C’è profumo di biancospino, di robinia, di castagno nei boschi che circondano il castello e la rocca di Oramala. Fiutarlo dà serenità al cuore, mentre si avanza verso questa antica corte murata: da un lato uno dei più suggestivi ambienti naturali dell’Oltrepò Pavese, dall’altro le cupe pareti di pietra di un’opera che per novecento anni ha conosciuto ed in parte fatto la storia delle nostre valli.
Dall’abitato di Varzi, guardando verso nord, si scorge la silhouette del poderoso castello d’Oramala che, contornato dai boschi di rovere e castagno, fa bella mostra di sé. Questo maniero è stato senz’altro la prima dimora di quella potente famiglia longobarda che in seguito verrà chiamata Malaspina, la quale, affacciatasi in Val di Stàffora, scelse il luogo d’Oramala per insediarvi la sede di quel che diverrà uno dei più potenti marchesati d’Italia settentrionale. L’epoca in cui questo avvenne fu il X secolo, ma la prima notizia scritta risale all’inizio di quello successivo, quando nel 1029 Alberto, figlio di Oberto Obizzo, presta giuramento alle consuetudini di Genova e porta con sé alcuni dei suoi vassalli, fra cui “Rustico d’Oramala”.
In seguito il castello pervenne alla famiglia d’Este, loro congiunti. A questi ultimi fu tolto dal Pontefice Adriano IV nel 1157 e dato in feudo al vescovo di Tortona. Nel 1164, come premio per i servigi svolti, l’imperatore Federico I (Barbarossa) concede ad Obizzo Malaspina il possesso di quasi tutte le terre precedentemente avute che partono dalla Pianura Padana ed arrivano all’alta Toscana, comprendendo il castello e la rocca d’Oramala.
Tre anni più tardi, nel 1167, Obizzo ha modo di ripagare il suo signore per avergli concesso le terre sopraccitate. Questi, lasciata Roma preda di un’epidemia che gli aveva decimato l’esercito, giunse a Pontremoli con l’intenzione di arrivare a Pavia attraverso l’appennino, ma si vide sbarrare la strada dalle truppe della Lega Lombarda. L’imperatore deviò, perciò, verso Villafranca sul Magra; da lì, sotto l’esperta guida del marchese Obizzo, arrivò a Pavia attraverso l’itinerario dei paesi liguri - sentieri tracciati dai mulattieri -, discendendo poi la Valle Stàffora e sostando a pernottare nel castello d’Oramala, che era il più difeso della zona.
Fu grazie ad Obizzo se, il primo settembre, Federico poté giungere a Pavia e da lì riorganizzare la sua compagine per proseguire oltralpe. Questo periodo fu per i Malaspina ed il castello d’Oramala il momento del loro maggior splendore, anche culturale, perché riposero in parte le armi e le scorribande militari, per far fiorire il culto della gentilezza e della poesia. Fu così che intorno alle donne del potente casato si unirono, in quella solitaria e protetta dimora, i trovatori provenzali che per primi in Italia cantarono le loro poesie, ingentilendo quel fosco ambiente d’armi e d’armati. Fino al XIII secolo tale luogo rimase il centro direzionale della Valle Stàffora e delle valli limitrofe. Solo successivamente, in seguito a divisioni feudali, i Malaspina scesero nei paesi di fondovalle lasciando ad Oramala una funzione secondaria. Dal XIV secolo il castello d’Oramala fu interessato a fatti d’arme e congiure che videro, di volta in volta, i suoi feudatari schierati a favore o contro i duchi di Milano: dapprima i Visconti, indi gli Sforza. Un Manfredi, figlio di Nicolò Malaspina, godette i favori di Ludovico il Moro e nel 1474 ottenne il permesso di fortificare il castello. Infatti, prima di tale data, non aveva certamente l’aspetto maestoso che ha in questo momento perché la torre, e parte della rimanente struttura, è stata costruita con il criterio più moderno (per quei tempi) atto a resistere ai colpi di un’artiglieria che incominciava a mettere in difficoltà i castellani.
La poderosa rocca rimase alla famiglia Malaspina fino alla fine del XVIII secolo, dopo di che fu abbandonata; di conseguenza incominciò il progressivo sgretolarsi di tutta la struttura.