Lungo il sentiero che dalla Val Pettorina sale sulle pendici soleggiate del monte Migon, si incontrano due piccoli borghi abbandonati alla fine degli anni sessanta. Gran parte degli edifici sono ridotti in rovina, ma Vallier e Albe appaiono da subito ospitali e familiari, grazie anche ai costanti lavori di manutenzione di alcuni proprietari.
I due borghi vegliano uno sull'altro, Vallier da ponente e Albe da levante. Sono separati da una una valle, ma uniti da un breve sentiero lungo il quale sorge un
vecchio mulino un tempo utilizzato dagli abitanti di entrambi i borghi. Uno per
tutti. E sui borghi vegliano le cime che li circondano: il Sasso Bianco, il Pelmo, l'Antelao, il Civetta, e la Marmolada.
I fienili e le case, costruiti in pietra e legno erano occupati da più famiglie, in modo che più abitanti si potessero curare della loro manutenzione per il bene di tutta la comunità. Oltre a conservare la memoria di tecniche costruttive, sono la testimonianza dell'organizzazione sociale e produttiva su cui si basava la vita dei loro abitanti, una simbiosi che si traduce in una qualità estetica delle costruzioni: esatta ed armoniosa perché legata ai cicli della natura e ai principi di economia.
Da alcuni anni vi opera una associazione (Associazione "Vallier e Albe") che si propone di rileggere questo virtuoso esempio di simbiosi tra ambiente, società e lavoro in chiave contemporanea attraverso idee di ri-utilizzo al fine di permettere nuovamente che si insedi nei villaggi una “comunità collaborativa” che se ne prenda cura. Il metodo che propone l'associazione è quello dell’integrazione: si mantiene il contatto con l'ambiente naturale, riprogrammando i cicli produttivi (attività agricole e di presidio, utilizzo del legname, pastorizia, ecc.) e dei servizi (residenze temporanee, foresterie, laboratori di arti e mestieri, ecc.) [per le fotografie si ringrazia il Circolo Fotografico del CAI di Mestre. Fotografie di Francesco Pistollato, Luciana Vita, Maria Bressan, Serena Bellini]