Pressappoco sotto gli episcopati dei vescovi novaresi Vittore (480-489), Pacaziano (+500), Onorato (500-510), e cioè nei primissimi decenni del regno ostrogoto di Teodorico, venne costruita una chiesa battesimale a Cureggio, importante vicus galloromano con presenza di aristocrazia terriera e senatoria (vedi frammento di sarcofago di Sabina, moglie di un vir spectabilis, un "onorevole" della fine del I sec. dopo Cristo). Questo primo battistero - dunque della fine del V sec. - era a pianta ottagonale ma senza absidi, come invece l'attuale, a eccezione di quella orientata a sud-est sotto la quale fu costruito un primo altare addossato alla parte sinistra dell'abside medesima in modo da risultare volto verso oriente. L'abside, o meglio ancora l'altare, risultava in asse con l'ingresso principale di una basilica coeva, di cui per altro - finché opportuni scavi non ci permetteranno di ricostruirne l'esatta planimetria - nulla sappiamo se non che doveva esserci. Chiesa battesimale e basilica distavano tra loro più o meno una ventina di metri.La configurazione dei due edifici ricalcava pari pari, sebbene in edizione ridotta, il complesso battistero - basilica cattedrale fatti costruire dal vescovo Simpliciano una cinquantina d'anni prima a Novara, divenuta diocesi da qualche decennio appena. Le due chiese Matrici, cioè Madri di altre future chiese, in epoca carolingia (VIII-IX sec.) vennero intitolate alla Madre di Dio come tutte le chiese Madri, di qui la denominazione per entrambe di ecclesia Sancte Marie (chiesa di Santa Maria) portata lungo tutti i secoli medievali e fino alle soglie dell'età moderna. Il fonte battesimale tra V e VI sec. subì ben tre successive trasformazioni, seguendo parallele evoluzioni del rito liturgico. Nel XII sec., con la ricostruzione totale dell'edificio, il fonte non fu più una vasca interrata o seminterrata - ottagonale e poi circolare - in funzione di un battesimo per immersione, ma fu edificato come un ottagono emergente dal pavimento (sopraelevato), sia pure sopra l'antico perimetro dell'ultima vasca circolare interrata, poiché nel frattempo il rito per immersione aveva lasciato posto a quello per infusione. Durante la prima epoca longobarda, forse a seguito di un nutrito stanziamento di barbari di religione ariana nella Tedenga, la zona più centrale e incastellata del vicus, il battistero subì un periodo di completo abbandono (fine VI sec.) in cui si trasformò quasi in una grossa cisterna d'acqua stagnante e limacciosa. Il suo riutilizzo coincise probabilmente con la conversione al cattolicesimo dell'elemento germanico ivi stanziato (640-680 circa). Questo edificio, la cui copertura doveva essere ancora consistente in travature a sostegno di covoni di paglia, dovette rovinosamente crollare coi muri in occasione del terremoto del 1117, che coinvolse anche la vicina chiesa. Pochi anni dopo (in ogni caso tra il 1122 e il 1144) sotto l'energico episcopato di Litifredo ed essendo pievano l'arciprete Stefano, vennero riedificati sia la chiesa che il battistero in forme romaniche.