Conosciuto anche come Monte San Martino, l’Acuziano è uno dei luoghi più belli della Sabina e anche uno dei meno conosciuti, uno scrigno di tesori nascosti in bella vista che deperisce anno dopo anno. E il 12 agosto scorso, le fiamme di un terribile incendio l’hanno avvolto, distruggendone l’ecosistema ma infliggendo danni tutto sommato limitati ai manufatti dell’uomo, già duramente provati, comunque, da decenni, se non secoli, di incuria e di abbandono.
Il monte Acuziano è il primo della catena dei monti degli Elci e ha di fronte il monte Buzio, quello su cui è stata costruita Fara in Sabina. Abitato dai tempi dei tempi (vi sono stati trovati impasti ceramici dell’età del bronzo), conserva i ruderi di una costruzione di epoca romana, nonché i resti di tutta una serie di insediamenti legati all’abbazia di Farfa, che sorge alle sue pendici: la chiesa di Santa Maria Nuova (XI-XII secolo) sulla cima del monte, a circa 500 metri di quota, il tentativo mai portato a termine di costruire «un’altra Farfa» in un luogo più difendibile; l’oratorio di San Martino, con annesso complesso eremitico, che probabilmente è coevo alla fondazione della prima abbazia (VI-VII secolo); una serie di altri romitori sparsi in varie parti del monte; i resti di una fortificazione più antica, forse di epoca longobarda, che si trova sull’estremità ovest, a quota 408 metri.
Tre millenni di storia in una località da sempre «sacra» per le varie religioni che si sono succedute nel tempo. Un’eredità che per non scomparire (e anzi rinascere) ha bisogno di un intervento forte della comunità e delle istituzioni.