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PALAZZO ZEVALLOS

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PALAZZO ZEVALLOS
Palazzo Zevallos è un edificio monumentale di Napoli ubicato lungo via Toledo. Il palazzo fu eretto tra il 1637 e 1639 da Cosimo Fanzago su iniziativa di Juan de Ceballos y Nicastro. Juan de Ceballos y Nicastro entrò in possesso dell'edificio nel 1639 dopo la fine dei lavori. Il palazzo venne tuttavia gravemente danneggiato nel corso dei moti insurrezionali del 1647. A causa delle successive difficoltà economiche del Ceballos, nel 1653 il palazzo fu ceduto definitivamente a Jan van den Eynde, mercante e collezionista d'arte fiammingo, padre dell'aristocratico e mecenate Ferdinando. Sotto il casato dei Van den Eynde, con l'ausilio anche del connazionale ed amico Gaspar Roomer, anch'egli importante commerciante fiammingo, mecenate e collezionista d'arte, attivo a Napoli nel XVII secolo, il palazzo si arricchì di una importante e vasta collezione d'arte, oggi smembrata e dispersa per i musei e collezioni private del mondo, che comprendeva opere di: Leonard Bramer, Giacinto Brandi, Jan van Boeckhorst, Gerard van der Bos, Jan Brueghel il Vecchio, Paul Bril, Viviano Codazzi, Jacques Duyvelant, Aniello Falcone, Guercino, David de Haen, Pieter van Laer, Jan Miel, Cornelius van Poelenburch, Cornelis Schut, Goffredo Wals, Bartolomeo Passante, Mattia Preti, Pieter Paul Rubens (di cui è celebre il Banchetto di Erode ora alla National Gallery of Scotland di Edimburgo), Carlo Saraceni, Massimo Stanzione, Van Dyck, Simon Vouet, Pieter de Witte ed altri. Durante la prima metà del XIX secolo, a causa di alcuni dissidi interni alla famiglia Colonna di Stigliano, il palazzo viene smembrato, frazionato in più parti e ceduto in fitto ad inquilini diversi che non avevano alcun legame con l'originaria famiglia proprietaria. Le decorazioni di Giordano si persero in questo contesto e con esse anche tutto il prestigio dell'edificio su tutta via Toledo che, nel frattempo, vide accrescere notevolmente il numero di edifici nobiliari che abbellivano quella che era divenuta oramai la strada più importante della città. Diversi furono gli acquirenti che si impossessarono di una porzione del palazzo: al banchiere Carlo Forquet andò il primo piano nobile; al cavaliere Ottavio Piccolellis andarono due ambienti del piano ammezzato; le restanti parti invece, furono messe in vendita solo dopo alcuni anni. Il palazzo in questo periodo vide ancora una volta mutare prepotentemente la sua architettura, grazie agli interventi neoclassici di Guglielmo Turi. La fetta più importante del palazzo, oggi visitabile al pubblico, fu acquisita dai Forquet, i quali vollero per il loro nuovo appartamento un importante ciclo di decorazioni e di stucchi per abbellire lo scalone principale e le sale del primo piano. In questa occasione furono chiamati a lavorare Gennaro Maldarelli e Giuseppe Cammarano, molto attivi entrambi in quegli anni nelle decorazioni dei palazzi nobiliari della città, tra cui a villa Pignatelli ed al palazzo Reale. Alla fine del XIX secolo, la quota dei Forquet fu acquistata dalla Banca Commerciale Italiana e le restanti parti furono prelevate non prima del 1920. Il portale di Cosimo Fanzago è maestoso, tipico delle architetture napoletane, non appena oltrepassato è visibile sulla destra un altro grande stemma nobiliare della famiglia Colonna con una breve incisione su marmo a loro dedicata. Subito dopo l'ingresso è il grande salone centrale di Luigi Platania, in stile eclettico, ricavato da un precedente cortile in piperno derivante dall'originario progetto fanzaghiano. Terminato lo scalone monumentale, si aprono in successione le sale che compongono il piano nobile. Tra queste c'è quella degli Amorini,la sala degli Stucchi, la sala degli Uccelli, la successiva sala Pompeiana e infine la sala della Fedeltà.

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Palazzo Zevallos è un edificio monumentale di Napoli ubicato lungo via Toledo. Il palazzo fu eretto tra il 1637 e 1639 da Cosimo Fanzago su iniziativa di Juan de Ceballos y Nicastro. Juan de Ceballos y Nicastro entrò in possesso dell'edificio nel 1639 dopo la fine dei lavori. Il palazzo venne tuttavia gravemente danneggiato nel corso dei moti insurrezionali del 1647. A causa delle successive difficoltà economiche del Ceballos, nel 1653 il palazzo fu ceduto definitivamente a Jan van den Eynde, mercante e collezionista d'arte fiammingo, padre dell'aristocratico e mecenate Ferdinando. Sotto il casato dei Van den Eynde, con l'ausilio anche del connazionale ed amico Gaspar Roomer, anch'egli importante commerciante fiammingo, mecenate e collezionista d'arte, attivo a Napoli nel XVII secolo, il palazzo si arricchì di una importante e vasta collezione d'arte, oggi smembrata e dispersa per i musei e collezioni private del mondo, che comprendeva opere di: Leonard Bramer, Giacinto Brandi, Jan van Boeckhorst, Gerard van der Bos, Jan Brueghel il Vecchio, Paul Bril, Viviano Codazzi, Jacques Duyvelant, Aniello Falcone, Guercino, David de Haen, Pieter van Laer, Jan Miel, Cornelius van Poelenburch, Cornelis Schut, Goffredo Wals, Bartolomeo Passante, Mattia Preti, Pieter Paul Rubens (di cui è celebre il Banchetto di Erode ora alla National Gallery of Scotland di Edimburgo), Carlo Saraceni, Massimo Stanzione, Van Dyck, Simon Vouet, Pieter de Witte ed altri. Durante la prima metà del XIX secolo, a causa di alcuni dissidi interni alla famiglia Colonna di Stigliano, il palazzo viene smembrato, frazionato in più parti e ceduto in fitto ad inquilini diversi che non avevano alcun legame con l'originaria famiglia proprietaria. Le decorazioni di Giordano si persero in questo contesto e con esse anche tutto il prestigio dell'edificio su tutta via Toledo che, nel frattempo, vide accrescere notevolmente il numero di edifici nobiliari che abbellivano quella che era divenuta oramai la strada più importante della città. Diversi furono gli acquirenti che si impossessarono di una porzione del palazzo: al banchiere Carlo Forquet andò il primo piano nobile; al cavaliere Ottavio Piccolellis andarono due ambienti del piano ammezzato; le restanti parti invece, furono messe in vendita solo dopo alcuni anni. Il palazzo in questo periodo vide ancora una volta mutare prepotentemente la sua architettura, grazie agli interventi neoclassici di Guglielmo Turi. La fetta più importante del palazzo, oggi visitabile al pubblico, fu acquisita dai Forquet, i quali vollero per il loro nuovo appartamento un importante ciclo di decorazioni e di stucchi per abbellire lo scalone principale e le sale del primo piano. In questa occasione furono chiamati a lavorare Gennaro Maldarelli e Giuseppe Cammarano, molto attivi entrambi in quegli anni nelle decorazioni dei palazzi nobiliari della città, tra cui a villa Pignatelli ed al palazzo Reale. Alla fine del XIX secolo, la quota dei Forquet fu acquistata dalla Banca Commerciale Italiana e le restanti parti furono prelevate non prima del 1920. Il portale di Cosimo Fanzago è maestoso, tipico delle architetture napoletane, non appena oltrepassato è visibile sulla destra un altro grande stemma nobiliare della famiglia Colonna con una breve incisione su marmo a loro dedicata. Subito dopo l'ingresso è il grande salone centrale di Luigi Platania, in stile eclettico, ricavato da un precedente cortile in piperno derivante dall'originario progetto fanzaghiano. Terminato lo scalone monumentale, si aprono in successione le sale che compongono il piano nobile. Tra queste c'è quella degli Amorini,la sala degli Stucchi, la sala degli Uccelli, la successiva sala Pompeiana e infine la sala della Fedeltà.
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