Suolo e acqua: un equilibrio delicato messo a rischio dai cambiamenti climatici

Suolo e acqua: un equilibrio delicato messo a rischio dai cambiamenti climatici

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Suolo e acqua: un equilibrio delicato messo a rischio dai cambiamenti climatici
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06 novembre 2023

Insieme a Giuseppe Milano – ingegnere edile, architetto e urbanista, Segretario generale di Greenaccord Onlus – parliamo del delicato rapporto tra suolo e acqua e di come i cambiamenti climatici ne stiano alterando gli equilibri con conseguenze negative sugli ecosistemi e sulla società.

I cambiamenti climatici stanno mettendo a rischio l’equilibrio di due risorse fondamentali per la vita sulla Terra: suolo e acqua.
Con Giuseppe Milano proponiamo una riflessione per ripensare i nostri luoghi di vita di fronte alla crisi climatica e promuovere una pianificazione lungimirante e rigenerativa che metta al primo posto il benessere dell’ambiente e delle persone.

Acqua e suolo sono due risorse fondamentali per la vita: quale rapporto intercorre tra loro?

La prima cosa che mi viene da pensare è che il suolo e l'acqua sono i due principali carbon stock del Pianeta, capaci di assorbire grandi quantità di gas climalteranti, tra cui la CO2. Ma i legami tra queste due preziose risorse sono ancora più profondi: il suolo filtra le acque meteoriche che vanno a ricaricare le falde acquifere e proprio queste acque, a loro volta, mantengono il suolo umido, favorendo il prosperare della biodiversità. La comunità scientifica sta oggi scoprendo proprio il ruolo fondamentale dell’immensa biodiversità che il suolo ospita, tutti quei miliardi di batteri, funghi, vermi, collemboli e altre specie che rendono il terreno fertile, adatto per le nostre coltivazioni, e la cui presenza è determinata proprio dalla presenza della risorsa idrica. Inoltre suoli sani, caratterizzati da un’elevata porosità, possono assorbire e stoccare le acque in eccesso, mitigando così gli effetti di piogge violente e alluvioni.

C'è quindi un legame fortissimo tra suolo e acqua, anche se “invisibile” ai nostri occhi. E spesso proprio ciò che non vediamo e che tendiamo a pensare che non esista, si rivela essenziale per la nostra vita.

I cambiamenti climatici stanno esacerbando sia fenomeni siccitosi che eventi meteorologici estremi, quali piogge sempre più intense e concentrate nel tempo, grandine e tempeste. Come questi eventi stanno mettendo a rischio la risorsa suolo? E quali conseguenze hanno sul territorio e sulla società?

I cambiamenti climatici stanno diventando un acceleratore dei processi erosivi e di degradazione del suolo, aggravando così i fenomeni di dissesto idrogeologico già diffusi sul territorio italiano. Un suolo sottoposto a prolungati periodi di siccità perde la sua capacità di percolazione, la sua porosità e permeabilità, solidificandosi e diventando quasi impenetrabile. Nel momento in cui, in un periodo di tempo molto concentrato, cadono piogge intense e violente, questo suolo non è più in grado di assorbirle, innescando così fenomeni franosi e smottamenti. E dunque in un Paese in cui, come ricorda l'ISPRA, il 91% dei comuni italiani si trova in una condizione di rischio idrogeologico e di elevata vulnerabilità, i cambiamenti climatici non fanno che acuire i pericoli legati al dissesto.

Non sono però solo i cambiamenti del clima a causare il degrado del suolo, ma anche – e soprattutto – una cattiva gestione da parte dell’uomo.

Forme di degrado sono infatti legate alla deforestazione, all’urbanizzazione sfrenata, alla cementificazione e impermeabilizzazione del territorio, rendendo più fragili le condizioni di vita delle persone e sottoponendole a rischi elevati nel momento in cui si presentano fenomeni metereologici estremi. Ma se le nostre città fossero pianificate in modo diverso, con strumenti urbanistici adeguati, non più vetusti e frammentati, probabilmente ci sarebbero meno disastri, anche in termini di vite umane e di devastazioni economiche. Ad oggi, infatti, si agisce ancora con misure dettate dall’emergenza senza che ci sia una capacità di visione a medio lungo periodo, grazie alla quale, invece, si potrebbero fermare i fenomeni di degrado del suolo e mitigare gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici. È la nostra cecità “saramaghiana”, detta con una battuta, che ci impedisce di ragionare secondo uno spirito visionario che tiene conto della complessità del reale e che ci impedisce altrettanto di ripensare gli strumenti urbanistici e di adeguarli alla sfida dei cambiamenti climatici.

Come possiamo oggi ripensare il nostro modello di gestione dei suoli e del territorio? E quali misure si possono applicare per ridurre il rischio legato ai cambiamenti climatici e meglio adattarsi?

Oggi è necessario ripensare e cambiare il modello economico dominante, che ha “declassato” il suolo – così come altre risorse naturali – a merce soggetta alla rendita e alle speculazioni, disconoscendone il valore sistemico, protettivo e produttivo. Ecco quindi che bisognerebbe ripartire dalla pianificazione urbanistica per fermare il consumo di questa preziosa risorsa e promuovere il ruolo strategico che può avere nella mitigazione e nell’adattamento ai cambiamenti climatici. In ambito urbano, per esempio, si potrebbe pensare a soluzioni quali i rain garden, i giardini della pioggia, che drenano e filtrano le acque meteoriche, mitigando così gli effetti delle piogge violente o dei fenomeni alluvionali. Così come si dovrebbe spingere per la realizzazione di tetti verdi e pareti verdi e di tutte quelle misure che rientrano nelle cosiddette Nature Based Solutions. Per quanto riguarda la pianificazione, invece, bisognerebbe ripartire dalla mappatura e dal censimento del patrimonio edilizio esistente per fermare il consumo di suolo e promuovere una dinamica rigenerativa del tessuto urbano. I beni oggi dismessi o degradati potrebbero per esempio essere rifunzionalizzati, ampliando lo spazio pubblico, creando nuove piazze, nuovi giardini, nuove strutture che eroghino servizi per le comunità. Bisogna quindi modificare l’approccio culturale alle sfide urbane con una dinamica propositiva e rigenerativa, fermando l’espansione di aree cementificate e sottolineando che queste dinamiche di rigenerazione hanno una valenza economica e sociale enorme.

Oggi in Italia iniziano a esserci buone pratiche che vanno nella direzione giusta, ma mancano ancora misure adeguate e sistemiche di pianificazione, che facciano dei cambiamenti climatici un’opportunità per ripensare il metabolismo urbano.

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