03 novembre 2023
Maria Lai è stata un’artista unica, che ha elaborato un linguaggio originale e personalissimo, strettamente legato alla geografia e alla comunità di Ulassai, il borgo dell’Ogliastra in Sardegna in cui era nata nel 1919.
Grazie alla sua attività, Ulassai è anche un museo a cielo aperto, con opere disperse sul suo territorio e per questo esposte alle intemperie e all’usura.
Per segnalare l’importanza di questo patrimonio speciale e la necessità di restaurarlo, 11.544 persone avevano votato il “Museo a cielo aperto” come proprio luogo del cuore al censimento 2018 del FAI, rendendolo il Bene primo classificato in Sardegna.
A seguito di questo importante risultato e della partecipazione del Comune di Ulassai al bando che permette di candidare progetti a favore dei luoghi più votati dopo ogni edizione del censimento, FAI e Intesa Sanpaolo hanno sostenuto con 24.000 euro il restauro del “Muro del Groviglio”.
Quest’ultimo è stato scelto per l’assoluta necessità di un restauro: oltre a un degrado generalizzato, ampie porzioni erano cadute, fino a compromettere per alcuni tratti la lettura dell’opera stessa. Molte parti erano sollevate, favorendo le infiltrazioni d’acqua che provocano la progressiva erosione delle superfici, accelerando ulteriormente il degrado con un andamento esponenziale, che avrebbe comportato la perdita dell’opera senza un intervento tempestivo. Il restauro reso possibile dai “Luoghi del Cuore” ha permesso di salvare il “Muro del Groviglio”, che è stato pulito, risanato e consolidato. Come per qualsiasi intervento conservativo, le parti ormai perdute non sono state ricostruite.
Un’opera in una posizione apparentemente secondaria, realizzata nel 2004 sul cemento di un muro di contenimento della strada che dal borgo sale verso la montagna e, in particolare, verso le celebri grotte di Su Marmuri, ma che, al contrario, rivestiva un’elevata valenza simbolica per il linguaggio di Maria Lai. Innanzitutto, per il luogo scelto, che parla di territorio montuoso e soggetto a smottamenti: quando, nel 1981, realizzò la performance collettiva “Legarsi alla Montagna”, che rese celebre l’artista e il suo paese natale, Maria Lai dichiarò infatti che la sua terra era una metafora di un luogo ben più esteso, perché “Ulassai è minacciata da frane, come il mondo”. Un tema che ha un legame esplicito con il “Muro del Groviglio”, come aveva spiegato in un’intervista del 1992 a proposito di altri interventi simili:
“Qualche anno fa, in Sardegna, dove alluvioni e siccità provocano frane a grandi dislivelli, si poneva il problema di mettere riparo al dilagare del cemento che stava invadendo i più bei paesaggi dell’isola. Si erano resi necessari muri di sostegno che si opponevano al fascino della natura. (…) Un mio amico, l’ingegnere Gian Paolo Ritossa (…) pensò di proporre un risanamento estetico sulle strade circostanti il paese, coinvolgendomi nell’operazione.”
Anche il tema scelto da Maria Lai è caratteristico della sua arte: un segno corre sulla superficie di cemento, intrecciandosi, annodandosi e distendendosi, come nelle tante tele da lei “ricamate” con intrecci di filo, a simboleggiare l’importanza di trovare punti di contatto, negli inevitabili allontanamenti, tra persone, cose, luoghi. Il “groviglio” protagonista del titolo è intervallato da una serie di scritte realizzate nel suo corsivo quasi infantile, con citazioni tratte da “Miele Amaro” di Salvatore Cambosu e alcune riflessioni personali, quali “L’arte è la prima necessità di cui la società dovrebbe occuparsi”.
Nata a Ulassai nel settembre 1919, Maria Lai cresce inizialmente in campagna, senza frequentare le elementari. Vista la sua spiccata sensibilità, la famiglia decide di iscriverla direttamente alle scuole secondarie a Cagliari, dove insegna Salvatore Cambosu, scrittore e giornalista, tra le voci principali del neorealismo sardo, il primo a scoprire la sua vocazione artistica, che avrebbe più volte incoraggiato. Da Cambosu Maria Lai apprese l’amore per la poesia, come “come forma più alta dell’arte, ritmo da seguire”.
Dopo il Liceo Artistico, frequentato a Roma, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove seguì le lezioni del grande scultore Arturo Martini. Rientrata in Sardegna nel 1945, insegnò disegno nelle scuole elementari di Cagliari.
Cominciò a esporre a Roma, non sempre con soddisfazione. Al 1971 risalgono i primi “Telai”, un ciclo che caratterizza i dieci anni successivi e l’avvicina ai temi dell’arte povera, mentre nel 1981 realizza a Ulassai “Legarsi alla Montagna”, un’opera corale, alla quale il paese partecipa su un piano di parità con l’artista, inaugurando un nuovo modo di fare arte, che anticipa i temi e i metodi di quella che sarà definita dal critico Nicolas Bourriaud, solamente nel 1998, “arte relazionale”.
Con gli interventi di arte pubblica creati a partire dagli anni Novanta, Maria Lai trasformerà Ulassai in un museo diffuso, fino alla fondazione della “Stazione dell’Arte”, il museo a lei dedicato dal recupero della locale stazione ferroviaria e che presiedette fino alla scomparsa, nel 2013, a 93 anni.
A connotare il suo percorso artistico sono opere legate spesso a filoni ricorrenti, che rimandano alle favole, al senso di stupore e libertà che caratterizza la creatività dei bambini, alle tradizioni locali, all’impegno sociale, all’uso di materiali poveri e alla dimensione poetica, nella consapevolezza che “L’arte fa cose inutili, ma è indispensabile all’esistenza”.
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