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LA CRIPTA DEL DUOMO DI MESSINA

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LA CRIPTA DEL DUOMO DI MESSINA
All’origine la cripta constava di un unico grande vano indifferenziato, retto da numerose colonne che lo attraversavano, in più file parallele in corrispondenza del transetto; altre file suddividevano l’ambiente sotto l’abside maggiore. Sulle colonne si sviluppano le volte che sostengono il pavimento del Duomo. Appare evidente che le colonne, oggi tozze e prive di base, avevano in origine uno sviluppo maggiore ed erano dotate di una semplice base. L’innalzamento dei suoli circostanti ha provocato nei secoli la chiusura quasi totale delle finestre, mentre erano chiusi gli accessi antichi dal tempio e ricavati ingressi esterni, già esistenti ai tempi del Buonfiglio e Costanzo. Nel 1638 una confraternita di mercanti e drappieri fondò nella Cripta la Chiesa di S. Maria degli Schiavi ed iniziò la sistemazione degli ambienti con un ciclo di decorazioni in stucco che non intaccava l’aspetto generale dei luoghi. Le volte furono ricoperte da una decorazione in stucco a girali di volute e fogliame oltre ad affreschi che la Guida del 1902 attribuiva ad Antonio Bova, confrate sepolto (1701) nella chiesa. Il terremoto del 1908 non provocò seri danni alla chiesa (salvo il crollo delle crociere nella cappella di destra), ma durante la ricostruzione furono eseguite imponenti opere al fine di rinforzare le vecchie murature, alterando l’aspetto della chiesa sia nella distribuzione degli spazi che negli apparati decorativi. Le cappelle laterali sono state tramezzate e la piccola cripta funeraria, scoperta durante i lavori, totalmente manomessa. Attualmente la Cripta è chiusa da tempo sia al culto che ad altre manifestazioni. Si accede alla Cripta attraverso due porte, ricavate da finestre, nelle testate del transetto su via S. Giacomo e Piazza Immacolata. La grande aula rettangolare, oggi divisa in tre sezioni dai nuovi muri in cemento, conserva soltanto, al centro, la base di un altare a gradini, forse precedente al 1908, cui potrebbe riferirsi anche la portina marmorea di un rozzo tabernacolo. Risulta ancora evidente la decorazione a stucco seicentesca che copriva per intero l’aula rettangolare e l’abside centrale: la decorazione è stata ampiamente rimaneggiata e in parte rifatta dopo il 1908. Tradizionale è l’attribuzione di questi stucchi ad Innocenzo Mangani e Andrea Gallo. La parte più notevole della decorazione era costituita dal rivestimento delle volte, realizzato con motivi foliacei, volute a cherubini che coprivano per intero le superfici disegnando cornici e ovali che furono dipinti a fresco con santi ed angioletti, di cui rimangono rare vestigia. Nelle cappelle laterali gli stucchi consistevano soltanto in motivi foliacei lungo i costoloni e maggiore spazio era riservato agli affreschi, di cui rimane traccia nella cappella di sinistra. Ispezione sulle porte di accesso a questi ambienti ci informano di lavori eseguiti dal Canonico Trischitta. Gli affreschi, oggi testimoniati da pochi frammenti, non erano opera del solo Bova: risulta infatti che furono iniziati dal tale Antonio Tricomi e poi proseguiti da Antonio Tuccari, Dei dipinti di Placido Celi, citati dalla Guida del 1902, nulla pare sia rimasto, mentre è conservata la Madonna della Lettera nell’atto di consegnare l’Epistola agli ambasciatori messinesi, sullo sfondo di una veduta della città, rara opera di Placido Campo, forse eseguita nell’occasione del primo centenario della Confraternita festeggiato nel 1737. Altri dipinti del Museo Regionale confermano che la Cripta era stata dotata tra ‘600 e ‘700 di quadri che esaltavano le tradizioni religiose locali. Si conservano inoltre due versione della predica di S. Paolo ai messinesi (episodio che precede l’Ambasceria) e uno sbarco di Don Giovanni D’Austria a Messina. Fonte: Estratto da: Franco Chillemi, Il Centro Storico di Messina.

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All’origine la cripta constava di un unico grande vano indifferenziato, retto da numerose colonne che lo attraversavano, in più file parallele in corrispondenza del transetto; altre file suddividevano l’ambiente sotto l’abside maggiore. Sulle colonne si sviluppano le volte che sostengono il pavimento del Duomo. Appare evidente che le colonne, oggi tozze e prive di base, avevano in origine uno sviluppo maggiore ed erano dotate di una semplice base. L’innalzamento dei suoli circostanti ha provocato nei secoli la chiusura quasi totale delle finestre, mentre erano chiusi gli accessi antichi dal tempio e ricavati ingressi esterni, già esistenti ai tempi del Buonfiglio e Costanzo. Nel 1638 una confraternita di mercanti e drappieri fondò nella Cripta la Chiesa di S. Maria degli Schiavi ed iniziò la sistemazione degli ambienti con un ciclo di decorazioni in stucco che non intaccava l’aspetto generale dei luoghi. Le volte furono ricoperte da una decorazione in stucco a girali di volute e fogliame oltre ad affreschi che la Guida del 1902 attribuiva ad Antonio Bova, confrate sepolto (1701) nella chiesa. Il terremoto del 1908 non provocò seri danni alla chiesa (salvo il crollo delle crociere nella cappella di destra), ma durante la ricostruzione furono eseguite imponenti opere al fine di rinforzare le vecchie murature, alterando l’aspetto della chiesa sia nella distribuzione degli spazi che negli apparati decorativi. Le cappelle laterali sono state tramezzate e la piccola cripta funeraria, scoperta durante i lavori, totalmente manomessa. Attualmente la Cripta è chiusa da tempo sia al culto che ad altre manifestazioni. Si accede alla Cripta attraverso due porte, ricavate da finestre, nelle testate del transetto su via S. Giacomo e Piazza Immacolata. La grande aula rettangolare, oggi divisa in tre sezioni dai nuovi muri in cemento, conserva soltanto, al centro, la base di un altare a gradini, forse precedente al 1908, cui potrebbe riferirsi anche la portina marmorea di un rozzo tabernacolo. Risulta ancora evidente la decorazione a stucco seicentesca che copriva per intero l’aula rettangolare e l’abside centrale: la decorazione è stata ampiamente rimaneggiata e in parte rifatta dopo il 1908. Tradizionale è l’attribuzione di questi stucchi ad Innocenzo Mangani e Andrea Gallo. La parte più notevole della decorazione era costituita dal rivestimento delle volte, realizzato con motivi foliacei, volute a cherubini che coprivano per intero le superfici disegnando cornici e ovali che furono dipinti a fresco con santi ed angioletti, di cui rimangono rare vestigia. Nelle cappelle laterali gli stucchi consistevano soltanto in motivi foliacei lungo i costoloni e maggiore spazio era riservato agli affreschi, di cui rimane traccia nella cappella di sinistra. Ispezione sulle porte di accesso a questi ambienti ci informano di lavori eseguiti dal Canonico Trischitta. Gli affreschi, oggi testimoniati da pochi frammenti, non erano opera del solo Bova: risulta infatti che furono iniziati dal tale Antonio Tricomi e poi proseguiti da Antonio Tuccari, Dei dipinti di Placido Celi, citati dalla Guida del 1902, nulla pare sia rimasto, mentre è conservata la Madonna della Lettera nell’atto di consegnare l’Epistola agli ambasciatori messinesi, sullo sfondo di una veduta della città, rara opera di Placido Campo, forse eseguita nell’occasione del primo centenario della Confraternita festeggiato nel 1737. Altri dipinti del Museo Regionale confermano che la Cripta era stata dotata tra ‘600 e ‘700 di quadri che esaltavano le tradizioni religiose locali. Si conservano inoltre due versione della predica di S. Paolo ai messinesi (episodio che precede l’Ambasceria) e uno sbarco di Don Giovanni D’Austria a Messina. Fonte: Estratto da: Franco Chillemi, Il Centro Storico di Messina.
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