Il regolamento dell’Unione Europea Nature Restoration Law (Legge sul Restauro della natura) è ora direttamente applicabile in tutti i 27 Stati, anche quelli che in sede di voto si sono espressi contrariamente, Italia inclusa.

Si tratta di uno strumento normativo molto potente per la tutela della biodiversità italiana, dato che prevede la realizzazione di piani nazionali, monitorati dall’UE, per raggiungere gli obiettivi di ripristino, strumento utile anche per restaurare quegli ecosistemi che maggiormente catturano e immagazzinano carbonio, mitigando così l’impatto del riscaldamento globale.

A fronte di un concetto semplice e apparentemente “universale” (dobbiamo recuperare gli ecosistemi che nel tempo abbiamo degradato), il dibattito è stato largamente divisivo e ha portato a un testo finale ampiamente emendato al ribasso, soprattutto rispetto all’impatto generato dal mondo agricolo sulla biodiversità.

Ciò premesso, oggi l’UE e l’Italia hanno l’obbligo di ripristinare entro il 2030 almeno il 30% degli habitat individuati dalla legge (zone umide, fiumi e laghi, foreste e praterie) arrivando al 90% entro il 2050. Non solo ripristino, ma anche monitoraggio per evitare che queste aree una volta ripristinate non si deteriorino di nuovo.

A questo punto, la parola passa ai singoli Stati, che devono impostare il piano di attuazione nazionale in cui indicare gli obiettivi e le modalità di intervento non più solo per proteggere genericamente l’ambiente, ma per restaurare specifici ecosistemi.

Il FAI, con la sua campagna #FAIBiodiversità continuerà a seguire questa tematica e a tenervi informati sugli sviluppi.

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