Secondo la leggenda, sull’isola Gallinara riparò San Martino, vescovo di Tours, che trovò rifugio in una grotta rivolta verso il mare aperto, che ancora oggi porta il suo nome. Nel 1994 e 1996 la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria ha condotto scavi esplorativi lungo le pendici sud-est dell’isola e nella grotta di San Martino, che hanno confermato il suo utilizzo sia come ambiente sepolcrale sia come luogo di culto già a partire dal IV sec. d.C.
L’isola ospitò probabilmente degli eremiti. Nel 500 d.C. s’instaurò un monastero benedettino, mentre nel corso del VIII secolo i monaci trasformarono l’isola in sede di una potente abbazia, che ampliò i propri possedimenti anche in terraferma.
Tra il X e il XII secolo il monastero toccò l’apice della sua prosperità e, grazie a importanti donazioni, acquisì cospicue proprietà non solo nel Ponente Ligure, ma anche in Francia e in Spagna. Poi il declino e nel 1473, l’abbazia venne data in commenda. Dopo quasi quattro secoli, titolo e diritti passano alla Diocesi di Albenga e nel 1866 il vescovo Raffaele Biale cedette la Gallinaria a privati.
L’isola non è visitabile, ma dalla Via Iulia Augusta si possono scorgere la torre cinquecentesca, fatta costruire dai genovesi; il palazzo padronale, più volte ampliato e rimaneggiato arrivando a inglobare i resti dell’antico monastero; la chiesetta del primo Novecento in stile neoromanico.
Tuttora privata, l’isola è inserita dal 1989 nel sistema delle Aree protette della Regione Liguria. Possono, tuttavia, essere esplorati i suoi spettacolari fondali, che hanno restituito numerosissimi reperti archeologici di epoca romana e medievale, che convivono con affascinanti specie animali e vegetali di grande interesse naturalistico.