La montagna che rinasce: paesaggi, comunità e futuro

La montagna che rinasce: paesaggi, comunità e futuro

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La montagna che rinasce: paesaggi, comunità e futuro
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10 dicembre 2025

Per la Giornata Internazionale della Montagna che si celebra l’11 dicembre, un racconto di come tradizione, innovazione e nuove comunità possano restituire vitalità ai territori montani, preservando paesaggi, saperi e risorse preziose.

Montagna, luogo di vita

Le montagne sono luoghi di vita, custodi di risorse preziose e depositarie di una memoria collettiva che, nei secoli, ha modellato paesaggi unici. Nei suoi Beni di montagna, il FAI si impegna a recuperare questi paesaggi e le conoscenze che li hanno plasmati, riattivando piccoli presìdi capaci di mantenere vivi i luoghi, in cui tradizione e innovazione si incontrano, dando spazio a nuove funzioni e sperimentazioni, senza perdere il legame profondo con l’identità locale.

Sul Massiccio del Grappa si trova Monte Fontana Secca, un pascolo con le sue malghe a 1.600 metri di altitudine, rimasto a lungo abbandonato prima dell’arrivo del FAI. Il fulcro dell’intervento di recupero è stato lo Stallone, un edificio che, ridotto a rudere, è stato interamente ricostruito con materiali tradizionali e tecniche innovative: è stato infatti dotato di una copertura fotovoltaica appositamente progettata per integrarsi nel paesaggio, rendendo gli edifici autosufficienti dal punto di vista energetico. Lo Stallone è oggi uno spazio pensato per la didattica e l’accoglienza, per raccontare la storia e le tradizioni del luogo. Accanto alla funzione culturale e di ospitalità, la malga tornerà ad avere anche una funzione produttiva: la sua gestione è stata affidata dal FAI a un’impresa familiare di allevatori del territorio che farà tornare le vacche al pascolo, ripristinando la produzione casearia e sviluppando nuove attività agrituristiche. Allo stesso modo, gli alpeggi di Pedroria e Madrera, nel cuore del Parco delle Orobie Valtellinesi, continuano a essere luoghi fondamentali per la monticazione estiva delle mandrie.

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Si tratta non solo di architetture e paesaggi, ma di pratiche di vita e di produzione ancora attive, che generano reddito per le comunità e rappresentano un presidio costante, contrastando quell’abbandono che nel recente passato ha segnato molte aree montane e interne.

Un processo, quello dell’abbandono, che oggi sembra stia prendendo una diversa direzione. Secondo il rapporto dell’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (UNCEM), oltre 100.000 persone hanno scelto negli ultimi anni di trasferirsi in montagna, segnando un’inversione di tendenza rispetto il recente passato.

Una tendenza che va però letta in chiave sistemica: non riguarda tutto il territorio italiano allo stesso modo né con la stessa intensità, ma indica certamente una nuova attenzione e un crescente interesse da parte delle nuove generazioni verso le montagne.

Si sta così affacciando un’economia della montagna con grandi potenzialità di sviluppo per il futuro. Un’economia che merita maggiore attenzione, politiche dedicate e investimenti mirati, capaci di sostenere chi sceglie di vivere e lavorare in questi territori.

La sfida della montagna che torna a “ripopolarsi” è quella di far sì che questa nuova attenzione contribuisca a rilanciare i processi produttivi e sociali. La montagna, infatti, si tutela e si cura abitandola, tornando a viverla e a coltivarla: è la presenza umana a garantirne il futuro.

Ma per consolidare questa tendenza è indispensabile potenziare i servizi: infanzia, sanità, mobilità, digitalizzazione. Proprio la diffusione delle tecnologie digitali è un fattore abilitante fondamentale, così come la capacità di fare rete e di costruire un modello turistico adeguato e realmente “sostenibile” per i territori e le comunità. Altrettanto importante è la valorizzazione economica delle produzioni locali e dei lavori tradizionali, dall’artigianato all’agricoltura, che mantengono vivi quei saperi e quell’identità che da sempre caratterizzano i territori montani. A tutto questo si deve affiancare oggi una maggiore attenzione alla pianificazione, cruciale per proteggere un ambiente fragile che, se abbandonato, diventa ancora più vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico: dagli eventi meteorologici estremi al dissesto idrogeologico, con ripercussioni che si estendono fino alla pianura e alle città.

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Le aree montane possono così diventare un motore di innovazione grazie a una gestione sostenibile delle risorse naturali, alle competenze e alle nuove tecnologie, valorizzando il ruolo di chi la montagna la abita ogni giorno e se ne prende cura. Là dove innovazione e tradizione convivono, la montagna resta uno spazio vitale, capace di rinnovarsi, imparando dal passato e guardando con fiducia al futuro.

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