La dimora è una delle più imponenti della zona vesuviana, come dimostra il prospetto firmato da Donnamaria che prevede, in alternanza alle lesene corinzie, un doppio ordine di balconi dotati di ringhiere in ferro battuto e timpani curvi posti senza ornamenti davanti alle finestre del piano nobile. Completano il progetto architettonico della dimora la cappella dedicata all'Immacolata, una sagrestia, una sala della musica e una ex scuderia adibita a teatro.
Il progetto per la nuova villa fu commissionato ad Antonio Donnamaria, un architetto di scuola vaccariana, che realizzò il prospetto su strada con una ritmata partitura di lesene giganti in stucco. L'interno è caratterizzato da decorazioni in stucco rococò.
Il prospetto posteriore, che si apre sul magnifico giardino all'italiana progettato da Pompeo Schiantarelli nel 1783, è costituito da una serie di arcate, logge e porticati.
Il giardino all'italiana di Schiantarelli, la cui vastità è pari al bosco di Portici, è caratterizzato, come si legge anche nella pianta Carafa, da un lungo viale che parte da una quinta ad esedra posta in fondo al cortile e giunge ad una fontana monumentale posta al centro e formata da quattro vasche laterali disposte simmetricamente in diagonale. Da qui si dipanano a "raggiera" quattordici viali che tagliano il giardino per esteso fino al limite della proprietà. Nel giardino sono conservati ancora oggi esemplari di alberi di canfora, pini, lecci, palme, magnolie, datteri, cedri, mimose e albicocchi.
La villa, denominata pure "Villa e delizie dei d'Aquino detti di Caramanico" divenne un luogo di riferimento per la nobiltà napoletana ai tempi di Gioacchino Murat.