Il complesso conventuale di San Francesco in Mantova ha un legame fortissimo con la storia della città e con i Signori che governarono lo Stato mantovano per quasi quattro secoli. La decisione dei Gonzaga di collocare qui le sepolture dei capitani del popolo prima e dei marchesi poi, in un arco temporale che va dal Trecento alla fine del Quattrocento, tradizione poi seguita da numerose altre nobili famiglie cittadine, mette in evidenza la speciale predilezione dei Gonzaga per l’Ordine francescano.
Tuttavia, prima ancora che con i Gonzaga, il legame con San Francesco era già iniziato con i Bonacolsi e con le famiglie gentilizie mantovane che, nella seconda metà del Duecento, assicurarono il sostegno per l’ampliamento del complesso conventuale e della chiesa.
La costruzione della chiesa prese avvio, si presume, sul finire del Duecento al posto di un oratorio dedicato a Santa Maria Incoronata e fu completata nel 1304, quando venne aperta al culto. Architetto ne fu un non meglio conosciuto Germano, che le impresse caratteri sostanzialmente gotici lombardi. La collocazione si poneva in perfetta linea con le logiche insediative degli ordini mendicanti e predicatori che occupavano aree di cintura urbana, piuttosto popolose ed in espansione. Nel 1782, con la soppressione dell’Ordine francescano, la chiesa venne abbandonata e successivamente, durante l’occupazione austriaca, venne trasformata in arsenale militare con tanto di cinta muraria, fossato e ponte levatoio. Venne acquisita all’inizio del Novecento dal Comune di Mantova, il quale affidò all’arch. Aldo Andreani il compito di restaurarla e ripristinare le fattezze medievali. I lavori vennero ultimati negli anni Trenta ma nel 1944 la chiesa fu pesantemente bombardata e quindi successivamente ricostruita seguendo gli interventi dell’Andreani. Si sono fortunatamente salvati dal bombardamento la facciata con le sue guglie ed il rosone, alcune parti dei chiostri, il campanile, alcuni lacerti di affreschi delle cappelle laterali e la Cappella Gonzaga, mausoleo della famiglia, dove ancora sono presenti gli affreschi originali ispirati alla Passione di Cristo e alle Storie di san Ludovico da Tolosa. Le parti sopravvissute ci fanno immaginare quanto sontuosa fosse la decorazione completa.
L’arco d’ingresso della cappella è decorato con busti di santi mentre la parete presenta le scene della Crocifissione, dell’Ascensione e della Pentecoste. Nelle lunette si trovano i resti delle scene del Battesimo di Cristo, dell’Entrata in Gerusalemme e delle Storie della Passione. Il brano pittorico più ampio e meglio conservato è quello della parete di fondo, dedicata a san Ludovico da Tolosa. La volta è decorata con al centro il Cristo in mandorla, e sulle vele gli Evangelisti e angeli. Si tratta del maggiore ciclo pittorico trecentesco mantovano.