19 aprile 2024
Sulle soleggiate pendici della Alpi retiche, in Valtellina, corrono a perdita d’occhio più di 2.500 chilometri di muretti a secco, delle vere e proprie opere ingegneristiche nate dalla maestria e dal duro lavoro dei contadini che in passato hanno abitato questa valle. Spinti dalla necessità di ricavare spazi coltivabili per il loro sostentamento, dei fazzoletti di terra da sottrarre alla verticalità della montagna, questi caparbi agricoltori hanno creato gli stretti terrazzamenti che si susseguono sui ripidi versanti delle montagne e che, ancora oggi, sono destinati a sostenere diverse pratiche agricole “eroiche”: prima tra tutte la viticoltura.
Castel Grumello, Bene Fai dal 1990 che si erge proprio qui, su un dosso che domina la Valtellina, è simbolo di questa agricoltura contrassegnata dalla pazienza e dal ritmo delle natura: il castello è infatti circondato da una fitta ed estesa rete di muretti a secco che permettono la piantumazione e la crescita delle viti.
Un lavoro di fatica e di coraggio, svolto senza l’utilizzo di mezzi meccanici, ma in piena armonia con la natura.
Un lavoro che ritroviamo anche tra gli scoscesi versanti della Val d’Adige, in Trentino, dove si trova il Castello di Avio. Intorno alla fortezza sorgono circa trenta ulivi e un piccolo vigneto, piante che permettono limitate ma preziose produzioni. Così anche dentro le mura, nello spazio del “castello inferiore”, è presente un’ampia area di terrazzamenti, dove sono coltivate la vite, l’ulivo e un piccolo orto, i cui prodotti vengono utilizzati dalla vicina locanda.
Gran parte dell’agricoltura che si pratica sui territori montuosi si regge ancora oggi grazie a questa immensa opera di architettura rurale, simbolo del legame tra uomo e natura.
E proprio un altro esempio di questo legame indissolubile che unisce l’uomo alla terra è la Baia di Ieranto, un’insenatura che, davanti ai faraglioni di Capri, fa da punto di congiunzione tra la penisola sorrentina e la costiera amalfitana all’interno dell’area marina protetta di Punta Campanella. Qui la coltivazione degli agrumi, è identitaria ed è attestata già nel XIII secolo. All’interno della Baia il FAI ha infatti recuperato le antiche tecniche tradizionali per la coltivazione degli ulivi e degli agrumi – le suggestive “pagliarelle” e i tipici pergolati che sorreggono le piante di limone.
Ma la coltivazione delle piante di agrumi si ritrova anche sull’isola di Pantelleria, dove una straordinaria e secolare pianta di arancio “Portogallo” è ospitata all’interno del Giardino Pantesco, un recinto di pietra lavica eretto a secco che protegge la pianta dai forti venti e le assicura la preziosissima acqua.
Sono luoghi, questi, che uniscono le conoscenze e il “saper fare” della tradizione con la sapiente cura dei territori: un patrimonio, non solo economico, ma prima di tutto culturale che si mantiene vivo grazie alle pratiche sostenibili portate avanti dagli agricoltori. Come ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, in occasione del lancio del manifesto per il riconoscimento dell’agricoltura eroica:
“L’agricoltore eroico è custode della terra, di cibi unici al mondo e di tradizioni, ma è soprattutto il manutentore di un bene immateriale di cui beneficiano tutti: la bellezza."
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