14 settembre 2023
Gianluca Congi, vicepresidente della Società Ornitologica Italiana e coordinatore del Gruppo Locale di Conservazione LIPU – SILA, ci racconta le specie di flora e fauna caratteristiche del Parco Nazionale della Sila, focalizzando l’attenzione sulle vaste foreste di pini larici – la specie maggiormente presente anche nella Riserva dei Giganti – e sul ruolo del picchio all’interno di questo magnifico ecosistema.
Il Parco nazionale della Sila nasce dalle ceneri del Parco Nazionale della Calabria, uno dei cinque parchi storici d'Italia. Questo parco – situato nel cuore del Mediterraneo, all'estremo limite meridionale dell'Appennino italiano – è composto da estese foreste di pini larici calabresi, una pianta che copre decine di migliaia di ettari sia in boschi puri sia in boschi misti, coesistendo con il faggio alle altitudini più elevate e con il cerro nelle aree meno in quota. È un parco che vanta una grande ricchezza di acque: presenta infatti un’estesa rete idrografica, tra cui due dei tre laghi più grandi della Sila. Inoltre, il piccolo lago di Ariamacina, è anche una zona speciale di conservazione (ZSC) ai sensi della direttiva Habitat e zona di protezione speciale (ZPS) ai sensi della direttiva Uccelli.
Il parco della Sila, oltre al caratterizzante elemento forestale, presenta anche ambienti aperti, importanti per determinate specie di fauna, che trovano qui una fonte di foraggiamento. Penso al capriolo, al cervo, ma anche al lupo, il predatore per eccellenza dell'altopiano della Sila. Naturalmente sono moltissime altre le specie che popolano il parco: ad esempio la lontra, che negli ultimi anni si è reinsediata in numerosi corsi d'acqua della Calabria, ma anche lo scoiattolo nero meridionale, una specie endemica dell'Appennino lucano e calabrese. Fino a non molto tempo fa si riteneva che questo scoiattolo fosse una sottospecie dello scoiattolo comune, invece studi recenti hanno chiarito che si tratta di una vera e propria specie endemica. Per quanto riguarda l’ornitofauna, gli uccelli, il parco della Sila è popolato da una moltitudine di specie, tra cui molto frequenti sono i picchi.
Nel Parco Nazionale della Sila vivono ben sei specie di picchi, ovvero il picchio nero, il picchio verde, il picchio rosso maggiore, il rosso mezzano, il minore e il torcicollo. Il picchio riveste un ruolo ecologico molto importante in quanto è una specie ombrello.
Le specie ombrello sono quelle la cui conservazione attiva comporta indirettamente la conservazione di altre specie presenti nell’habitat.
In sostanza, proteggendo i picchi proteggiamo anche l'intero ecosistema che li ospita. La loro capacità di estrarre il legno morto dagli alberi per la ricerca di prede – che sono prevalentemente larve e insetti – crea nelle piante delle cavità utili per crescere la loro prole, ma consente anche ad altre specie, come altri uccelli e piccoli mammiferi, di utilizzare le cavità come tana. Nutrendosi di insetti, poi, i picchi contribuiscono al controllo delle specie dannose per gli alberi. Attraverso la tutela di specie ombrello, quindi, non si va solo a tutelare quella stessa specie, ma anche un intero patrimonio di biodiversità: dagli animali che vivono in quella porzione di bosco, all'albero stesso e a una serie di altri elementi della flora e della fauna.
All’interno del Parco della Sila il Gruppo Locale di Conservazione Lipu, di cui sono coordinatore, ha un protocollo d'intesa con l'Ente Parco Nazionale: noi studiamo, monitoriamo e cerchiamo di proteggere quegli ambienti dove sono presenti le specie di picchi, soprattutto il picchio nero e rosso mezzano. Queste specie amano le foreste ben conservate che presentano un ricco sottobosco e un abbondante necromassa, cioè gli alberi morti sia a terra che ancora in piedi. La gestione forestale deve infatti intervenire seguendo criteri naturalistici: ad esempio la necromassa, tutelata anche da norme regionali, garantisce la presenza di numerosi microhabitat necessari a molte specie, che qui possono trovare rifugio e nutrimento. Basti pensare ai numerosi organismi saproxilici (che dipendono dal legno morto), ai funghi, ai piccoli mammiferi e agli uccelli, tra cui appunto i picchi. Questo fa capire che una gestione forestale in chiave ecologica, che mantenga tutte le componenti dell’ecosistema, può rappresentare un grande valore per la biodiversità. In questi luoghi un eventuale intervento umano può infatti rappresentare un rischio, che mette a repentaglio l’equilibrio trovato dalla natura.
Nella Sila una delle maggiori minacce è costituita dalla processionaria del pino, un lepidottero defogliatore che si nutre degli aghi di pino. La sua azione provoca un grave indebolimento delle piante, che in tal modi si trovano più esposte all'attacco di parassiti secondari e al rischio di morte. Negli ultimi anni la presenza della processionaria è stata favorita dai cambiamenti climatici: oggi la si trova anche in alta quota, a 1700 metri, dove non era mai arrivata in precedenza. I cambiamenti climatici hanno però favorito la presenza del gruccione, un uccello migratore dai colori variopinti. Questo uccello nidifica alle quote più alte in Italia, formando coppie stabili, ma la sua presenza qui è stata attestata solo negli ultimi anni, facendo pensare che sia stato appunto favorito dai cambiamenti climatici. In autunno questo bellissimo volatile migra verso l'Africa per poi fare ritorno nel Mediterraneo in primavera. Durante i miei studi sul campo ho scoperto che questo uccello preda le processionarie allo stadio adulto, agendo in piccola parte come antagonista di questi lepidotteri.
Uccelli ed insetti possono quindi essere indicatori dell’ambiente che cambia.
Grazie all’osservazione di specie che spariscono o di specie che invece si instaurano in un determinato habitat dove prima non erano presenti, possiamo capire quanto il nostro impatto sul clima stia modificando non solo gli ecosistemi, ma anche le abitudini degli animali.
Il FAI svolge un ruolo importante perché gestisce Beni di grandissimo pregio: in questo caso un Bene naturale come un bosco ultracentenario, testimonianza di quella che era un tempo la Sila. Storicamente la Sila è stata depredata delle sue ricchezze migliori – gli alberi – prima dai romani per la costruzione di navi, poi nel periodo bellico e post bellico, per lasciare spazio all’agricoltura. Il FAI gestisce quindi sia un pezzo di storia che un pezzo di natura. Questo è molto importante, non solo per la tutela e conservazione di specie – perché nella riserva dei Giganti della Sila nidificano molte specie di uccelli – ma anche per la conservazione della memoria. La foresta dei Giganti della Sila è infatti un luogo magico, dalla cui bellezza sia adulti che bambini restano affascianti. Il lavoro svolto può essere visto come la corretta gestione di un Bene, anche in funzione di propositi di educazione e divulgazione. Grazie al lavoro di tutela, il FAI promuove la conoscenza di questi luoghi e dà la possibilità a tutti di fruirne: perché è giusto che le persone tocchino con mano e vedano con i propri occhi la bellezza e la ricchezza che ci circonda.