Ora o mai più: gli ultimi rapporti ONU sui cambiamenti climatici

Ora o mai più: gli ultimi rapporti ONU sui cambiamenti climatici

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Ora o mai più: gli ultimi rapporti ONU sui cambiamenti climatici
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06 aprile 2022

I risultati degli ultimi due report dell’IPCC, l'organismo scientifico dell’ONU, che studia l’impatto dei cambiamenti climatici, sono chiari: la posta in gioco per il nostro pianeta, per le persone e per gli ecosistemi non è mai stata così alta. Il futuro dipende da noi, non dal clima.

L’IPPC, l'organismo scientifico delle Nazioni Unite, che studia l’impatto dei cambiamenti climatici, ha pubblicato il 4 aprile 2022, in rappresentanza di 195 governi, il suo nuovo rapporto Climate Change 2022: mitigation of climate change.

In questo rapporto l’IPCC conferma l’allarme ben documentato nei precedenti rapporti e con un dato inquadra subito l’urgenza che dobbiamo fronteggiare: la media globale annuale delle emissioni di gas serra tra il 2010 e il 2019 ha toccato il livello massimo mai raggiunto. Poi però aggiunge un piccolo spiraglio ottimista: Il tasso di crescita delle emissioni di gas ad effetto serra nello stesso periodo è stato inferiore a quello del decennio precedente. Quindi continuiamo a inquinare molto, ma stiamo rallentando. Tanta comunque è ancora la strada da fare e chissà se la necessità del nostro Paese e dell’Europa di ridurre l’esposizione ai combustibili fossili della Russia sarà un ulteriore stimolo per ricercare maggiore efficienza e risparmio nei consumi di energia.

Ora o mai più

Perché una cosa è certa: resta ancora lontano il raggiungimento dell’obiettivo fissato dagli accordi di Parigi, rimanere entro l’aumento di 1,5°C al 2030 rispetto all’era preindustriale. Nello scenario considerato le emissioni di gas serra devono raggiungere il loro picco prima del 2025 e poi devono ridursi del 43% al 2030. «Ora o mai più» - ci ricorda il copresidente del gruppo di lavoro III dell’IPCC Jim Skea e prosegue: - «Il cambiamento climatico è il risultato di oltre un secolo di energia insostenibile e uso del suolo, stili di vita e modelli di consumo e produzione: questo rapporto mostra come agire ora può spingerci verso un mondo più giusto e sostenibile».

Ad esempio, l’IPCC ci ricorda che le emissioni nette di gas serra sono aumentate dal 2010 in tutti i principali settori a livello globale, ma una quota crescente di emissioni può essere attribuita alle aree urbane. Attivare le giuste politiche, infrastrutture e tecnologie per consentire cambiamenti ai nostri stili di vita e comportamenti può portare a una riduzione del 40-70% delle emissioni di gas serra entro il 2050. Ciò offre un significativo potenziale non sfruttato.

Politiche “amiche del clima”

Perché le politiche “amiche del clima” sono fondamentali nell’abbattere le emissioni di gas serra: il report ci segnala che i costi unitari di diverse tecnologie a basse emissioni sono diminuiti continuamente dal 2010, proprio grazie alle diverse politiche per l'innovazione, che hanno consentito riduzioni dei costi e dunque la loro adozione. Abbiamo opzioni in tutti i settori che ci consentirebbero quantomeno di dimezzare le emissioni al 2030.

Il problema maggiore resta però la scarsa focalizzazione degli investimenti sugli obiettivi dell'accordo di Parigi. La conseguenza di questa criticità, ci ricorda l’IPCC, è che le politiche attuate al 2020 (cioè le emissioni di CO2 future previste per tutta la durata di vita delle infrastrutture esistenti e attualmente pianificate) si tradurranno in emissioni globali di gas a effetto serra più elevate di quelle dichiarate dagli stati nel 2015 a Parigi. Importantissimo quindi il grande sforzo intrapreso dall’Unione Europea per finanziare le transizioni ecologiche degli Stati membri, ad esempio tramite il PNRR italiano.

Se non andiamo oltre, se non cambiamo passo, l’IPCC prevede che le emissioni di gas serra aumenteranno oltre il 2025 (invece che ridursi come ipotizzato), portando a un riscaldamento globale di 3,2 °C entro il 2100. La catastrofe.

Vicino a noi: l’Italia e la regione del Mediterraneo

L’obiettivo di rimanere sotto 1,5 ci riguarda direttamente, come europei e come abitanti della regione del Mediterraneo: il precedente report dell’IPCC Climate Change 2022: Impact Adaptation and Vulnerability ci avvisa che l'area mediterranea è e sarà tra le più colpite al mondo, con una netta riduzione delle precipitazioni, un aumento dell'aridità, ondate di calore e innalzamento del livello del mare. Alcune isole rischiano di essere sommerse e la penetrazione del mare avanzerà sempre di più verso l’interno. La disponibilità di acqua diminuirà fino al 20% in alcuni bacini fluviali dipendenti dallo scioglimento della neve e dei ghiacci ad alta quota, con grave danno all’irrigazione per l’agricoltura e alla disponibilità di acqua potabile. Tutto ciò impatterà fortemente sugli ecosistemi terrestri e marini.

«Qualsiasi ulteriore ritardo nell'azione preventiva globale concertata sull'adattamento agli effetti del riscaldamento globale e sulla mitigazione delle emissioni di gas serra ci farà perdere una breve finestra di opportunità, che si chiuderà rapidamente per garantire un futuro vivibile e sostenibile per tutti».

I risultati degli ultimi due report dell’IPCC sono chiari: la posta in gioco per il nostro pianeta non è mai stata così alta, per le persone e per gli ecosistemi.

Il futuro dipende da noi

L’IPCC accompagna sempre le sue analisi anche con proposte, sulle azioni che è necessario e urgente intraprendere. Ad esempio ci ricorda che la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra in tutto il settore energetico richiede importanti transizioni, tra cui la diffusione di fonti energetiche a basse emissioni, il passaggio a vettori energetici alternativi (come l’idrogeno) e al contempo sono in aumento impianti a energia solare ed eolica, lo stoccaggio nelle batterie e il numero dei veicoli elettrici circolanti.

L’IPCC richiama inoltre, come non ha mai fatto prima, l’urgenza della necessità di intervenire con piani di adattamento. L'entità del cambiamento climatico e dei rischi associati dipendono fortemente dalle azioni di adattamento che riusciremo a introdurre ora, nel breve termine, per ridurre il danno e minimizzare i costi futuri. I piani di adattamento non significano però solo “difesa”, sono una straordinaria occasione per crescere, per costruire società e habitat resilienti, progetti di sostenibilità per il nostro futuro su questo pianeta.

Il FAI è consapevole che il nostro futuro dipende da tutti noi, che ognuno deve fare la sua parte per rispettare gli accordi di Parigi ed è quindi particolarmente sensibile all’appello lanciato dalla comunità scientifica.

Da anni è attivo nei propri Beni con progetti di riduzione delle emissioni di gas serra (mitigazione) e altrettanti progetti per rendere i propri beni resilienti ai cambiamenti climatici (adattamento) e ha recentemente lanciato varie campagne di sensibilizzazione come #salvailsuolo, #salvalacqua e #faiperilclima per aumentare la consapevolezza e il coinvolgimento di tutti i cittadini.

Come scrive Helen Adams, una delle autrici del secondo rapporto:

«Una delle cose che penso sia davvero molto chiara nel rapporto è che sì, le cose vanno male, ma in realtà il futuro dipende da noi, non dal clima».

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