Alla Cop15 di Montréal l’intesa per fermare la perdita di biodiversità

Alla Cop15 di Montréal l’intesa per fermare la perdita di biodiversità

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Alla Cop15 di Montréal l’intesa per fermare la perdita di biodiversità
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20 dicembre 2022

Alle 3.30 del mattino del 19 dicembre si è chiusa a Montréal la COP15, la quindicesima conferenza delle Parti sulla Diversità Biologica. Dopo due settimane di intensi negoziati e numerosi meeting tenutisi nel corso degli ultimi due anni, un accordo è stato finalmente raggiunto.

I 196 Paesi firmatari della Convenzione sulla diversità biologica – tra cui mancano gli Stati Uniti – hanno firmato il nuovo “Quadro Globale per la Biodiversità Kunming-Montreal" (GBF), un documento che delinea 4 macro obiettivi e 23 target specifici per invertire e fermare il declino della biodiversità da qui al 2030. L'accordo può essere considerato ambizioso, date le numerose incertezze con cui erano iniziati i lavori, e certamente rappresenta una svolta significativa per la biodiversità, che non è mai stata così rilevante come questione economica e politica a livello globale.

«Stabilendo un nuovo e ambizioso approccio globale alla protezione e al ripristino della biodiversità, i governi hanno inviato un forte segnale alle imprese e alle istituzioni finanziarie, per il quale il modo in cui funziona l'economia dovrà cambiare», ha dichiarato Eliot Whittington, Director of Policy al Cambridge Institute for Sustainability Leadership (CISL).

«Le parti hanno stabilito obiettivi numerici specifici per ripristinare habitat degradati e ampliare le aree protette, tagliare le sovvenzioni dannose per l'ambiente e aumentare le risorse finanziarie per la tutela della biodiversità, ma la chiave starà nell'attuazione: i governi devono mettersi alla prova e stabilire esattamente come raggiungeranno questi obiettivi».

Guarda il commento del giornalista Emanuele Bompan

Proteggere il 30% di aree terrestri e marine

Come detto, il Quadro Globale per la Biodiversità Kunming-Montreal consta di 23 targets. Di significativa importanza sono gli obiettivi per ridurre le minacce dirette verso la biodiversità. I negoziatori hanno concordato il traguardo di garantire che entro il 2030 almeno il 30% delle aree degradate terrestri e delle acque interne e marine vengano ripristinate. Ma anche di mantenere e migliorare i contributi della natura alle persone - i cosiddetti servizi ecosistemici - come la regolazione dell'aria, dell'acqua e del clima, la salute del suolo, l'impollinazione e la riduzione del rischio di malattie legate alla perdita di biodiversità. Questo vorrà dire frenare la deforestazione, la frammentazione degli habitat, il consumo di suolo e la cementificazione di aree naturali, e, di conseguenza, sviluppare soluzioni basate sulla natura.

Di grande rilevanza mediatica è stato anche l’obiettivo chiamato 30x30, secondo il quale i governi firmatari si dovranno impegnare a conservare entro il 2030 il 30% delle proprie aree terrestri e marine, principalmente “attraverso sistemi regolamentati di aree protette”. All’interno di queste nuove aree, i governi saranno finalmente chiamati a riconoscere e rispettare i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali. Se da una parte questo obiettivo ha quindi accolto favorevolmente le richieste delle comunità indigene di essere rappresentate e rispettate nei loro territori, dall’altro ha deluso alcuni gruppi di scienziati e alcune organizzazioni ambientaliste internazionali che chiedevano un traguardo più ambizioso di conservazione, pari al 50% della superficie del pianeta.

Riduzione dei rischi legati all’inquinamento

Un calo di ambizione si è invece riscontrato nel target relativo alla riduzione dei rischi sulla biodiversità legati all’inquinamento. Se nel testo iniziale del Global Biodiversity Framework si parlava di “ridurre almeno della metà i nutrienti dispersi nell'ambiente e di almeno due terzi i pesticidi”, eliminando anche i rifiuti di plastica, nel testo attuale si parla invece di ridurre almeno della metà “il rischio complessivo derivante dai pesticidi” (si badi, il rischio, non l’uso diretto di pesticidi). Durante i negoziati una forte opposizione verso un obiettivo più ambizioso è stata guidata dall’India, preoccupata della sua sicurezza alimentare nazionale. Ma, per quanto nel breve periodo l’uso di fitofarmaci possa sembrare favorevole, nel lungo porta al degrado dei suoli, alla contaminazione delle acque e alla perdita di molte specie di impollinatori (il cui ruolo è fondamentale per la sicurezza alimentare del pianeta), ritorcendosi così sia contro l’ambiente che contro l’umanità.

Ridurre i sussidi dannosi per la biodiversità

A COP 15 si è poi stabilito il traguardo di ridurre i sussidi dannosi per la biodiversità di almeno 500 miliardi di dollari americani all'anno entro il 2030. I sussidi dannosi per l'ambiente sono aiuti governativi rivolti a una gamma di settori, tra cui agricoltura, pesca, silvicoltura, estrazione di combustibili fossili che danneggiano le risorse naturali e degradano gli ecosistemi. Questi sussidi esistono in varie forme, dai pagamenti in contanti alla fornitura di credito, dai limiti di responsabilità, alle agevolazioni fiscali speciali o alle esenzioni normative.

Una ricerca del Fondo Monetario Internazionale ha però rivelato che nel 2020 i sussidi rivolti ai solo combustibili fossili sono stati di 5,9 trilioni di dollari, il 6,8% del PIL globale. Rimane quindi ancora molto lavoro da fare per azzerare questi sussidi, ma la proposta del Global Biodiversity Framework rappresenta certamente un piccolo inizio.

Oltre che porre pressione sui governi, l’accordo si focalizza anche sul mondo delle imprese, fortemente presenti alla conferenza di Montréal. Per quanto non sia stato stabilito nulla di obbligatorio, il documento chiede alle aziende private di “monitorare, valutare e divulgare regolarmente i rischi, le dipendenze e gli impatti sulla biodiversità” delle loro attività, così che si possa avere un quadro ancora più preciso sui danni arrecati all’ambiente e su come contrastarli.

La mobilitazione delle risorse finanziarie

In quanto a risorse economiche, una questione che ha preso molto tempo all’interno dell’aula negoziale è stata proprio la mobilitazione delle risorse finanziare. Fino all’ultimo molti paesi del Sud Globale sono rimasti insoddisfatti dei soldi messi sul tavolo dai paesi più sviluppati per gli aiuti internazionali e per la modalità attraverso cui questi soldi verranno messi a disposizione. I negoziatori sono alla fine giunti all’accordo di mobilitare entro il 2030 almeno 200 miliardi di dollari statunitensi all'anno per strategie e piani di salvaguardia della biodiversità, con la tesi che queste risorse dovranno essere facilmente accessibili e provenienti sia da fonti pubbliche che private. Di queste risorse fanno parte i 20 miliardi di dollari all'anno entro il 2025 e i 30 miliardi all'anno entro il 2030 che i paesi del Nord globale forniranno ai paesi in via di sviluppo e ai piccoli stati insulari attraverso un nuovo Fondo per la Biodiversità, che dovrà essere preparato per il prossimo anno all’interno del Global Environmental Fund (GEF).

La responsabilità dei governi

Sebbene l'accordo Montreal-Kunming non sia legalmente vincolante, i governi avranno il compito di mostrare i loro progressi nel raggiungimento degli obiettivi con piani nazionali sulla biodiversità. La loro efficacia e l’attuazione del quadro richiederà una sempre maggiore responsabilità e trasparenza.

«L'accordo rappresenta un'importante pietra miliare per la conservazione del nostro mondo naturale, ma il suo raggiungimento può essere minato dalla lenta attuazione e dalla mancata mobilitazione delle risorse promesse», ha dichiarato Marco Lambertini, direttore generale di WWF International

«Ora dobbiamo vedere l'immediata attuazione di questo accordo, senza scuse, senza ritardi. La natura e tutti noi, che facciamo affidamento su di essa per il nostro sostentamento, le nostre economie e il nostro benessere, abbiamo aspettato abbastanza a lungo. Ora è tempo che la natura torni a prosperare. I governi hanno scelto il lato giusto della storia a Montréal, ma la storia ci giudicherà se non manterremo la promessa fatta oggi».

L'accordo Montreal-Kunming è una spinta importante per andare oltre gli anni di indifferenza verso la questione ambientale, invertire il paradigma business as usual e frenare la distruzione ambientale. Ma, a documento firmato, il vero lavoro per garantire la salvaguardia della biodiversità e la sicurezza umana inizia ora.

Valeria Pagani

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