La storica chiesina del Salvatore al Vesuvio è stata edificata nel 1667 sulle pendici del vulcano, a quota 550 m. sul livello del mare. Nel lontano 1656 Napoli, le province e altre regioni confinanti furono colpite dalla peste; Resina fu tra i casali più colpiti riportando numerose vittime. In molti, per scampare dalla pandemia, si rifugiarono sulle pendici del Vesuvio per respirare aria salubre tra la natura del vulcano, dove preesisteva un piccolo Eremo luogo di orazioni e penitenze di anziani eremiti laici. Nell'agosto dello stesso anno improvvisamente i decessi cessarono e, con essi, avvenne la fine della peste. I resinesi scampati al pericolo per testimoniare la loro riconoscenza verso il Salvatore (Gesù Cristo) che li aveva protetti e salvati dalla triste sorte, decisero di edificare con obolo personale una Chiesina completa di dimora per il sacerdote officiante. La facciata della Chiesetta è caratterizzata da due grossi riquadri al centro dei quali insistono un finestrone nella parte alta e il portale d’ingresso in basso, veste una dignità stilistica semplice. Tra la cappella e la canonica una piccola torre dove svetta ancora la campana in bronzo; un finestrino funge da lucernario. L'interno si presenta con un'unica navata lunga 14 metri e larga 7 metri. Entrando, sulla destra sono presenti due cappelle, la prima dedicata a San Gennaro Martire e la seconda dedicata a Sant'Anna. Sulla sinistra, invece, troviamo altre due cappelle, una dedicata a Sant'Antonio di Padova, la seconda ospita un olio su tela raffigurante la Madonna di Pompei. Nella parte bassa dei singoli altari è posta una lista in marmo col nome dei benefattori per la loro espressa devozione. Alle pareti tra gli altari laterali due formelle di pietra lavica di cui una reca impresso lo stemma papale, l'altra reca la seguente scritta: A Ricordo Dell'Ascensione al Vesuvio di sua Santità Pio XI nella notte del 31 Dic. 1899. Al centro, in fondo alla navata, si erge l'Altare Maggiore in cemento armato lavorato con ricchi stucchi. La nicchia sul tabernacolo accoglie la seicentesca statua lignea del Salvatore Pancreatore ed è abbellita da due colonne con capitelli in stile corinzio. Ai lati dell'altare due angeli. Sul pavimento al centro della navata una lapide ricorda che la chiesa è espressione del voto degli scampati dalla peste bubbonica e dove il rettore mons. Borrelli raccolse le ossa degli appestati. La canonica si compone: di un piano terra e un primo piano; ha bisogno di restauro conservativo dopo lunghi anni di abbandono. La chiesina è attualmente inserita nel parco dell’Osservatorio Vesuviano. Sull’architrave dell’ingresso il motto: IN MEDIO IGNIS NON SUM AESTUATA (In mezzo al fuoco non sono bruciata). Notizie storiche dal libro di Giorgio Cangiano: IN MEDIO IGNIS NON SUM AESTUATA. Trascritte da L. L. (Storia di Ercolano e Resina)
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La storica chiesina del Salvatore al Vesuvio è stata edificata nel 1667 sulle pendici del vulcano, a quota 550 m. sul livello del mare. Nel lontano 1656 Napoli, le province e altre regioni confinanti furono colpite dalla peste; Resina fu tra i casali più colpiti riportando numerose vittime. In molti, per scampare dalla pandemia, si rifugiarono sulle pendici del Vesuvio per respirare aria salubre tra la natura del vulcano, dove preesisteva un piccolo Eremo luogo di orazioni e penitenze di anziani eremiti laici. Nell'agosto dello stesso anno improvvisamente i decessi cessarono e, con essi, avvenne la fine della peste. I resinesi scampati al pericolo per testimoniare la loro riconoscenza verso il Salvatore (Gesù Cristo) che li aveva protetti e salvati dalla triste sorte, decisero di edificare con obolo personale una Chiesina completa di dimora per il sacerdote officiante. La facciata della Chiesetta è caratterizzata da due grossi riquadri al centro dei quali insistono un finestrone nella parte alta e il portale d’ingresso in basso, veste una dignità stilistica semplice. Tra la cappella e la canonica una piccola torre dove svetta ancora la campana in bronzo; un finestrino funge da lucernario. L'interno si presenta con un'unica navata lunga 14 metri e larga 7 metri. Entrando, sulla destra sono presenti due cappelle, la prima dedicata a San Gennaro Martire e la seconda dedicata a Sant'Anna. Sulla sinistra, invece, troviamo altre due cappelle, una dedicata a Sant'Antonio di Padova, la seconda ospita un olio su tela raffigurante la Madonna di Pompei. Nella parte bassa dei singoli altari è posta una lista in marmo col nome dei benefattori per la loro espressa devozione. Alle pareti tra gli altari laterali due formelle di pietra lavica di cui una reca impresso lo stemma papale, l'altra reca la seguente scritta: A Ricordo Dell'Ascensione al Vesuvio di sua Santità Pio XI nella notte del 31 Dic. 1899. Al centro, in fondo alla navata, si erge l'Altare Maggiore in cemento armato lavorato con ricchi stucchi. La nicchia sul tabernacolo accoglie la seicentesca statua lignea del Salvatore Pancreatore ed è abbellita da due colonne con capitelli in stile corinzio. Ai lati dell'altare due angeli. Sul pavimento al centro della navata una lapide ricorda che la chiesa è espressione del voto degli scampati dalla peste bubbonica e dove il rettore mons. Borrelli raccolse le ossa degli appestati. La canonica si compone: di un piano terra e un primo piano; ha bisogno di restauro conservativo dopo lunghi anni di abbandono. La chiesina è attualmente inserita nel parco dell’Osservatorio Vesuviano. Sull’architrave dell’ingresso il motto: IN MEDIO IGNIS NON SUM AESTUATA (In mezzo al fuoco non sono bruciata). Notizie storiche dal libro di Giorgio Cangiano: IN MEDIO IGNIS NON SUM AESTUATA. Trascritte da L. L. (Storia di Ercolano e Resina)