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Ascrea sorge in posizione dominante sul Lago del Turano nel cuore della Riserva Naturale Monti Navegna e Cervia È un paese situato su una pendice scoscesa della collina che, sulla sponda settentrionale, si immerge nelle acque del bacino artificiale. Da quassù (757m) il lago del Turano si può cogliere in tutta la sua bellezza. Fresca d’estate e suggestiva d’inverno, Ascrea si offre generosamente ai suoi visitatori 365 giorni l’anno apparendo quasi come un presepe incastonato a mezza costa. Oltre all’abitato, di per sé più che degno di una visita approfondita, sono visibili tracce dell’antico castello e le mura della chiesa annessa che reca ancora sulla porta lo stemma dei Mareri. L’antica e orgogliosa organizzazione che il paese ebbe quando nacque come castrum, feudo imperiale annesso alla baronia di Collalto, è solo un lontano ricordo. Il centro di Ascrea sorge dal progressivo abbandono dei preesistenti borghi rurali di Bulgaretta e di Mirandella avvenuto fra l’undicesimo e il tredicesimo secolo. Probabilmente gli abitanti di questi due villaggi furono spinti ad accentrarsi in Ascrea in cerca della protezione offerta dal nuovo insediamento fortificato voluto dai signori di Collalto che ne furono i primi feudatari certi. Il paese ha vissuto una lunga vicenda feudale: venne ceduto, difatti, come tutti i paesi dell’antica valle sommersa, nel 1440, alla potente famiglia locale dei Mareri. Successivamente passò ai Farnese e, quindi, in parte ai Sederini e ai Gentili, che poi lo unificarono e ne trasmisero il possesso, per diritto successorio, ai principi Del Drago. Al termine di tutti questi passaggi, Ascrea non trasse alcun reale beneficio come, sia pure indirettamente, dimostrano i pochi resti del castello, che nel corso dei secoli ha patito distruzioni, modifiche e adattamenti. Tra i periodi più difficili sofferti del paese e dell’intera valle , si ricorda quello della invasione dei “mori” i terribili saraceni che tra il IX e il X secolo scozzarono nella zona facendo stragi. Alcuni toponimi sono rimasti a ricordare quegli anni bui e sanguinosi, come la stretta ed angosciosa gola tra Ascrea e Paganico che ha assunto il significativo nome di Obitu. È un chiaro riferimento all’obitus, alla strage di una banda di saraceni che aveva commesso l’errore di inoltrarsi nella zona senza avere prima esplorato il terreno. I saraceni non calcolarono che l’esasperazione degli abitanti avrebbe potuto suscitare una sanguinosa reazione, come infatti avvenne. Secondo le leggende del monte, gli spiriti di quei “mori” si aggirerebbero ancora, in pena, per gli orridi e le balze della zona.

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