La differenza tra i volumi prelevati ed utilizzati (7,6 miliardi di m3) mostra il livello complessivo di dispersioni d’acqua e dimensiona lo spreco del sistema.
La dispersione è molto più accentuata nel settore civile, con perdite del 45,3%. Per le pratiche irrigue si stima invece una dispersione di acqua del 15%; risultano minime infine le percentuali di dispersione per gli altri usi.
Il dato più eclatante è quello degli acquedotti, si è detto tantissimo su questo aspetto che non lascia spazio a dubbi sullo stato della rete: si perdono in media 41,4 litri ogni 100 immessi nelle reti di distribuzione (inclusi nel dato gli allacciamenti abusivi e gli errori di misurazione).
Gli acquedotti in Italia si sviluppano per 425mila km di rete, inclusi gli allacciamenti si arriva a 500mila km. Il 60% delle rete nazionale è stato posato oltre 30 anni fa e il 25% supera anche i 50 anni. Ma il tasso nazionale di rinnovo è pari a 3,8 metri di condotte per ogni km di rete: significa che a questo ritmo occorrerebbero oltre 250 anni per sostituire l’intera rete. Utilitalia stima in 5 miliardi all’anno l’investimento per adeguare e mantenere la rete idrica nazionale, una cifra enorme non alla portata delle finanze italiane. Attualmente gli investimenti si attestano a circa 32-34 euro per abitante all’anno, mentre la media europea è di circa 100 euro (in Danimarca si arriva a 129 euro).
In Italia intercettiamo solo l’11% dei 300 miliardi m3 all’anno di acqua piovana. Siamo carenti soprattutto nelle nostre aree urbane, dove l’acqua piovana (anziché accumulata per usi domestici o comunali) si inquina al contatto delle strade e aumenta il carico inquinante inviato ai depuratori.
Le acque grigie (reflue), così come le acque piovane, non vengono recuperate per gli usi domestici (ad esempio per irrigare il giardino o per lo sciacquone). Non essendo convogliate in rete separata confluiscono in maniera indifferenziata nei reflui e avviate ai depuratori. Uno spreco notevole, in molti Paesi sono in vigori obblighi di recupero, per esempio in Spagna, come a Cipro, vige l’obbligo di utilizzare il 100% di acqua recuperata per l’irrigazione dei campi da golf.
Una volta arrivate al depuratore attraverso la rete fognaria, e depurate, le acque vengono riutilizzate in agricoltura e in ambito urbano solo in misura minima. La normativa in Italia relativa alla qualità dell’acqua dei depuratori - se finalizzate a usi irrigui - è molto rigida, tra le più rigide di Europa, questo implica sistemi di trattamento molto costosi ed energivori, non più convenienti dal punto di vista economico. In Australia e in Israele il riuso delle acque reflue depurate è invece molto diffuso; in Europa sono Spagna e Malta a primeggiare.
Il potenziale di crescita è enorme: l’Europa potrebbe arrivare a utilizzare sei volte il volume di acque trattate oggi. In Italia, che ha uno dei potenziali più alti, si trattano e si riusano ogni anno 233 milioni di metri cubi di acque reflue
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