19 dicembre 2022
A Montréal sta giungendo al termine la quindicesima conferenza sulla diversità biologica. Per raggiungere veramente l’obiettivo di fermare e invertire la perdita di biodiversità al 2030 serviranno scelte politiche ambiziose, ma sarà altrettanto necessario ripensare il rapporto che l’uomo intrattiene con la natura. Se, nel primo caso, sarà compito di governi e ministeri rendere effettivi gli obiettivi contenuti nel Global Biodiversity Framework, nel secondo, saranno società civile e mondo dell’educazione a dover impegnarsi per promuovere un nuovo modo di vivere in armonia con la più grande ricchezza di cui dispone il pianeta, la biodiversità.
«Gli esseri umani hanno già modificato tre quarti dell'ambiente terrestre e due terzi dell'ambiente marino. Un milione di specie, su un totale di otto milioni attualmente identificate, sono a rischio di estinzione. È nostra responsabilità collettiva cambiare rapidamente rotta per ripristinare il nostro rapporto con la natura».
Così ha avvertito Meriem Bouamrane, capo della sezione Ricerca e Politica: Ecologia e Biodiversità del programma UNESCO MAB, Man and Biosphere. Nelle sale del palais de Congrès di Montreal, Boumrane ha moderato una discussione su una delle più recenti iniziative legate alla salvaguardia della biodiversità lanciate dall’UNESCO, l'Earth Network Programme. Il programma mira a coinvolgere esperti e scienziati per proporre delle misure di protezione e ripristino degli ecosistemi all’interno dei siti UNESCO e sviluppare un database di buone pratiche da mettere a disposizione di tutti portatori di interesse, tra cui i governi. In particolare gli esperti saranno chiamati a implementare misure che frenino il declino di biodiversità e siano d’aiuto anche contro gli effetti nefasti del cambiamento climatico. Esempi sono la riforestazione di piante autoctone, il ripristino di suoli degradati e di foreste, l’introduzione di tecniche sostenibili in agricoltura o l’uso di sementi resilienti alla siccità. La rete vorrebbe anche promuovere l’utilizzo di conoscenze e saperi tradizionali che rispettano la biodiversità. La Rete lavorerà infatti in stretta collaborazione con le comunità locali e indigene, depositarie dei saperi tradizionali e custodi del patrimonio immateriale legato al loro territorio di vita.
«Per promuovere la riconciliazione con la natura e l’uso sostenibile delle risorse, l'UNESCO dispone di un incredibile serbatoio di esperienza, accumulato attraverso i 738 riserve della biosfera, i 177 geoparchi e i 257 siti naturali del Patrimonio Mondiale. Questi ultimi da soli rappresentano circa l’8% delle zone protette del pianeta e ospitano alcune delle specie più minacciate, tra cui tigri, gorilla di montagna e vaquita», ha dichiarato Guy Debonnet, capo dell’unità Natura, Turismo Sostenibile presso l'UNESCO. Uno dei target che si sta stanno discutendo alla quindicesima conferenza sulla biodiversità riguarda la conservazione del 30% di aree marine e terrestri a livello globale. È certamente un obiettivo importante, anche se per molti non sufficiente, che non deve però far distogliere l’attenzione dalla restante parte di territorio. Un approccio basato sull’uso sostenibile delle risorse dovrà essere reso effettivo anche in quel 70% non direttamente votato alla conservazione e alla protezione della biodiversità.
«L’aiuto che l’UNESCO può dare ai governi per l’attuazione del quadro globale per la diversità post 2020 non riguarda solo le misure volte alla conservazione, ma si concretizza anche attraverso l’educazione. È oggi necessario cambiare i comportamenti, la conoscenza, la mentalità su come noi umani interagiamo con tutte le specie e come viviamo sulla Terra».
Per questo motivo l’Unesco sta lavorando anche per promuovere un cambiamento di mentalità e una nuova forma di etica ambientale, che facciano comprendere lo stretto legame che intercorrere tra la sopravvivenza dell’uomo e quella di tutte le altre specie. Il lavoro che l’organizzazione internazionale sta portando avanti ruota attorno a tre assunti, o meglio, tre pilastri, all’interno dei quali tutti - dalla società civile agli scienziati, dai leader politici agli artisti, ai giovani - hanno un ruolo da svolgere. Il primo pilastro si fonda sulla diffusione di conoscenza scientifica in materia ambientale, senza la quale non si possono avere gli strumenti necessari per proteggere la natura. Il secondo si focalizza su programmi concreti di ripristino e conservazione di specie ed ecosistemi, così da avere un impatto diretto ed immediato sull’arresto del declino della biodiversità. Il terzo pilastro è basato su un nuovo approccio all’educazione, che integri il tema della biodiversità nei programmi scolastici, dove è ancora troppo spesso trascurata e che sensibilizzi le persone verso un ripensamento dei modelli di vita, oggi troppo distanti da una connessione con la natura.
A partire dal patrimonio naturale e culturale si possono trasformare comportamenti e mentalità, raggiungendo la mente e il cuore delle persone, dove anche il migliore degli Accordi internazionali non riesce ad arrivare.
nei Beni FAI tutto l'anno
Gratis