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PONTE DI ANNIBALE SUL SAVUTO

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CALVISI, COSENZA

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PONTE DI ANNIBALE SUL SAVUTO
Scigliano è una località in provincia di Cosenza, dove il fiume che l'attraversa, il Savuto, è cavalcato dall'antico Ponte di Annibale o Ponte di S. Angelo, in una proprietà della Famiglia Micciulli. Il Ponte di Annibale non va confuso con una altro ponte dello stesso nome e sempre di epoca romana, che è sito sul corso del Titerno, nel comune di Cerreto Sannita in Campania. Diverse prove archeologiche dimostrano che il ponte, oggi monumento storico nazionale, fu costruito nel periodo che va dal 131 al 121 a.c. Il ponte faceva parte della Via Popilia, edificata per volontà del console Publio Popilio Lenate (come testimonia il cosiddetto Cippo di Polla), la quale strada collegava l'attuale Reggio Calabria a Capua. Il tracciato antico della strada costeggiava il Mar Tirreno, raggiungeva Vibo Valentia, la Piana di S Eufemia, risaliva la Valle del fiume Savuto, proseguiva sul ponte che lo cavalcava e risaliva ai Campi di Malito. Da qui proseguiva costeggiando prima il torrente Iassa, e poi il fiume Busento cavalcandolo nel vecchio quartiere di Portapiana. Seguiva poi il grande fiume Crati sino a Tarsia in provincia di Cosenza, quindi Morano Calabro, e la conca del Vallo di Diano. La via tagliando poi Salerno, Nocera e Capua, si congiungeva alla via Appia che portava a Roma. Il ponte venne distrutto dagli stessi romani all’epoca della sconfitta di Annibale per arrestare la sua fuga verso le sue navi in mare, ma fu invece ricostruito con lo stesso materiale edilizio e con lo stesso modello architettonico dei genieri del generale cartaginese per il transito della sua armata. L'attuale ponte, sebbene detto "di Annibale", non presenta quindi alcun collegamento storico con Cartagine. Il ponte è realizzato con archi in tufo calcareo rosso proveniente dalla cava di una collina adiacente al ponte dove ancora sono evidenti i profondi tagli sulla parete. Le fondazioni del ponte si trovano ad profondità di circa 1,50 m dal greto del fiume, costituite da due ordini di blocchi squadrati e sovrapposti con un'altezza dell'edificato di 1,50 m, ma di 11 m rispetto al piano del fiume, una larghezza di 3,55 m e una lunghezza di 21,50 m, del solo ponte esclusa la rampa di salita. La volta era costituita da due archi a tutto sesto di blocchi squadrati di tufo secco, posti sfalsati onde evitare solchi di frattura unica in caso di terremoti. Il secondo arco è in tufo e in pietrame e pozzolana all’interno, a copertura del primo arco portante ed è posto direttamente sulla fondazione, senza pile di appoggio, avendo solo funzione di rinforzo e di contrappeso al primo. La costruzione è a secco. I blocchi di tufo dopo oltre duemila anni si sono suturati con il calcare scioltosi dalle stesse pietre, tanto da formare un unico blocco. Il piano di calpestio venne costruito in muratura con pietrame di fiume e pietra pozzolana e vi si risaliva da un lato poggiando sulla roccia della collina, e dall'altro poggiando su un arco trasversale chiuso da muri dallo spessore di 50 cm. Accanto al ponte, alle sue estremità, sopravvivono i resti di due garitte, atte a riparare le truppe a protezione del ponte, resti purtroppo mai ripristinati. Vicino al ponte, invece, sulle fondamenta di caseggiati romani giace il rudere di una vecchia casa colonica, in parte sede della chiesetta di S. Angelo. Secondo un’altra leggenda, il ponte, denominato anche ponte S. Angelo, per la presenza di una chiesa dedicata a questo Santo, si narra che questi abbia sconfitto il diavolo proprio sul ponte e quest’ultimo per rabbia tirando un calcio alla spalla destra del ponte provocò una lesione. Tale lesione non è oggi visibile, poiché risanata durante il restauro avvenuto nel 1961.

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Scigliano è una località in provincia di Cosenza, dove il fiume che l'attraversa, il Savuto, è cavalcato dall'antico Ponte di Annibale o Ponte di S. Angelo, in una proprietà della Famiglia Micciulli. Il Ponte di Annibale non va confuso con una altro ponte dello stesso nome e sempre di epoca romana, che è sito sul corso del Titerno, nel comune di Cerreto Sannita in Campania. Diverse prove archeologiche dimostrano che il ponte, oggi monumento storico nazionale, fu costruito nel periodo che va dal 131 al 121 a.c. Il ponte faceva parte della Via Popilia, edificata per volontà del console Publio Popilio Lenate (come testimonia il cosiddetto Cippo di Polla), la quale strada collegava l'attuale Reggio Calabria a Capua. Il tracciato antico della strada costeggiava il Mar Tirreno, raggiungeva Vibo Valentia, la Piana di S Eufemia, risaliva la Valle del fiume Savuto, proseguiva sul ponte che lo cavalcava e risaliva ai Campi di Malito. Da qui proseguiva costeggiando prima il torrente Iassa, e poi il fiume Busento cavalcandolo nel vecchio quartiere di Portapiana. Seguiva poi il grande fiume Crati sino a Tarsia in provincia di Cosenza, quindi Morano Calabro, e la conca del Vallo di Diano. La via tagliando poi Salerno, Nocera e Capua, si congiungeva alla via Appia che portava a Roma. Il ponte venne distrutto dagli stessi romani all’epoca della sconfitta di Annibale per arrestare la sua fuga verso le sue navi in mare, ma fu invece ricostruito con lo stesso materiale edilizio e con lo stesso modello architettonico dei genieri del generale cartaginese per il transito della sua armata. L'attuale ponte, sebbene detto "di Annibale", non presenta quindi alcun collegamento storico con Cartagine. Il ponte è realizzato con archi in tufo calcareo rosso proveniente dalla cava di una collina adiacente al ponte dove ancora sono evidenti i profondi tagli sulla parete. Le fondazioni del ponte si trovano ad profondità di circa 1,50 m dal greto del fiume, costituite da due ordini di blocchi squadrati e sovrapposti con un'altezza dell'edificato di 1,50 m, ma di 11 m rispetto al piano del fiume, una larghezza di 3,55 m e una lunghezza di 21,50 m, del solo ponte esclusa la rampa di salita. La volta era costituita da due archi a tutto sesto di blocchi squadrati di tufo secco, posti sfalsati onde evitare solchi di frattura unica in caso di terremoti. Il secondo arco è in tufo e in pietrame e pozzolana all’interno, a copertura del primo arco portante ed è posto direttamente sulla fondazione, senza pile di appoggio, avendo solo funzione di rinforzo e di contrappeso al primo. La costruzione è a secco. I blocchi di tufo dopo oltre duemila anni si sono suturati con il calcare scioltosi dalle stesse pietre, tanto da formare un unico blocco. Il piano di calpestio venne costruito in muratura con pietrame di fiume e pietra pozzolana e vi si risaliva da un lato poggiando sulla roccia della collina, e dall'altro poggiando su un arco trasversale chiuso da muri dallo spessore di 50 cm. Accanto al ponte, alle sue estremità, sopravvivono i resti di due garitte, atte a riparare le truppe a protezione del ponte, resti purtroppo mai ripristinati. Vicino al ponte, invece, sulle fondamenta di caseggiati romani giace il rudere di una vecchia casa colonica, in parte sede della chiesetta di S. Angelo. Secondo un’altra leggenda, il ponte, denominato anche ponte S. Angelo, per la presenza di una chiesa dedicata a questo Santo, si narra che questi abbia sconfitto il diavolo proprio sul ponte e quest’ultimo per rabbia tirando un calcio alla spalla destra del ponte provocò una lesione. Tale lesione non è oggi visibile, poiché risanata durante il restauro avvenuto nel 1961.
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