I Luoghi del Cuore
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VILLA LITTA

VILLA LITTA

ORIO LITTA, LODI

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VILLA LITTA
Villa Litta Carini venne commissionata nel 1703 dal conte Antonio Cavazzi della Somaglia che si rivolse all'architetto Giovanni Ruggeri (?-1745). Il conte voleva una residenza che manifestasse la ricchezza e importanza acquisite. La villa venne costruita su un terrazzamento naturale che declina verso il Po. Alla sua morte Antonio Cavazzi della Somaglia lasciò la Villa in eredità al nipote Antonio Dati (1674-1739), che assunse il titolo di IX conte di Somaglia e che attuò l'ampliamento del palazzo di Orio, trasformandolo in una reggia maestosa destinata a luogo di villeggiatura e incontro di grandi personaggi della letteratura e cultura italiana settecentesca. La Villa restò proprietà della famiglia Dati Somaglia fino al 1824 quando, a causa dei numerosi debiti, fu venduto all'inglese Sir Richard Holt. Quest'ultimo vi insediò alcune filande, trasformando l'antico galoppatoio in una fabbrica. L'inglese accumulò molti debiti e alla sua morte la proprietà fu passata al suo maggiore creditore, il conte Giulio Litta, il cui figlio Pompeo Litta Visconti Arese nel 1897 la vendette a Giulio Corti, amministratore dei suoi beni. I problemi economici delle varie famiglie di cui abbiamo parlato portarono a un graduale spoglio e a un uso non sempre consono della Villa.Nel 1970 Villa Litta fu acquistata dalla famiglia Carini, gli attuali proprietari, che hanno iniziato un lento, graduale recupero del palazzo, oggi vincolato dalle Belle Arti come bene storico e artistico nazionale. L'ampia villa si articola con una pianta a U e ha un corpo centrale a tre ordini sottolineati da cornici marcapiano. Si conclude con un attico che racchiude un orologio che anticamente era sovrastato dalla statua di ferro battuto definita "Dio del tempo" o "Angelo della morte", inquadrata da due vasi di fiori sempre in ferro battuto. Al centro della facciata si apre un portico a cinque archi sorretti da colonne. Le ali laterali, di minore altezza, si legano a due rustici che proseguono fuori dalle mura di cinta con la cappella gentilizia a sinistra e la portineria a destra (avete il viso rivolto alla facciata) La piccola corte a est accoglieva le cucine e la ghiacciaia, mentre quella a ovest ospitava le scuderie e altri ambienti di servizio. Nella parte posteriore si trova il giardino, oggi meno esteso, ma che in origine scendeva fino al Po attraverso dei terrazzi con aiuole all'italiana e con scale che conducevano ai ninfei. All'interno vi sono numerose sale ornate da stucchi e dipinti con scene allegoriche e mitologiche attribuite alla mano del pittore milanese Pietro Maggi (1680-1738 ca), uno dei maggiori esponenti del Barocchetto lombardo e alla sua scuola.

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Villa Litta Carini venne commissionata nel 1703 dal conte Antonio Cavazzi della Somaglia che si rivolse all'architetto Giovanni Ruggeri (?-1745). Il conte voleva una residenza che manifestasse la ricchezza e importanza acquisite. La villa venne costruita su un terrazzamento naturale che declina verso il Po. Alla sua morte Antonio Cavazzi della Somaglia lasciò la Villa in eredità al nipote Antonio Dati (1674-1739), che assunse il titolo di IX conte di Somaglia e che attuò l'ampliamento del palazzo di Orio, trasformandolo in una reggia maestosa destinata a luogo di villeggiatura e incontro di grandi personaggi della letteratura e cultura italiana settecentesca. La Villa restò proprietà della famiglia Dati Somaglia fino al 1824 quando, a causa dei numerosi debiti, fu venduto all'inglese Sir Richard Holt. Quest'ultimo vi insediò alcune filande, trasformando l'antico galoppatoio in una fabbrica. L'inglese accumulò molti debiti e alla sua morte la proprietà fu passata al suo maggiore creditore, il conte Giulio Litta, il cui figlio Pompeo Litta Visconti Arese nel 1897 la vendette a Giulio Corti, amministratore dei suoi beni. I problemi economici delle varie famiglie di cui abbiamo parlato portarono a un graduale spoglio e a un uso non sempre consono della Villa.Nel 1970 Villa Litta fu acquistata dalla famiglia Carini, gli attuali proprietari, che hanno iniziato un lento, graduale recupero del palazzo, oggi vincolato dalle Belle Arti come bene storico e artistico nazionale. L'ampia villa si articola con una pianta a U e ha un corpo centrale a tre ordini sottolineati da cornici marcapiano. Si conclude con un attico che racchiude un orologio che anticamente era sovrastato dalla statua di ferro battuto definita "Dio del tempo" o "Angelo della morte", inquadrata da due vasi di fiori sempre in ferro battuto. Al centro della facciata si apre un portico a cinque archi sorretti da colonne. Le ali laterali, di minore altezza, si legano a due rustici che proseguono fuori dalle mura di cinta con la cappella gentilizia a sinistra e la portineria a destra (avete il viso rivolto alla facciata) La piccola corte a est accoglieva le cucine e la ghiacciaia, mentre quella a ovest ospitava le scuderie e altri ambienti di servizio. Nella parte posteriore si trova il giardino, oggi meno esteso, ma che in origine scendeva fino al Po attraverso dei terrazzi con aiuole all'italiana e con scale che conducevano ai ninfei. All'interno vi sono numerose sale ornate da stucchi e dipinti con scene allegoriche e mitologiche attribuite alla mano del pittore milanese Pietro Maggi (1680-1738 ca), uno dei maggiori esponenti del Barocchetto lombardo e alla sua scuola.
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