I Luoghi del Cuore
Il censimento dei luoghi italiani da non dimenticare
BASILICA MADONNA ASSUNTA

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SANTA MARIA A VICO, CASERTA

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BASILICA MADONNA ASSUNTA
Il complesso conventuale di Santa Maria Assunta si colloca in un punto nodale della via Appia dal quale, già negli anni della sua fondazione, era facile raggiungere Napoli, Roma, Benevento e spostarsi verso il territorio avellinese e, quindi, lAdriatico. Tale esigenza rispondeva pienamente alla necessità dellordine domenicano, per il quale fu costruito, di insediarsi in punti nodali delle città dove era possibile prevedere unespansione urbana ed economica. Le notizie circa le origini del convento sono rare e frammentarie. Nelle pagine del padre domenicano Teodoro Valle (1640) si legge che fino alla metà del 400 insisteva in quel luogo una chiesa di modeste dimensioni e che la stessa, separata dalla mensa vescovile, fu ceduta dal Papa Niccolò V ai Padri Predicatori di Terra di Lavoro su forte richiesta del giureconsulto Marino Boffa (marito di Giovannella Stendardo, nipote di Giovanna II di Napoli), conte di Arienzo. Lo stesso conte nel 1450 ampliò il convento secondo gli accordi stipulati col Papa, decidendo di annettere il nuovo a quello esistente e costruì, anche con il sacrificio economico della gente del posto, un convento con campanile e annessi orti necessari per il sostentamento della comunità. La chiesa ed il convento ricevettero dalla nobile famiglia degli Stendardo una dote di duemila scudi e la costruzione di una sontuosa cappella, forse quella dellAssunta. Nel documento citato si narra che nel 1460 il re Ferrante d'Aragona, dopo una visita alla chiesa, rimase talmente colpito dalla bellezza del luogo e dal lavoro che vi si svolgeva che decise una donazione di trecento ducati annui ai frati. Dopo vicende alterne relative al riconoscimento della proprietà dellarea e del convento, nel 1630 vengono eseguiti notevoli lavori di adattamento sul lato est e su quello nord del convento. Il terremoto del 1731 infligge un duro colpo al complesso e per recuperare i danni subiti si dovettero assegnare nuovi fondi con i quali fu possibile ricostruire, in larga parte, il piano superiore e nuove opere. Dopo un nuovo catastrofico terremoto (1794) che arrecò nuovi danni, nel 1799 i rivoluzionari francesi depredano il convento, spogliandolo di ogni opera darte, prima di un altro terremoto (1805) e larrivo a Napoli di Gioacchino Murat altrettanto catastrofico per la storia del territorio perché determina la soppressione di 48 conventi, tra cui quello di S. Maria a Vico. Segue un periodo di inattività legato alle numerose vicende amministrative per la determinazione della proprietà, comunale nel 1824 e nuovamente della diocesi nel 1850, finché diventa sede di un ginnasio dal 1876 al 1902 da quando è residenza dell'ordine degli Oblati e riprende così le sue naturali funzioni religiose. Definire lattribuzione degli interventi nel tempo non è facile perché la chiesa è stata più volte trasformata da aggiunte e restauri antichi e moderni. Ciò che a noi qui più interessa è la lettura della struttura così come si presenta oggi. La facciata della chiesa offre allo sguardo un impaginato settecentesco nel quale è collocato un portale dello stesso periodo con piedritti in piperno. La parte superiore si raccorda alla base mediante ampie volute tardo-rinascimentali. L'ingresso al convento, arretrato rispetto a quello della chiesa, è affidato ad un portale che presenta elementi caratteristici della tradizione settecentesca, inserito in una facciata dello stesso periodo nella quale si individuano tre finestre di stile rinascimentale, probabilmente risalenti alla costruzione dellangioino Boffa. Negli ultimi due secoli si sono susseguiti interventi di restauro, la costruzione del nuovo corpo e lo spazio di accesso alla chiesa che ha sostituito il preesistente corridoio cinto da agrumi. Di una certa suggestione è il bel chiostro con palme, agrumi e il pozzo al centro.

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Il complesso conventuale di Santa Maria Assunta si colloca in un punto nodale della via Appia dal quale, già negli anni della sua fondazione, era facile raggiungere Napoli, Roma, Benevento e spostarsi verso il territorio avellinese e, quindi, lAdriatico. Tale esigenza rispondeva pienamente alla necessità dellordine domenicano, per il quale fu costruito, di insediarsi in punti nodali delle città dove era possibile prevedere unespansione urbana ed economica. Le notizie circa le origini del convento sono rare e frammentarie. Nelle pagine del padre domenicano Teodoro Valle (1640) si legge che fino alla metà del 400 insisteva in quel luogo una chiesa di modeste dimensioni e che la stessa, separata dalla mensa vescovile, fu ceduta dal Papa Niccolò V ai Padri Predicatori di Terra di Lavoro su forte richiesta del giureconsulto Marino Boffa (marito di Giovannella Stendardo, nipote di Giovanna II di Napoli), conte di Arienzo. Lo stesso conte nel 1450 ampliò il convento secondo gli accordi stipulati col Papa, decidendo di annettere il nuovo a quello esistente e costruì, anche con il sacrificio economico della gente del posto, un convento con campanile e annessi orti necessari per il sostentamento della comunità. La chiesa ed il convento ricevettero dalla nobile famiglia degli Stendardo una dote di duemila scudi e la costruzione di una sontuosa cappella, forse quella dellAssunta. Nel documento citato si narra che nel 1460 il re Ferrante d'Aragona, dopo una visita alla chiesa, rimase talmente colpito dalla bellezza del luogo e dal lavoro che vi si svolgeva che decise una donazione di trecento ducati annui ai frati. Dopo vicende alterne relative al riconoscimento della proprietà dellarea e del convento, nel 1630 vengono eseguiti notevoli lavori di adattamento sul lato est e su quello nord del convento. Il terremoto del 1731 infligge un duro colpo al complesso e per recuperare i danni subiti si dovettero assegnare nuovi fondi con i quali fu possibile ricostruire, in larga parte, il piano superiore e nuove opere. Dopo un nuovo catastrofico terremoto (1794) che arrecò nuovi danni, nel 1799 i rivoluzionari francesi depredano il convento, spogliandolo di ogni opera darte, prima di un altro terremoto (1805) e larrivo a Napoli di Gioacchino Murat altrettanto catastrofico per la storia del territorio perché determina la soppressione di 48 conventi, tra cui quello di S. Maria a Vico. Segue un periodo di inattività legato alle numerose vicende amministrative per la determinazione della proprietà, comunale nel 1824 e nuovamente della diocesi nel 1850, finché diventa sede di un ginnasio dal 1876 al 1902 da quando è residenza dell'ordine degli Oblati e riprende così le sue naturali funzioni religiose. Definire lattribuzione degli interventi nel tempo non è facile perché la chiesa è stata più volte trasformata da aggiunte e restauri antichi e moderni. Ciò che a noi qui più interessa è la lettura della struttura così come si presenta oggi. La facciata della chiesa offre allo sguardo un impaginato settecentesco nel quale è collocato un portale dello stesso periodo con piedritti in piperno. La parte superiore si raccorda alla base mediante ampie volute tardo-rinascimentali. L'ingresso al convento, arretrato rispetto a quello della chiesa, è affidato ad un portale che presenta elementi caratteristici della tradizione settecentesca, inserito in una facciata dello stesso periodo nella quale si individuano tre finestre di stile rinascimentale, probabilmente risalenti alla costruzione dellangioino Boffa. Negli ultimi due secoli si sono susseguiti interventi di restauro, la costruzione del nuovo corpo e lo spazio di accesso alla chiesa che ha sostituito il preesistente corridoio cinto da agrumi. Di una certa suggestione è il bel chiostro con palme, agrumi e il pozzo al centro.
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