22 febbraio 2023
Dal 2008, tra la Basilica di San Francesco, il fiume Tescio e il Complesso benedettino di Santa Croce ad Assisi, il FAI ha operato uno dei primi esempi di recupero paesaggistico in Italia, attraverso il ripristino degli elementi naturali, storici e colturali, valorizzando l’ambiente agrario e forestale che caratterizza questo angolo di territorio umbro: il Bosco di San Francesco.
I boschi sono un bene comune, legato alla storia e alla cultura dei nostri territori. Il futuro del nostro Paese dipende anche da come percepiamo, tuteliamo e gestiamo questo patrimonio che rappresenta il 35% del territorio italiano. I boschi e la loro gestione, sono uno strumento determinante nella limitazione del rischio idrogeologico, nella lotta ai cambiamenti climatici, nella salvaguardia della biodiversità e del paesaggio, nella depurazione e regimazione delle acque. Sono anche una fondamentale e rinnovabile risorsa per lo sviluppo socio-economico delle aree rurali e montane e del sistema paese.
D’altra parte sono sempre di più oggetto di nuove pressioni e potenziali elementi di destabilizzazione legati ai cambiamenti climatici, agli incendi, ad attacchi parassitari, a forme di utilizzazione e gestione non sostenibili, quali ad esempio l’eccessivo sfruttamento o la non-gestione ovvero l’abbandono soprattutto delle aree montane e marginali.
In questo contesto complesso è dunque sempre più pressante la necessità di porre attenzione alla gestione attiva nella tutela del territorio, delle risorse naturali e della biodiversità.
La gestione attiva delle risorse forestali è una parte significativa di questo processo, in quanto preservando la funzionalità del bosco si preserva una componente importante dell’ambiente e del paesaggio italiano.
Il progetto di gestione forestale realizzato al Bosco di San Francesco redatto dallo Studio RDM specializzato in gestione forestale e ambientale, ha interessato negli scorsi mesi il versante boscato che dalla Basilica Superiore di San Francesco scende fino al Complesso benedettino di Santa Croce. L’intervento aveva finalità prevalentemente conservazionistiche e paesaggistiche, in quanto orientato a valorizzare in modo equilibrato – e quindi più sostenibile – le diverse funzioni del bosco, ovvero i servizi ecosistemici che offre: i servizi protettivi (prevenzione rischi idro-geologici), naturalistici (habitat di specie vegetali e animali), culturali e ricreativi (paesaggio, spazi naturali) forniti alla collettività.
L’intervento è stato effettuato fra gennaio e febbraio, nella stagione stabilita dalla normativa come la più idonea per i tagli, in modo da evitare il periodo di riproduzione della fauna e di apertura del Bene al pubblico.
Il filologico recupero operato dal FAI ha valorizzato una gestione forestale influenzata da due importanti ordini religiosi: i francescani e i benedettini, che hanno condizionato in modi diversi lo sviluppo del Bosco di San Francesco.
Per i francescani il lavoro non era prioritario quanto il contatto con la gente, la predicazione e l’elemosina. Di conseguenza il bosco veniva gestito in base ai soli bisogni di autoconsumo senza finalità economiche. Ad esempio il legname non era ottenuto abbattendo l’albero, ma tagliando i rami in modo che potessero ricacciare nuovamente. Questo approccio di gestione può essere letto nel tratto di bosco denominato “Selva di San Francesco” di proprietà del Sacro Convento. Vi troviamo numerosi alberi ad alto fusto come la roverella, il cerro, varie specie di aceri.
Diversamente i benedettini riconoscevano al lavoro pari dignità con la preghiera e lo studio e facendo voto di stabilità economica, “addomesticavano” la natura guidandola a beneficio della comunità. Queste pratiche trasformarono profondamente il paesaggio forestale intorno alle abbazie dando all’ordine benedettino il ruolo di precursore della selvicoltura nel nostro Paese. Questo approccio di gestione può invece essere letto nel tratto di bosco di proprietà del FAI ed è caratterizzato da un bosco ceduo invecchiato, tagliato cioè l’ultima volta probabilmente circa 50 anni fa e dove quindi le piante hanno tutte più o meno la stessa età. Qui troviamo prevalentemente carpino nero e più a valle roverella e orniello a cui si affiancano oliveti.
L’area dell’intervento di taglio è un bosco costituito prevalentemente da carpino nero (Ostrya carpinifolia) con roverella (Quercus pubescens), aceri (Acer sp.) e orniello (Fraxinus ornus) che abbiamo detto essere un bosco ceduo invecchiato.
Il ceduo è una forma di governo del bosco che sfrutta la capacità delle latifoglie di emettere nuove piante, chiamate polloni a partire da gemme presenti alla base della ceppaia o sul fusto di un albero tagliato.
In quest’area il FAI è intervenuto per mettere in sicurezza il versante molto ripido nell’area del muro di cinta dove sono presenti numerose ceppaie di carpino nero sofferenti, con la gran parte dei polloni di maggiori dimensioni ormai completamente secchi e fortemente inclinati verso valle e dove si sono verificati crolli di numerose roverelle di medio-grandi dimensioni. Le cause del deperimento sono legate a fattori combinati quali la senescenza ed il mutamento climatico che vede in particolare l’aumento delle temperature e la riduzione della disponibilità idrica. Studi recenti su carpini neri e roverelle hanno evidenziato una forte correlazione tra il susseguirsi di annate siccitose e i sintomi riscontrati nell’area.
Il progetto di gestione forestale realizzato parte dal presupposto che mantenere un elevato grado di mescolanza tra le specie vegetali consente di ridurre il rischio di calamità che portano alla perdita delle funzionalità bioecologiche del bosco, dato che i boschi puri, ovvero composti da alberi prevalentemente della stessa specie, sono molto più vulnerabili rispetto a quelli misti.
La presenza di più specie arboree aumenta infatti la fertilità dei suoli, diversifica e valorizza i servizi ecosistemici (l’erogazione di benefici alla società), offre una maggiore variabilità di nicchie ecologiche (ovvero dello spazio e della funzione che la specie occupa in un determinato habitat) per le specie animali e migliora la capacità di resilienza dell’ecosistema fondamentale per il contrasto al cambiamento climatico.
L’obiettivo principale del progetto è di migliorare le condizioni vegetative del bosco agendo sulla capacità di rinnovazione dei polloni di carpino e andando a valorizzare le piante più vigorose di roverella e altre specie.
In questo modo si migliora l’adattamento delle specie vegetali interessate ai cambiamenti climatici favorendo la biodiversità dell’area. A fronte del taglio diminuirà la presenza di carpino nero, specie che soffre maggiormente le mutate condizioni ambientali, riducendo così gli effetti di erosione del versante e velocizzando l’avvicendamento delle specie, come orniello, roverella ed aceri, che meglio si adattano alle attuali condizioni climatiche.
È degno di nota il fatto che si tratta di interventi non destinati a produrre un ritorno economico ma a rafforzare il grado di biodiversità del bosco. In prospettiva il bosco così rigenerato sarà inoltre in grado di sequestrare e stoccare un maggior quantitativo di anidride carbonica, abbassando di conseguenza la carbon foot print della Fondazione.
La porzione di bosco interessata dall’intervento di taglio ceduo si presenta oggi con piante di grandi dimensioni in ottime condizioni di salute che possono garantire cibo e un rifugio per le specie animali che vivono nel bosco. La complessità strutturale dell’ecosistema e la quantità di biomassa presente è inoltre migliorata perché le piante di grandi dimensioni hanno un ruolo fondamentale nel garantire un'abbondante produzione di seme e assicurare quindi, nel lungo periodo, la rinnovazione del bosco.
Il taglio è stato attuato per fasce non troppo ampie, così da ridurre al minimo l’impatto sia sull’aspetto estetico, sia sulla biodiversità. Intervenendo su superfici limitate consente alle specie animali di spostarsi in zone più idonee, l’impatto sul paesaggio risulta inferiore e si riducono altresì i rischi di fenomeni erosivi.
Gli scarti dei tagli effettuati sono stati lasciati a terra così da offrire cibo e rifugio per i piccoli animali (insetti, artropodi, micromammiferi e piccoli uccelli) e arricchire il terreno del bosco con materiale che naturalmente nel tempo si trasformerà in humus.
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