16 dicembre 2022
Casa Macchi a Morazzone è una tipica dimora borghese di provincia, che si è conservata intatta per centocinquanta anni e che Maria Luisa Macchi, unica e ultima proprietaria, ha lasciato per testamento alla Fondazione nel 2015, con una generosa dote necessaria ai restauri e alla gestione, perché divenisse «un museo vivo che dia lustro a Morazzone». Le volontà della donatrice, infatti, hanno ispirato un progetto che è andato oltre il restauro della casa, e che si è realizzato grazie a un accordo di programma firmato nel 2017 da Regione Lombardia – grazie all’allora Presidente Roberto Maroni - che ha finanziato i lavori, con il Comune di Morazzone e il FAI, e a cui in seguito si è aggiunta la Provincia di Varese, volto alla riqualificazione e alla rivitalizzazione del centro storico del paese, che come tanti in Italia soffre oggi un progressivo spopolamento e rischia di perdere, insieme ai suoi abitanti, la sua identità, la sua storia e il suo valore.
Casa Macchi apre regolarmente al pubblico dal 18 dicembre 2022.
Casa Macchi rinasce oggi come nuovo fulcro del paese: aperta sulla piazza centrale, accanto alla Chiesa di S. Ambrogio, sarà un luogo accogliente e vivo, aperto alla piccola comunità di Morazzone (gratuitamente) e visitabile dal pubblico che troverà qui l’occasione unica e imperdibile di entrare in un mondo perduto: una tipica casa di una volta, come non ce ne sono più, che a molti ricorderà la propria storia, ma che per molti – le giovani e le future generazioni – è già Storia. Casa Macchi, infatti, chiusa per quasi cinquant’anni prima dell’arrivo del FAI e prima di allora comunque mai sostanzialmente modificata dalla fine dell’Ottocento, conserva uno spaccato straordinariamente integro e autentico della vita di una tipica famiglia borghese, signorile ma non ricca, dai costumi semplici e tradizionali, operosa nella professione e accurata nella gestione della casa: una famiglia come tante che hanno fatto l’Italia moderna, ma che nessuno racconta, perché non vi è nulla di straordinario nella sua vicenda, e perché appartiene a un passato ancora troppo recente, che tuttavia è già tramontato, con il rapido avvento della modernità che negli ultimi settant’anni ha rivoluzionato la vita, le abitudini e le case degli italiani.
Così come la famiglia, infatti, anche la casa, con il grazioso giardino, il portico e la veranda, non ha nulla di eccezionale - una ventina di stanze con decori semplici, i tipici mobili d’epoca e gli oggetti d’uso quotidiano lasciati esattamente com’erano e dov’erano, e alcuni dei quali sono cose dimenticate o già sconosciute - ma nella sua integrità e completezza - dalla cucina economica allo scaldino da letto, dai bicchieri per il rosolio ai fucili da caccia - è l’eccezionale testimonianza storica di uno stile dell’abitare e di un modo di vivere oggi scomparsi, guidato da regole rigide, dalle convenzioni sociali alle buone abitudini di una volta, ispirate al riuso e al risparmio, che oggi tornano utili e necessarie. Tutto ciò è un patrimonio: raro e curioso, originale e affascinante, culturalmente significativo e profondamente suggestivo, di cui Maria Luisa Macchi ha intuito il valore, consegnandolo al FAI.
Commenta così il Presidente del FAI Marco Magnifico: «Nessuna altra casa, tra le tante che ho avuto la fortuna di prendere per mano moribonde per accompagnarle a nuova vita, ha svelato con tanta virginea delicatezza e con la timidezza dignitosa di chi teme di non meritare l’attenzione altrui i propri segreti, le proprie storie, i propri tesori. Un esempio tra i più virtuosi di quella auspicata, talvolta difficile, in questo caso perfetta collaborazione fra tre enti pubblici – Comune, Provincia, Regione –, un ente privato – il FAI – e una semplice ma visionaria cittadina, che assieme anche a Fondazione Cariplo hanno sognato, collaborato e costruito un grande progetto per l’esclusivo beneficio della collettività».
Casa Macchi apre al pubblico dopo quattro anni di lavori: è stato il più complesso cantiere di restauro diretto dalla Fondazione, che ha coinvolto centinaia di professionisti, dagli strutturisti agli storici. La casa aveva il tetto da rifare, diversi soffitti crollati, umidità sulle pareti, i mobili completamente tarlati e i tessuti logori e strappati. Bisognava mettere mano ovunque, ma lasciare tutto com’era, per non cancellare l’autenticità di un contesto integro, in cui stanno il valore culturale, e anche il fascino, di questo luogo. Tutto è stato conservato: restaurato, o talvolta solo pulito. Sono stati conservati le macchie sui soffitti e le crepe nelle pareti, le mancanze, le rotture o gli strappi negli arredi e nei tessuti, i vecchi rubinetti e gli interruttori in porcellana, e perfino i segni della polvere impressi dai centrini di pizzo. Nulla è cambiato, ma il cantiere ha interessato ogni singola cosa, dal giardino al soprammobile: perché ogni singola cosa, unita alle altre, fa Casa Macchi.
Il tetto è stato completamente rifatto, così come gli impianti, idraulico ed elettrico, per l’adeguamento degli spazi alla fruizione del pubblico, nella nuova funzione di casa-museo. Quattrocento metri quadri di soffitti sono stati ricostruiti, duecento serramenti recuperati, mille e cinquecento medoni in cotto sono stati sollevati, per isolare i pavimenti, e riposizionati esattamente dov’erano; dove è stato necessario integrare o ricostruire, sono stati scelti materiali di recupero, dai coppi ai materassi, dalle mattonelle ai caloriferi, per un restauro nel pieno spirito del luogo, ma anche attento alla sostenibilità contemporanea.
Oltre duemila pezzi, tra mobili e oggetti, sono stati catalogati, di cui trecento documenti, digitalizzati e studiati, dalle lettere alle cartoline, dalle pagelle scolastiche all’inventario del corredo. Tutto è stato fotografato in ogni fase e ripreso in ore e ore di video girati che documentano lo stato originario della casa, ma anche il lavoro fatto: originale e sofisticato, minuzioso e delicatissimo, altamente professionale e sinceramente affettuoso.
L’ingresso a Casa Macchi avviene da un negozio aperto in Piazza S. Ambrogio, inaugurato lo scorso dicembre, che è stato realizzato dal FAI, grazie a Fondazione Cariplo, dov’era una bottega storica di pertinenza della casa, che aveva chiuso quarant’anni fa come i tanti negozi che ancora alla metà del Novecento animavano la vita del paese. L’Emporio di Casa Macchi oggi vende generi vari a servizio della comunità, dai cereali alle caramelle, dai saponi sfusi ai libri di seconda mano, in nome di un’etica contemporanea che rievoca le buone abitudini di un tempo.
La visita alla casa e al giardino è libera, introdotta da un video racconto con proiezioni immersive che si svolge nella vecchia scuderia, affidato alla voce di Lella Costa. Una serie di podcast gratuiti accompagna la visita, realizzati dai professionisti del FAI che hanno curato i lavori e dagli studenti del Corso di Storia e storie del mondo contemporaneo (Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate) dell’Università dell’Insubria con cui la Fondazione ha stretto un accordo per la valorizzazione di Casa Macchi finanziando anche due borse di studio per la ricerca grazie al sostegno di Fondazione Cariplo. Saranno organizzate anche visite guidate di approfondimento sulla storia della casa, per scoprirne le curiosità ancora nascoste negli armadi e nei cassetti, e con intermezzi in dialetto varesotto.
«Con l’inaugurazione di Casa Macchi e delle opere di riqualificazione urbana attuate dal Comune di Morazzone, prima tappa di un rapporto con il FAI che mi auguro lungo fruttuoso, inizia un originale percorso di rivitalizzazione del tessuto urbano, sociale ed economico del nostro piccolo borgo in cui si trova profondamente coinvolta l’intera comunità morazzonese», conclude il Sindaco di Morazzone Maurizio Mazzucchelli.
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