27 ottobre 2023
Il suolo è una risorsa molto complessa che fornisce una serie di servizi ecosistemici: quello più conosciuto, perché tradizionalmente più sfruttato, è la sua capacità di sostenere le colture. Si stima infatti che quasi il 95% della produzione alimentare globale dipenda da suoli fertili. Questi svolgono poi altre funzioni essenziali per la nostra sopravvivenza: filtrano le acque trattenendo le sostanze inquinanti e ci permettono di avere acqua potabile; ma fungono anche da regolatori del clima, un servizio venuto più di recente all'attenzione del pubblico e della comunità scientifica. Sono infatti il secondo più grande serbatoio di carbonio organico sul pianeta dopo gli oceani. Ma non finisce qui: oltre a queste funzioni – produttiva, regolatrice e protettiva – i suoli sono un comparto vivo, ricchissimo di biodiversità, per la maggior parte ancora sconosciuta. Da un punto di vista scientifico, infatti, molte delle specie presenti nei suoli non sono state ancora classificate né identificate.
Ma proprio questa vita, questa biodiversità, è quella che permette la produttività del suolo, la sua fertilità, la funzione di regolazione del clima e dell’acqua.
Ed infine non dimentichiamo che, oltre alla classica funzione insediativa che permette di ospitare edifici e infrastrutture, i suoli hanno anche una funzione molto importante da un punto di vista culturale, in quanto sono un archivio della storia dell’uomo e dunque del nostro passato.
Il concetto di salute del suolo è relativamente recente. Fino a qualche anno fa si parlava soprattutto di qualità dei suoli, in analogia con la qualità dell’acqua e dell'aria. Ma se per aria e acqua fissare dei criteri di qualità può risultare relativamente semplice – in quanto sono compartimenti ambientali omogenei – la stessa operazione risulta molto più complessa per i suoli, dato che questi sono altamente diversi e le loro proprietà chimico, fisiche e biologiche possono variare anche a distanza di pochi metri. Ad esempio, certi suoli della Scandinavia possono essere naturalmente acidi e sani, mentre nell’area mediterranea un suolo acido risulterebbe come non in salute. Dunque la salute di questa risorsa è qualcosa che va valutata a scala locale. Per quanto riguarda i fattori che lo minacciano e ne mettono a rischio l’integrità, faccio l'esempio della contaminazione: un suolo in cui sono state introdotte sostanze chimiche di origine antropica come pesticidi, residui industriali o addirittura si sono avute ricadute radioattive, è un suolo “malato”, in cattive condizioni di salute. Altrettanto per i suoli coperti da cemento e quelli impermeabilizzati. A causa di queste attività antropiche i suoli perdono la loro fertilità, la loro capacità produttiva e regolatrice. Ad esempio, l’espansione delle superfici edificate in Pianura padana consuma i suoli più fertili della nostra Penisola, così come la guerra sta degradando i suoli più produttivi d’Europa, quella ucraini, i cui prodotti nutrono una parte consistente della popolazione del mondo.
Degradare i suoli vuol quindi dire mettere a rischio anche la nostra sicurezza alimentare.
I cambiamenti climatici stanno comportando un aumento della siccità in molte aree della Terra, tra cui l’area mediterranea e l’Italia stessa, che già sono considerate a rischio di desertificazione.
La desertificazione è la conseguenza più grave e irreversibile della carenza di precipitazioni, che compromette la fertilità del suolo e la sua capacità di produrre risorse e fornire servizi ecosistemici.
Questa è però un processo molto complesso che annovera tra le sue cause anche le pratiche di gestione insostenibili di un territorio, quindi fenomeni legati alle attività umane. In questo caso possiamo parlare anche di degradazione di un suolo. Ma, oltre che per effetto della cementificazione e della contaminazione, il degrado può essere causato da eventi metereologici estremi: le piogge che cadono violente e i forti venti provocano fenomeni erosivi molto gravi trasportando via i primi strati di terreno e innescando anche frane e smottamenti.
Restaurare o recuperare suoli degradati è un processo costosissimo, molto complesso e difficoltoso. Per questo motivo consideriamo i suoli come una risorsa non rinnovabile, che va quindi gestita in modo sostenibile.
Per fare questo bisogna chiamare in gioco gli agricoltori, tra i più grandi utilizzatori dei suoli. Si può dire che negli ultimi anni l'agricoltura ha fatto passi da gigante verso la sostenibilità e verso una gestione più accurata del territorio, anche perché è nell'interesse degli agricoltori stessi mantenere in salute la loro base produttiva. Si è vista quindi la diffusione di pratiche come l’agricoltura biologica, conservativa, rigenerativa e l’agroecologia. Ma i principali problemi per i suoli rimangono l’urbanizzazione sfrenata, l’industrializzazione e la contaminazione: in Europa si stima ci siano circa 3 milioni di siti contaminati che ancora oggi non sono stati bonificati né recuperati. Per contrastare questo fenomeno, la Commissione europea ha recentemente stilato la proposta di una Direttiva per il monitoraggio e la resilienza del suolo (Soil Monitoring Law). Al suo interno si propone agli Stati Membri di istituire dei “Soil Health Districts”, dei distretti di salute del suolo, in cui gli attori locali – dai comuni, alle associazioni di agricoltori e di consumatori – saranno coinvolti per recuperare dati e trovare strategie comuni per fermare il degrado e proteggere la “terra” che ci nutre.