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CASTELLO DELLA CUBA | ph. FAI | © FAI - Fondo Ambiente Italiano

CASTELLO DELLA CUBA

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CASTELLO DELLA CUBA
La Cuba, Palazzo della Cuba, o Castello della Cuba, è un padiglione di delizie, in origine all'interno di uno dei Sollazzi Regi dei re normanni di Sicilia. Si trova a Palermo all'interno dell'omonimo quartiere. Si chiama anche "Cuba sottana" per distinguerla dalla Cuba soprana, oggi inglobata nella settecentesca villa Di Napoli e dalla Piccola Cuba, situate nell'antico parco reale del Genoardo. La Sicilia era fin dal 948 un Emirato fatimide. Gli Emiri, portatori di una cultura evolutissima resero la loro capitale, Palermo, una delle più belle città del Mediterraneo, arricchendola di palazzi, giardini e moschee. Resero floridi i commerci, crearono un apparato statale molto efficiente, e si circondarono di poeti, architetti, filosofi, e matematici. I re normanni, provenendo da una regione sino ad allora culturalmente ai margini dell'Europa, ebbero l'apertura e l'intelligenza di assorbire, quanto più possibile i costumi ed il sapere della civiltà araba di Sicilia, depositaria del sapere cumulatosi grazie al contatto con le civiltà asiatiche e africane sottomesse fin da VII secolo. Nasce allora uno splendido stile architettonico, l'Arabo-Normanno, che coniuga elementi del romanico nord-europeo, con elementi bizantini, e la tradizione costruttiva ed ornamentale di una civiltà, quella araba, insuperata per le costruzioni nei paesi caldi. La Cuba (dall'arabo Qubba, "cupola") fu costruita nel 1180 per il re Guglielmo II, al centro di un ampio parco che si chiamava Jannat al-ard ("il Giardino - o Paradiso - in terra"), il Genoardo. Il Genoardo comprendeva anche la Cuba soprana e la Cubula, e faceva parte dei solatia o Sollazzi Regi, un circuito di splendidi palazzi della corte normanna situati intorno a Palermo. La Cuba Sottana, appare oggi di proporzioni turriformi abbastanza sgraziate. La spiegazione è semplice. Era circondata da un bacino artificiale profondo quasi due metri e mezzo. L'apertura più grande, sul fronte settentrionale, si affacciava sull'acqua ad un'altezza oggi inspiegabile. Le notizie sul committente e sulla data sono esatte grazie all'epigrafe posta sul muretto d'attico dell'edificio. La parte più importante, quella sul committente, era dispersa e fu ritrovata scavando ai piedi della Cuba, da Michele Amari, massimo studioso della Sicilia araba e normanna. La parte dell'epigrafe ritrovata dall'Amari, esposta in una sala a lato, dice così: "[Nel] nome di Dio clemente e misericordioso. Bada qui, fermati e mira! Vedrai l'egregia stanza dell'egregio tra i re di tutta la terra Guglielmo II re cristiano. Non v'ha castello che sia degno di lui ... Sia lode perenne a Dio. Lo mantenga ricolmo e gli dia benefici per tutta la vita". Il fatto straordinario per oggi di questa epigrafe, che dimostra la tolleranza e l'apertura della corte normanna, è la lingua: arabo in caratteri cufici. Dunque pur riferendosi ad un Re cristiano l'iscrizione è in arabo. È noto che molti componenti delle varie corti normanne in Sicilia fossero arabi, celeberrimo è il caso di Idrisi, massimo geografo del suo tempo, maghrebino alla corte cristiana di Ruggero II re di Sicilia. Nei secoli successivi, la Cuba fu destinata agli usi più vari. Il lago fu prosciugato e sulle rive furono costruiti dei padiglioni, usati come lazzaretto dalla peste del 1576 al 1621. Poi fu alloggio per una compagnia di mercenari borgognoni ed infine proprietà dello Stato nel 1921. Passato alla Regione Siciliana, negli anni '80 comincia il restauro che riporta alla luce le strutture del XII secolo. Dall'esterno, l'edificio è di forma rettangolare. L'interno della Cuba era divisa in tre ambienti allineati e comunicanti tra loro. Al centro dell'ambiente interno si vedono i resti di una splendida fontana in marmo. Proprio alla Cuba, tra le acque e gli alberi che la circondavano, Boccaccio ambientò una delle novelle del suo Decameron. La sesta della quinta giornata.

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