PIAZZA SALVATORE DI GIACOMO E FONTANA DEGLI INCANTI

NAPOLI

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PIAZZA SALVATORE DI GIACOMO E FONTANA DEGLI INCANTI
Se via Posillipo fu realizzata tra il 1812 e il 1815 da Gioacchino Murat, questa piazza è stata realizzata e sistemata certamente in epoca successiva visto che si è a conoscenza del fatto che la villa più antica, il casino Valente del 1845, era all'epoca immersa nel verde e la piazza ancora non esisteva in quanto tale. Di enorme pregio e rilevanza la fontana degli Incanti (detta anche fontana della Cöccövàja). La fontana fu costruita nel XVI secolo in piazza dell'Olmo (successivamente Piazza del Porto o del Mercato di Porto), a metà strada tra le attuali piazza Bovio e Piazza Municipio, ovvero nella attuale Via Alcide de Gasperi; la sua storia cominciò quando il viceré Pedro Álvarez de Toledo volle realizzare una struttura idrica per l'approvvigionamento degli abitati del luogo. Fu disegnata da Giovanni da Nola, ma al rifacimento di alcune parti andate distrutte partecipò anche lo scultore Annibale Caccavello che scolpì la statua di Venere. Danneggiata nei tumulti di Masaniello, la fontana venne riportata al nuovo splendore con i rifacimenti di alcune parti realizzate da Francesco Castellano e Antonio Iodice, sotto la supervisione di Francesco Antonio Picchiatti; riparata più volte nel corso del XVIII secolo, nel 1834, l'architetto Pietro Bianchi (l'autore della basilica di San Francesco di Paola) la ricostruì del tutto. La fontana, scampata alle demolizioni del Risanamento, venne smontata e all'inizio del XX secolo ricostruita nell'attuale piazza. Ad oggi, la struttura si presenta priva delle aggiunte ottocentesche del Bianchi che aveva sistemato sul basamento ottagonale; dal basamento s'innalza un pilastro decorato con capitelli floreali sul quale è poggiata una tazza. Curiosità È chiamata "degli Incanti" perché si narra che una potente strega della città, usasse frequentemente l'acqua della fontana per i suoi incantesimi; ed è anche detta della Cöccövàja poiché nel XVI secolo, quando fu scolpito lo stemma del viceré, il popolo vedeva lo stemma come la sagoma di una civetta (dal latino Cocovàja significa civetta).
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