14 dicembre 2022
Mentre a Montréal i delegati stavano negoziando il Quadro globale per la biodiversità post 2020, nel Palais de Congrès si è tenuto il 7° vertice per i governi subnazionali e le città organizzato da ICLEI, la rete globale delle amministrazioni locali. L’evento ha visto riuniti governatori, sindaci e leader di tutto il mondo pronti a realizzare progetti per la tutela della biodiversità, trasformando i centri urbani in luoghi più verdi, più sostenibili e più sani. Perché il benessere dell’uomo dipende dalla natura.
“Tutte le città dipendono da ecosistemi naturali sani, che forniscono all’uomo cibo, acqua pulita, protezione e benessere. Per questo motivo le città non devono rappresentare un problema, ma devono essere parte della soluzione.” Così ha annunciato Valeriè Plante Sindaco di Montréal e ambasciatrice globale di ICLEI per la Biodiversità. Nonostante occupino il 3% della superficie del pianeta, le città sono responsabili del 75% delle emissioni globali di CO2 e ospitano circa il 56% della popolazione mondiale, ovvero 4,4 miliardi di persone. Nei prossimi anni questa percentuale è destinata a crescere e a toccare il 68% entro il 2050. Se si vuole affrontare l’attuale sfida ecologica (ma anche climatica) è necessario prevenire danni irreversibili ai sistemi naturali e integrare la natura all’interno della pianificazione urbana.
Durante il summit i partecipanti hanno presentato progetti, condiviso idee e firmato accordi per realizzare impegni concreti per far fronte alla crisi ecologica. Primo tra tutti è emerso il Montreal Pledge, un accordo lanciato nel mese di novembre, che vede già 47 città firmatarie. Il patto è composto da 15 azioni da implementare nelle città, con lo scopo di riportare la natura al centro della vita dell’uomo. Queste azioni includono: l’aumento degli spazi verdi e delle aree protette, il ripristino degli ecosistemi degradati, l’eliminazione della plastica, la stesura di piani per proteggere gli impollinatori e la creazione di corridoi ecologici. Lo scopo primario del patto è intraprendere azioni forti e fare pressone politica per un accordo sulla biodiversità che sia veramente trasformativo e ambizioso. Al summit era anche presente David Miller, l'amministratore delegato del C40 - Center for City Climate Policy and Economy - una rete di sindaci di quasi 100 città a livello mondiale che collaborano per affrontare la crisi climatica ed ecologica. L'anno scorso il C40 ha lanciato l’Urban Nature Accelerator, un impegno per rendere le città più verdi e resilienti. I firmatari si impegnano a destinare entro il 2030 dal 30 al 40% della superficie delle città a spazi verdi o blu di alta qualità e a garantire che almeno il 70% della popolazione abbia accesso a questi spazi tramite spostamenti non superiori ai 15 minuti. Per raggiungere questi risultati le città stanno mettendo a punto dei progetti di rewilding.
Le azioni di rewilding sono volte a ripristinare un’area degradata attraverso la reintegrazione di processi naturali. In pratica si tratta di lasciare che la natura si riprenda degli spazi che le erano stati sottratti, ad esempio attraverso la cementificazione, e permetterle di agire indisturbata, senza interventi di gestione. Viene così ripristinata la piena funzionalità della natura, che ricomincia a fornire anche quei servizi ecosistemici fondamentali per la vita dell’uomo. Esempi sono la reintroduzione di piante e animali autoctoni, dai grandi mammiferi agli insetti, o togliere cemento dalle rive dei canali lasciando che la natura riprenda il suo corso. Il rewilding fa parte delle cosidette Nature Based Solutions (NBS) azioni volte all'arresto della perdita di biodiversità e al ripristino dei servizi ecosistemici. Nelle aree urbane soluzioni principali sono la creazione di aree verdi, green roof e corridoi ecologici, da realizzare attraverso la piantumazione di alberi autoctoni e l’interconnessione con le aree rurali. Gli alberi infatti svolgono una molteplicità di funzioni di cui l’uomo e gli animali possono beneficiare: immagazzinano CO2, forniscono un effetto rinfrescante durante le sempre più frequenti ondate di calore estive, riducono l’erosione del suolo, proteggendolo dalle tempeste violente, regolano i flussi di acqua piovana, fungono da “casa” per molte specie di uccelli e piccoli mammiferi e favoriscono il benessere delle persone agendo sulla loro salute fisica e mentale. In pratica queste soluzioni rendono le città più verdi, più sane, ma anche più resilienti agli impatti del cambiamento climatico.
Le soluzioni basate sulla natura sono anche quelle proposte dall’organizzazione CitiesWithNature, una piattaforma che fornisce strumenti alle città per portare avanti i loro piani di azione sulla tutela della biodiversità. La piattaforma vede la partecipazione di 275 città in 67 diversi Paesi del mondo, che attraverso il programma sviluppano competenze e condividono conoscenze. Durante la conferenza CitiesWithNature ha promosso alla platea l’Action Platform, strumento con cui le città possono mostrare quali azioni stanno intraprendendo e quali intraprenderanno per raggiungere gli obiettivi che saranno sottoscritti nel Global Biodiversity Framework. Il target 12 del documento che i delegati stanno discutendo a Montreal è infatti quello relativo alle città, volto ad aumentare le aree verdi e blu nei centri urbani.
“CitiesWithNature è un’iniziativa che si basa sulle partnership e lo abbiamo visto durante questa conferenza, in cui sindaci e governatori da tutto il mondo si sono riuniti con l’obiettivo di creare rapporti e sinergie in nome della natura. Per questo motivo a me piace immaginare CitiesWithNature come un catalizzatore, come la vitamina C che serve per rafforzare il sistema immunitario e per renderlo poi capace di affrontare le sfide quotidiane.”
Queste sono state le parole di Stefania Romano, global coordinator di CitiesWithNature, che ha concluso l’intervista mostrando un po’ di rammarico per la mancanza della presenza italiana “Spiace sapere che nessuna delle città italiane fa parte di CitiesWithNature.” Ma c’è ancora tempo per entrare a far parte della rete.
Tradizionalmente le città sono pensate come luogo antitetico alla natura, spazi della tecnica e dell’artificialità. Questa idea deve oggi essere trasformata. Senza reintrodurre la natura nelle città e, di conseguenza, la connessione delle persone con la natura, sarà più debole la speranza di ripristinare la biodiversità in tutto il mondo. “Alla fine di ogni giorno, ci rendiamo conto di vivere in un mondo minacciato” - ha detto a conclusione del vertice Valerie Plante.
“Siamo di fronte a un punto di non ritorno e dobbiamo prenderci la responsabilità di proteggere quello che finora abbiamo deteriorato. Questo vertice ha chiarito che le città e i governi subnazionali sono pronti e vogliono fare di più. Vogliamo andare oltre, vogliamo andare più veloci e vogliamo essere più forti per ripristinare la biodiversità.”