23 gennaio 2024
Centinaia di voci, ognuna da un luogo diverso: spesso sconosciuto, a volte dimenticato.
Per mesi le abbiamo ascoltate raccontarci di borghi abbarbicati a valli scoscese o aggrappati a rupi scavate nel tufo, di terre ventose e impervie plasmate dalla roccia vulcanica; di antiche serre di agrumi, antiche abbazie teatro di cruenti eccidi, chiese affacciate sul mare tra carrubi ed eucalipti centenari.
Narrate, gente, la vostra terra ha richiamato memorie, ricordi e pensieri vocali da ogni parte d’Italia. Sceglierne tre fra centinaia è un atto di pura formalità: ogni vocale ricevuto, ogni messaggio intimo e personale, va a comporre una mappa dell’Italia nuova, un racconto corale di luoghi che entrano nella nostra storia e attraverso le nostre migliaia di piccole storie in quella più grande del nostro Paese.
La sua voce ci accompagna nei fitti boschi dell’appennino toscano, poco lontano dal Valico della Consuma, tra il Casentino e la Val di Sieve. Come un narratore in cammino Cribari porta con sé gli ascoltatori là dove una piccola chiesa costruita lungo una mulattiera percorsa dai pellegrini sin dal XIII secolo è oggi ricoperta dai rovi, in stato di abbandono: è la Madonna dei Fossi, dove si racconta che San Francesco compì il miracolo dell’acqua.
“Ci sto arrivando a piedi, nel mio luogo del cuore”, racconta Cribari con i suoni della natura e il cinguettio degli uccelli in sottofondo, “come ci sono arrivate per secoli centinaia di migliaia di pellegrini per raggiungere Roma o addirittura Gerusalemme”.
Un racconto coinvolgente e maturo nella scrittura che trasporta gli ascoltatori tra i rovi, le querce e il bosco “a tratti inespugnabile” che imprigionano le macerie in una “terra stuprata dall’incuria”: “Sono quasi arrivato. Siamo in uno di quei luoghi che vengono definiti lontani. Oggi è tutto lontano”. Il passo di Cribari allora si fa più veloce, il cammino è finito. Ora sembra quasi di toccarle queste pietre della chiesa dimenticata da tutto e da tutti:
“Vengo qui quasi ogni giorno: mi siedo sopra un masso e ascolto. Certe volte credo quasi di pregare, sperando. Ascolto e mi sembra sia tutto, ora".
La voce può aiutarci a prenderci cura dei racconti e anche dei luoghi: suo è il potere di tramandare di generazione in generazione uno spazio diventato luogo, un angolo di mondo in cui ci si sente a casa.
Ed ecco che al secondo posto troviamo il Borgo di Calamecca raccontato da Mariano Contrucci e dalla piccola Giorgia Coletti. Il nonno racconta alla nipote del ritorno nel suo luogo del cuore, il borgo natìo, a bordo di un taxi lungo una strada non ancora asfaltata. Lì, dopo anni a Parigi, tornò a sorseggiare l’acqua della fonte tanto amata. Lì, con quel sapore tra le labbra, si sentì di nuovo a casa. A loro il merito di aver dato vita a uno scambio generazionale, una tenera chiacchierata senza tempo:
“Nonno, mi racconti il tuo ritorno a Calamecca dopo tanti anni da emigrato in Francia?”.
Ed è un ritorno anche quello di Grazia Basile, la terza premiata per il suo racconto del Borgo di Agira, in provincia di Enna:
“Torno quest’estate nello smarrito paese dei miei genitori, nel centro della Sicilia remota e montagnosa”.
Qui Basile delinea il ritratto di una terra lontana nel tempo ma ancora viva, disseminata di storie, particolari e angoli che entrano nel mito. Nessuno escluso, nessuno lasciato al caso. Un racconto coinvolgente e dolce che racchiude il senso del nóstos, il ritorno, e quindi della “nostalgia”.
Non potevamo però fermarci qui. Due menzioni speciali vanno a Riccardo Caravello e la sua Terravecchia in provincia di Ragusa e Lucia Di Pompeo con il suo Palazzo Cesi ad Acquasparta.
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