima vista, mai tradito nel tempo, anzi...
Cesarina qualche anno fa si è congedata dall’ospedale dove per circa trent’anni aveva prestato la sua opera in qualità di ginecologa. Tutto il reparto, come da tradizione, volle offrirle un regalo, a sua discrezione. Lei scelse una donazione in favore del parco del Castello di Masino, allora bisognoso di cure. In particolare, su consiglio del capo giardiniere le nostre attenzioni si rivolsero a un magnifico e maestoso corbezzolo di circa 200 anni, un albero che ricorda la nostra bandiera, foglie verdi, fiori bianchi e frutti rossi. Ora, anche grazie a noi, sta bene ed è più bello che mai.
Appena possiamo torniamo ad ammirarlo e partecipiamo volentieri alla visita nel Castello perché, ogni volta, grazie alle amorevoli cure dei nostri restauratori, scopriamo sempre cose nuove. L’ultima volta, per esempio, abbiamo visitato il Salone dei Savoia nella sua nuova veste, bellissimo. Inoltre, ho un bellissimo ricordo di un evento nel Castello. Parecchi anni fa partecipai all’inaugurazione del Labirinto, opera rinata a nuova vita grazie alle cure dell’architetto paesaggista Paolo Pejrone. E mi ci persi pure! Ebbi anche la fortuna di conoscere la fondatrice del FAI, Giulia Maria Crespi in occasione del rinfresco offerto nel cortile delle meridiane, un incontro emozionante con una donna straordinaria.
La voglia di essere sempre più utili e partecipi agli scopi della Fondazione si realizzò quando sul notiziario leggemmo che il FAI cercava delle stoviglie, in particolare di rame, per le cucine delle proprietà. La madre di Cesarina aveva in quantità industriale questi utensili e quindi ci parve logico regalarli. Pensammo anche ai mobili e quindi ci mettemmo in contatto con gli uffici preposti. II tutto si concretizzò quando il giardiniere di Villa Della Porta Bozzolo passò a ritirare il tutto. Ora il rame di mia suocera troneggia nelle cucine della Villa mentre i mobili sono dislocati in altre proprietà.
Sempre dal notiziario leggemmo anche la possibilità di un lascito testamentario. Era da un po’ che ci pensavamo: la nostra casa è piena di opere d’arte, per la maggior parte pitture e sculture che ci danno gioia, con loro viviamo in armonia, sono loro che hanno trovato noi, e volevamo che qualcuno dopo di noi ne avesse cura. Abbiamo contattato l’ufficio preposto che ci ha consigliato e aiutato in questo nostro percorso, con competenza e sensibilità. Nel nostro testamento c’è una postilla che devolve al FAI il nostro patrimonio immobile e tutto quanto è in esso contenuto fatta eccezione per la biblioteca i cui libri andranno alla biblioteca comunale del nostro paese.
E poi, una preziosa macchina da scrivere Olivetti degli anni Trenta del secolo scorso ricordo che la “vendemmo” al FAI alla stratosferica cifra di un euro! Ora l’Olivetti, appartenuta allo zio di Cesarina, fa bella mostra di sé negli uffici amministrativi del Negozio Olivetti in Piazza San Marco a Venezia, struttura mirabilmente progettata dall’architetto Carlo Scarpa.
Con questo lascito testamentario pensiamo di avere raggiunto due scopi, ai quali teniamo particolarmente: essere concretamente utili al FAI e sapere che quello che ci ha circondato in vita e che noi abbiamo tanto amato avrà uno scopo per la Fondazione e potrà essere a disposizione di altre persone.
In questo modo realizziamo quello che la fondatrice del FAI Giulia Maria Crespi ebbe a dire: “Si protegge ciò che si ama e si ama solo ciò che si conosce”. E così il nostro passato avrà un futuro.
La nuova Guida ai Lasciti e alle Donazioni è uno strumento utile per proteggere luoghi speciali e fare una scelta d’amore per l’Italia.
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