Perdita di natura e crisi climatica: due facce della stessa medaglia

Perdita di natura e crisi climatica: due facce della stessa medaglia

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Perdita di natura e crisi climatica: due facce della stessa medaglia
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19 dicembre 2022

Alla COP15 di Montréal la Conferenza su Clima e Natura: «Perdita di biodiversità e cambiamenti climatici sono crisi gemelle, che procedono di pari passo».

Il cambiamento climatico e il declino della biodiversità sono le due crisi più urgenti della nostra epoca, che minacciano la stabilità del pianeta e con essa il benessere umano. Date le loro strette interconnessioni, nessuna delle due crisi può essere risolta isolatamente, ma vanno affrontate in modo congiunto. E proprio a Montreal, alla quindicesima conferenza sulla biodiversità, si stanno cercando di tessere queste interconnessioni, discutendo di come la biodiversità sia in pericolo a causa del cambiamento climatico e di come l’impatto di questi ultimi possa essere attenuato dalle specie animali e vegetali.

«Il cambiamento climatico è oggi la terza causa di perdita di biodiversità, ma si prevede diventerà la prima entro metà del secolo» – ha ammonito Anne Larigauderie, segretario esecutivo della Piattaforma Intergovernativa sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici (IPBES), durante la conferenza su Clima e Natura a COP15. Essenzialmente oggi ci troviamo di fronte a un circolo vizioso, in cui l'aumento delle temperature e dei fenomeni meteorologici estremi provocano trasformazioni negli habitat e perdita dei servizi ecosistemici. A sua volta, questo declino della natura inasprisce gli effetti del cambiamento climatico, rendendolo più catastrofico.

Foreste e oceani

«Una delle maggiori attività umane che stanno portando alla perdita di biodiversità e all’intensificarsi dei cambiamenti climatici è la deforestazione. Ogni 6 secondi perdiamo un’area equivalente a un campo da calcio di foreste tropicali, che ospitano il più elevato numero di specie al mondo, ma che fungono anche da polmoni del pianeta»

Lo ha affermato Hadley Archer, direttore esecutivo di Nature Conservancy, la principale organizzazione nazionale canadese per la conservazione della natura. «Distruggendo questi habitat primari, stiamo riducendo sia i luoghi in cui la natura può prosperare, sia la loro capacità di agire da carbon sink, cioè di assorbire quell’eccesso di anidride carbonica che sta facendo aumentare le temperature medie dell’atmosfera terrestre». Ma le foreste non sono l’unico “pozzo di carbonio” del pianeta, l’oceano e le specie che lo popolano svolgono infatti la stessa funzione. ll krill antartico è uno degli organismi più abbondanti al mondo ed è alla base della catena alimentare di molte specie oceaniche, dalle balene ai pinguini agli uccelli marini. Grazie ai loro cicli di alimentazione ed escrezione, questi piccoli organismi assorbono grandi quantità di carbonio (secondo le ultime ricerche, assorbono circa 12 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno). Ma il cambiamento dell’habitat dovuto all’aumento delle temperature, oltre che la pesca eccessiva, sta portando a un drastico declino di questi crostacei, impattando negativamente il clima e tutte le specie marine che si nutrono di loro.

Riscaldamento globale e siccità

Esempi dell’interconnessione tra natura e cambiamento climatico sono numerosi e toccano i più diversi ambiti della vita dell’uomo: dalla sicurezza alimentare a quella economica. Negli ultimi anni in Australia, decine di migliaia di volpi volanti sono morte durante eventi di caldo estremo, arrivando a dei picchi di 23 000 decessi in soli due giorni. Le volpi volanti svolgono un ruolo cruciale nella dispersione dei semi e nell'impollinazione delle piante, garantendo la sopravvivenza di molte specie vegetali utili anche all’uomo. Allo stesso modo, l’estrema siccità inasprita dal cambiamento climatico, sta mettendo a dura prova la sopravvivenza di molte specie di api, fondamentali per l’impollinazione delle colture, la produzione di cibo e la stabilità economica. La produzione agricola mondiale direttamente associata all'impollinazione animale rappresenta infatti un valore economico stimato tra 235 e 577 miliardi di dollari.

I legami non finiscono qui. Di fronte all’intensificarsi di tempeste sempre più violente innescate dal cambiamento climatico, la natura offre infatti protezione. Le barriere coralline, ad esempio, riducono l'energia delle onde in media del 97%. Questi sistemi naturali sono però fortemente minacciati dall’aumento delle temperature oceaniche e dall’acidificazione delle acque. Anche le mangrovie fungono da barriera per le zone costiere, dove vivono milioni di persone e altrettanti milioni di specie animali, ma sono minacciate dall’espansione delle attività di acquacoltura. In uno scenario in cui i servizi ecosistemici come l'impollinazione, il sequestro di CO2, la protezione da eventi atmosferici estremi collassassero, anche la sicurezza alimentare e la salute dell’uomo sarebbero in pericolo, così come la stabilità economica e sociale.

Le soluzioni discusse alla COP15 per il Quadro Globale sulla Biodiversità

Per far sì che la natura continui a fornire questi servizi ecosistemici indispensabili bisogna agire congiuntamente per fermare le ripercussioni negative del cambiamento climatico. «Perdita di biodiversità e cambiamenti climatici sono crisi gemelle, che procedono di pari passo» – continua Hadley Archer – «Se non le affrontiamo insieme, peggioreranno. Mentre se investiamo nella natura e in soluzioni climatiche di mitigazione e adattamento, riusciremo ad arrestare il declino della biodiversità e a trarne un doppio vantaggio». Proteggere gli habitat naturali, gestire in modo sostenibile le foreste, rigenerare i suoli agricoli, ripristinare la natura dove è stata degradata sono alcune delle soluzioni che sono state discusse a COP15 per dare compimento al target 8 del Quadro Globale sulla Biodiversità, riguardante la riduzione dell'impatto dei cambiamenti climatici sulle specie che vivono sulla terra.

Le inondazioni e l'erosione costiera verrebbero ridotte attraverso il ripristino delle barriere coralline, delle zone umide, delle foreste di mangrovie; le inondazioni dei fiumi verrebbero affrontate ripristinando le pianure alluvionali e migliorando la vegetazione ripariale; gli impatti negativi delle piogge torrenziali sugli insediamenti urbani verrebbero affrontati ricostruendo spazi verdi e blu all’interno delle città. L’aumento della copertura vegetale, marina e terrestre, beneficerebbe il clima, grazie all’azione degli alberi di sequestrare CO2. La riduzione della deforestazione è certamente una delle prime da portare avanti, insieme al ripensamento dei sistemi agricoli. Il settore agroalimentare è infatti responsabile di circa 20% delle emissioni di anidride carbonica e ha un impatto dannoso sulla biodiversità a causa del massiccio utilizzo di pesticidi e altri fitofarmaci. Obiettivo sarà ridurre l’uso di pesticidi e gestire i terreni in modo più sostenibile, ad esempio attraverso tecniche di agro forestazione, che migliorano la resilienza del suolo e offrono rifugio a una gran varietà di uccelli, piccoli mammiferi e insetti.

Agire in sinergia

«Serve una risposta coordinata che consideri le interazioni tra la natura e il cambiamento climatico, ma le azioni devono essere fatte nel modo corretto» – ha esortato Anne Larigauderie – «Alcune misure di mitigazione e adattamento possono avere impatti negativi se male gestite. Nei programmi di riforestazione, per esempio, bisogna prestare grande attenzione alle specie di alberi che vengono piantumati: devono essere autoctone, non specie esotiche importate, e devono integrarsi “naturalmente” nell’ambiente circostante, senza l’utilizzo di prodotti chimici. E bisogna anche prestare attenzione a dove vengono piantate: non devono per nessun motivo ledere i diritti delle popolazioni indigene che vivono in determinati territori».

Dalle discussioni tenute a COP15, emerge la necessità di diffondere molta più consapevolezza sulla connessione tra natura e cambiamento climatico e, di conseguenza, di definire delle politiche ambiziose che sappiano agire in sinergia per far fronte alle due grandi crisi che affliggono il nostro presente.

Valeria Pagani

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