Curiamo il paesaggio, coltivandolo

Curiamo il paesaggio, coltivandolo

#ColtivareilPaesaggio

    Cosa fa il FAI nei suoi Beni?
    Villa Caviciana (VT)
    La prima tenuta agricola del FAI, donata da Friedrich Wilhelm e Monika, detta Mocca, Metzeler attraverso la loro fondazione: 144 ettari in un mosaico di colline, campi, vitigni, uliveti e boschi affacciati sulla sponda settentrionale del lago di Bolsena. Uno spaccato del paesaggio rurale della Tuscia. La tenuta è affidata in gestione a professionisti, affiancati da un comitato di garanti scelti dal FAI tra i più esperti di agroecologia, tecniche di coltivazione e di produzione biologica.
    Giardino della Kolymbethra (AG)
    Essenza della Sicilia, la Kolymbethra è testimone di eccellenza del giardino mediterraneo. La sua antica origine trova radici in una grande opera idraulica costruita nel 480 a.C., sotto il tiranno Terone, su cui nascerà poi la vocazione agricola dell’area (I sec d.C.). Nel Medioevo vennero introdotte le coltivazioni di agrumi che ne permisero l’elezione a “giardino”. Oggi, i suoi cinque ettari di coltivo offrono un unicum paesaggistico, con una tale varietà arborea, agronomica e genetica da costituire un patrimonio straordinario di diversità biologica e culturale: agrumeti, alberi da frutto e macchia mediterranea coltivati secondo antiche tecniche, basate sul sapere locale.
    Castello di Masino (TO)
    Nel Seicento, la famiglia Valperga trasforma il Castello di Masino da fortezza a sontuosa residenza, luogo prediletto del loro feudo. La produzione vinicola del Castello e del feudo, con le altre sue produzioni - avena, segale, riso, grano, carbone, legna - garantiva una rendita significativa per quella che fu una delle famiglie nobiliari più ricche del Piemonte. Il FAI ha recuperato il vigneto, le cantine, il grande torchio e i depositi, ha messo a dimora 2.500 piante per circa un ettaro e mezzo, ripristinando i terrazzamenti da un lungo abbandono.
    Podere Case Lovara (SP)
    Le fasce terrazzate delle Cinque Terre sono iscritte tra i paesaggi rurali d’interesse storico culture nell’omonimo registro del Ministero dell’Agricoltura. Un agroecosistema unico al mondo che rappresenta un immenso patrimonio culturale, colturale, biologico e ambientale. In questo contesto il FAI ha recuperato un antico podere abbandonato rigenerando le coltivazioni tipiche, l’assetto paesaggistico, con estrema cautela a rafforzare il capitale naturale e la biodiversità intrinseche al sistema ecologico.
    Alpe Pedroria e Madrera (SO)
    200 ettari di paesaggio alpino nel cuore del Parco delle Orobie Valtellinesi, con alpeggi, boschi e antiche malghe: il FAI ha avviato il recupero paesaggistico e ambientale di quest’alpe, restituendo alla montagna attività di pascolo, lavorazioni casearie tradizionali e reintroducendo specie animali autoctone, contrastando così l’abbandono delle superfici destinate al pascolo, che determina una perdita di habitat e biodiversità, di conoscenze e di pratiche identitarie nelle comunità montane.
    Monte Fontana Secca (BL)
    150 ettari di bosco e pascolo sul massiccio del Grappa, recuperati dal FAI dopo un lungo abbandono: la malga Fontana Secca, a quota 1461 m., è un tipico alpeggio legato alla transumanza, la tradizionale e quasi scomparsa migrazione estiva di mandrie e pastori, dalle stalle di fondo valle ai pascoli in quota. Il FAI si sta adoperando per la riattivazione dell’alpeggio, la riqualificazione dei pascoli e delle aree forestali, dove verranno reintrodotte le vacche Burline, una razza montana in via di estinzione, legata a due formaggi tradizionali del Grappa: il Morlacco e il Bastardo.
    Castel Grumello (SO)
    Simbolo della viticoltura eroica di montagna, Castel Grumello, in Valtellina, è l’unica area vinicola in Italia a fregiarsi di due DOCG congiunte all’interno della stessa zona produttiva: Valtellina Superiore e Sforzato di Valtellina. Una fitta ed estesa rete di muretti a secco sostiene le viti permettendone la piantumazione sui ripidi declivi e contribuendo a raccogliere il calore del sole e l’acqua necessari alla loro crescita.
    Villa dei Vescovi (PD)
    La cura del “brolo” - come in Veneto viene chiamato un orto, o un frutteto, cinto da mura - a Villa dei Vescovi significa rispettarne la vocazione produttiva, nel paesaggio promiscuo che la caratterizzava. Il vigneto è stato recuperato alle antiche pratiche -come il sovescio- che migliorano la qualità organica del suolo e, conseguentemente, del vino. 120 alberi da frutto sono stati poi piantati per ripristinare la maritatura, tecnica che permette alla vite di legarsi e sorreggersi ad alberi vivi, così come è stato reintrodotto un marascheto, che dà ciliegie adatte alla produzione del liquore maraschino e di altri prodotti locali tradizionali.
    Orto sul Colle dell'Infinito (RC)
    Il progetto di recupero, affidato all’architetto Paolo Pejrone, fondatore dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, è stato sviluppato in collaborazione con il Comune di Recanati. L’obiettivo principale dell’operazione è quello di conservare le caratteristiche generali di questo piccolo ma significativo orto-giardino, riqualificando con interventi mirati alcuni elementi, esaltandone la qualità e il fascino. All’Orto, in particolare, grazie alla collaborazione con le università e con associazioni locali lavoriamo sul recupero di antiche sementi.
    Bosco di San Francesco (PG)
    Paesaggio agro-silvo-pastorale d’alto valore storico-culturale, recuperato dal FAI da incuria e abbandono: 64 ettari di versanti collinari e fondovalle, con fitti boschi alternati ad uliveti e radure. Monaci Benedettini e Francescani hanno plasmato il paesaggio, trasformando nei secoli il contesto naturale, facendo dell’olivo un elemento distintivo del paesaggio agrario umbro. La “fascia olivata” fra Assisi e Spoleto è oggi iscritta nel Registro dei Paesaggi rurali storici del Ministero dell’Agricoltura. L’olivo è anche protagonista dell’opera di land art realizzata al Bosco da Michelangelo Pistoletto, Il Terzo Paradiso.
    Baia di Ieranto (NA)
    Nel promontorio posto tra la Baia di Ieranto e la Baia di Nerano, la coltivazione degli agrumi, identitaria per tutta la penisola sorrentina, è attestata già nel XIII secolo. Il FAI ha recuperato le antiche tecniche tradizionali per la coltivazione degli agrumi – come le suggestive “pagliarelle” - e degli ulivi, mentre negli orti vengono coltivati prodotti locali tipici come il “pomodoro di pendolo”. Sono stati recuperati i muretti a secco per i terrazzamenti e restaurati gli edifici rustici, con l’antico torchio per la macina delle olive. Le pratiche e i saperi tradizionali sono anche occasione per progetti di formazione, veri e propri workshop dedicati al paesaggio rurale.
    Abbazia di Cerrate (LE)
    Sorge nel paesaggio dei cereali e degli ulivi, l’Abbazia di Santa Maria di Cerrate, le cui tracce più antiche risalgono ai frantoi ipogei e al mulino dei monaci Basiliani (metà XII secolo). Il completamento della masseria risale però al Settecento, quando stalle, granai, e frantoi sostituiscono le antiche celle monacali. All’inizio del XIX secolo, l’Abbazia vantava ben 250 ettari di terreno coltivato a olivi e cereali, con mulino, magazzini e allevamento animale. Nel 1877 è documentato l’utilizzo ancora come masseria. All’arrivo del FAI, nel giardino, erano presenti ancora 35 alberi di agrumi in precarie condizioni, poi recuperati e reintegrati con nuove piante. Per contribuire alla salvaguardia del paesaggio salentino, il FAI ha elaborato un progetto contro la diffusione del batterio Xylella fastidiosa: con la collaborazione di CNR e dell’IPSP di Bari, è sorto a Cerrate un oliveto sperimentale, per lo studio di nuove specie resistenti al batterio Xylella.
    Castello di Avio (TN)
    L’immagine del suo paesaggio trecentesco è presente negli affreschi del Castello di Avio, come su quelli del Castello del Buonconsiglio di Trento: appaiono le coltivazioni fuori dalle mura, con vasti campi di grano e di erba, vari alberi da frutto come la vite, il fico, il melo, il pero, il nocciolo e diverse varietà di ortaggi. Si vedono i contadini intenti ai lavori dei campi, sia all’interno che all’esterno delle mura. Oggi, intorno al castello, sorgono circa 30 ulivi e un piccolo vigneto che permettono limitate ma preziose produzioni. Dentro le mura, nello spazio del “castello inferiore”, è presente un’ampia area di terrazzamenti con viti e ulivi, un piccolo allevamento di api e un orto, i cui prodotti vengono utilizzati dalla vicina locanda.
    Palazzo Moroni (BG)
    Palazzo Moroni custodisce, nel cuore di Bergamo Alta, un angolo di campagna intatto. È l’Ortaglia, costituita da due ettari e mezzo di prati e terrazze, frutto di annessioni sette e ottocentesche. La destinazione di questo grande appezzamento di terra - con viti, pascoli e prati - è testimoniata dal Catasto Lombardo Veneto, compilato nel 1853 e poi aggiornato fino agli inizi del Novecento. Il FAI mantiene l’antica vocazione produttiva dell’ortaglia: ai preesistenti gelsi, fichi, ciliegi, viti si affiancano oggi nuove specie di ortaggi e alberi; prati a erba alta garantiscono un habitat agli insetti impollinatori e, lungo l’estremità inferiore, è stato recuperato un roccolo, un’architettura vegetale tipica delle campagne lombarde, utilizzata in passato con finalità venatorie.
    Tutto questo non sarebbe possibile senza di te
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