Zone umide, un ecosistema fondamentale. L’esempio delle Saline Conti Vecchi

Zone umide, un ecosistema fondamentale. L’esempio delle Saline Conti Vecchi

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Zone umide, un ecosistema fondamentale. L’esempio delle Saline Conti Vecchi
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07 settembre 2023

Vania Statzu, economista ambientale e Vicepresidente di MEDSEA Foundation, ci spiega l’importanza delle zone umide, portando come esempio lo Stagno di Santa Gilla nel territorio di Assemini (CA).

L’area delle Saline Conti Vecchi a pochi chilometri da Cagliari è un’area umida che, oltre a svolgere una moltitudine di funzioni ecologiche ed essere un habitat ricco di biodiversità, ha permesso alla popolazione lo sviluppo di attività economiche e artigianali compatibili con l’ambiente: tra queste la produzione del sale.

Dottoressa Statzu, all’interno di quale contesto ambientale si inseriscono le saline Conti Vecchi di Assemini?

Le Saline Conti Vecchi sono situate all'interno di un’area conosciuta come Stagno di Santa Gilla. Questa è una zona umida protetta dalla Convenzione di Ramsar, ma è anche una area ZPS – Zona di Protezione Speciale – regolamentata dalla direttiva Habitat e Uccelli. L’area di Santa Gilla è sempre stata vissuta e anche oggi si trova in un contesto fortemente antropizzato: ci sono alcune strade, un porto canale e, appunto, le saline. Le Saline Conti Vecchi sono state costruite all'inizio del secolo scorso, quando in Sardegna era ancora diffusa la malaria. In quel periodo si era quindi cercato di debellare questa criticità attraverso interventi differenti. Nell'oristanese, per esempio, un'enorme area era stata bonificata con l’obiettivo di creare una zona agricola e un sistema di regimazione dei fiumi che causavano notevoli danni per via delle alluvioni. A sud, invece, l'ingegner Conti Vecchi decise di fare un’operazione diversa: non di bonificare la zona umida, ma di gestirla in modo da ridurre la presenza della zanzara anofele. L'idea era anche quella di associare un'attività economica che potesse portare posti di lavoro e benessere: nacque così la salina.

Ancora oggi questa è un'area che vede la coesistenza di attività artigianali e “industriali” insieme a un alto numero di specie, soprattutto di uccelli.
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Quali specie animali e vegetali sono presenti all’interno di un’area umida? E in quella di Santa Gilla in particolare?

Le zone umide sono caratterizzate da una elevata presenza di avifauna, quindi di uccelli. La specie più diffusa sono i fenicotteri, ma anche i cavalieri d’Italia, l'occhione, gli uccelli limicoli, ovvero quegli uccelli dal becco e le zampe sottili, che hanno l’abitudine di vivere in luoghi fangosi e paludosi. A Santa Gilla è inoltre comune vedere i germani, quindi specie di anatidi, ma anche le gru, gli aironi, le garzette e i gufi di palude. Per quanto riguarda la vegetazione ci sono due tipologie prevalenti: dove prevale l'acqua più dolce si trova il canneto, che è anche l’habitat in cui nidifica il pollo sultano; mentre dove prevale l'acqua salmastra si trova la salicornia, quella che oggi viene commercializzato come asparago di mare.

Illustrazione di Nadezda Kuzilenkiva

Come si fa a conciliare la gestione di un'area produttiva – la salina – con la conservazione e la tutela della flora e della fauna?

La salina non ha un impatto tale da creare dei problemi alla coesistenza di specie animali. La coltivazione del sale, tecnicamente, richiede la costruzione di una serie di vasche, riempite con acqua di mare. In queste vasche, l’evaporazione dell’acqua si verifica grazie all'irraggiamento solare e provoca la precipitazione del sale. Le saline sono quindi un'attività ecocompatibile e, in quanto ambienti “artificiali”, sono pienamente integrati con quelli naturali.

Inoltre la loro “evoluzione” è strettamente legata al clima: basti pensare che se piove troppo o troppo poco, il ciclo di produzione del sale viene alterato.

Il fratino e la pavoncella

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Illustrazioni di Nadezda Kuzilenkiva

Quali funzioni ecologiche, ma anche economiche e culturali, può svolgere una zona umida?

La zona umida è un ecosistema di fondamentale importanza perché fornisce quelli che oggi definiamo servizi ecosistemici, cioè quei benefici che un ecosistema sano apporta alle popolazioni.

Queste aree permettono, ad esempio, l’approvvigionamento di cibo: nello stagno di Santa Gilla si raccoglie la salicornia, si pescano pesci, come i muggini, ma anche molluschi e granchi. Dalle uova dei muggini si produce poi la bottarga, prodotto identitario della Sardegna e commercializzato in tutto il mondo. In passato veniva pescata anche l’anguilla – una specie oggi a rischio di estinzione – con la quale veniva preparata “sa panada”, piatto tipico di Assemini, una torta di crosta di pane riempita, appunto, di anguille. Oltre all'approvvigionamento di cibo, l’area umida offre anche servizi ecosistemici di tipo culturale e la possibilità di sviluppare attività economiche. Ad esempio, per muoversi nelle acque basse degli stagni, la popolazione locale costruiva piccole barche usando le canne, barche che avevano uno scafo poco profondo, quasi piatto. Poi le erbe palustri, come i giunchi, venivano utilizzate per l’arte dell’intreccio, una tradizione tipica sarda che vede la realizzazione di canestri e cestini. Le aree umide forniscono anche l'acqua dolce, che può essere usata per irrigare i campi e coltivare. La zona umida è stato quindi un ecosistema capace di plasmare la storia e la cultura delle popolazioni che vivevano e vivono nelle sue vicinanze.

Salicornia, obbione ed eucalipto

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Illustrazioni di Nadezda Kuzilenkiva

Quali sono le maggiori pressioni a cui oggi sono soggette le aree umide?

Sicuramente nel secolo scorso la bonifica, la frammentazione e l’urbanizzazione di queste aree sono state le pressioni maggiori, che però, in alcuni casi, non hanno fatto perdere alla zona la sua funzionalità ecologica. Oggi, invece, il grosso problema è il cambiamento climatico. Lunghi periodi di siccità stanno portando all’aumento eccessivo della salinità, ma anche a mancanza di ossigeno ed eccesso di nutrienti, quindi a fenomeni definiti di anossia ed eutrofizzazione. Stagni o lagune, infatti, non hanno acque profonde, i raggi del sole penetrano fino ai fondali e favoriscono la crescita delle alghe, che a loro volta limitano lo scambio gassoso con l’atmosfera rendendo inospitale quell’habitat per molte forme di vita. A Santa Gilla lo stagno è piuttosto ampio, quindi questo fenomeno non è ancora troppo evidente. Ma anche qui il mantenimento dell’apporto minimo vitale di acqua è un problema che sicuramente si presenterà in futuro. Dall'altro lato, i cambiamenti climatici stanno provocando anche il problema opposto, ovvero l’eccesso di acqua dolce dovuto alle precipitazioni intense e agli eventi estremi. Le piogge intense trasportano infatti fango, detriti e rifiuti fino al mare – e quindi alle zone umide – alterandone anche in questo caso la salinità, la qualità delle acque e determinando la moria di pesci e molluschi. E una minaccia ancora più subdola sono le microplastiche presenti nell'acqua di mare: microplastiche che entrano in tutta la catena alimentare, arrivando fino a noi.

Come possono essere valorizzate al meglio le Saline Conti Vecchi? E cosa può fare il FAI?

Prima dell'arrivo del FAI le Saline Conti Vecchi erano un sito prettamente industriale, di lavorazione e trasformazione del sale. Non c'era la possibilità per il cittadino o per il turista di poterla visitare, né di poterne conoscere la storia. Oggi invece si sta iniziando a capire che le saline possono essere delle vere e proprie mete turistiche, soprattutto per chi cerca la possibilità di vivere un’esperienza nella natura, facendo bird watching o andando a passeggiare tra la vegetazione acquatica e palustre. Le zone umide danno anche la possibilità di diversificare l’offerta turistica durante tutto l’anno e non solo in estate: il momento migliore per visitarle è infatti tra febbraio, marzo e aprile, i mesi in cui cominciano ad arrivare tutti quegli uccelli che nidificano in questi preziosi ecosistemi.

Credo che il FAI stia già facendo un ottimo lavoro: grazie alla sua gestione dà un esempio concreto di buone pratiche, che permettono di capire come si può tutelare un patrimonio non solo ambientale, ma anche storico ed economico.

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