23 marzo 2023
Giuseppe Panza donò al FAI Villa Panza a Varese nel 1996, insieme a una raccolta di 141 opere di artisti contemporanei prevalentemente americani.
La scelta di celebrarne i cento anni dalla nascita portando a termine un progetto da lui fortemente voluto ma mai realizzato – l’allestimento di quest’opera di Highstein – si fonda sul desiderio di mettere in luce la concezione aperta e dinamica che ebbe del collezionismo, inteso come esercizio critico sul campo e come sostegno diretto e concreto, oltre che spirituale e intellettuale, alla creatività degli artisti; concezione che lo portò a raccogliere non solo opere fisiche, ma anche progetti e studi.
Villa Panza – non un museo d’arte contemporanea, ma la casa del collezionista e della sua famiglia – riflette e testimonia in modo inequivocabile la sua sensibilità e la sua cultura, e il percorso della sua ricerca, che attraversa almeno tre generazioni di artisti, dagli anni ’50 del Novecento fino al 2010. La collezione qui custodita e il suo allestimento, da Panza concepito fin nei minimi dettagli – sofisticato, attento alla relazione tra architettura, natura, arredo e opere d’arte, molte delle quali site-specific – sono un’opera in sé: quella del collezionista, di cui la Villa offre al pubblico l’esperienza unica, e che grazie a questa nuova esposizione sarà ancor più godibile e illuminante.
La collezione di Villa Panza si è ulteriormente arricchita l’anno scorso, grazie al generoso gesto della moglie Rosa Giovanna Panza, che ha sempre condiviso con il marito lo spirito e la passione per l’arte contemporanea, e dei figli. La famiglia Panza, dimostrando senso di responsabilità e grande lungimiranza, ha infatti donato al FAI 108 nuove opere. Tra queste, Twelve Part Vertical Pipe Piece che venne acquistata da Giuseppe Panza di Biumo nel 1987.
L’opera è composta da dodici elementi cilindrici d’acciaio alti oltre cinque metri che, disposti verticalmente in sequenza, formano una linea retta divisa in due parti. Questa linea consente un’indagine dello spazio circostante e crea un ritmo che l’osservatore percepisce spontaneamente come un’unica massa, articolata in un equilibrio di pieni e vuoti. E fu proprio l’idea della percezione della massa a entusiasmare Giuseppe Panza di Biumo, che nel 2006 dichiarò, in proposito:
«È un salto nel passato, in un passato remoto e inconoscibile e onnipotente. Nessuna cosa può esistere se non ha una massa, per piccola che sia... La massa è la presenza di ogni cosa. Solo la coscienza di esistere, la volontà, il pensiero, la bellezza non hanno massa, ma hanno bisogno della massa per manifestare la loro presenza».
L’arte di Jene Highstein è, infatti, un’arte di presenza, di fisicità pronunciata. Caratterizzata da un linguaggio scarno e da materiali industriali, si definisce nello spazio, e si compie nella relazione diretta con l’osservatore e il contesto circostante. Di fronte a Twelve Part Vertical Pipe Piece, il fruitore è infatti chiamato a sviluppare un proprio punto di vista; ma anche a ragionare, contemplando l’opera, sui concetti di presenza e assenza, positivo e negativo, spazio fisico e spazio psicologico.
Dal 23 marzo 2023 questo nuovo lavoro arricchisce la collezione permanente di Villa Panza, e consente di approfondire la ricerca di Highstein, già rappresentato a Biumo nell’ala dei rustici con l’opera Single Pipe Piece (1974) prestata a tempo indeterminato al FAI dal Solomon R. Guggenheim Museum di New York.
Jene Highstein, artista eclettico e grande sperimentatore, nasce il 16 giugno 1942 a Baltimora. Nel 1963 consegue un Bachelor of Arts all’Università del Maryland, a cui segue, nel 1965, un Master’s Degree all’Università di Chicago. Nel 1966 entra in diretto contatto con un ambiente artistico anti-accademico orientato a una continua sperimentazione. Parallelamente studia disegno alla New York Studio School. Nel 1967 si trasferisce a Londra, dove nel 1968, alla Lisson Gallery, ha luogo la sua prima mostra personale. Due anni dopo torna a New York, e inizia ad allestire i suoi lavori al 112 Greene Street. Qui, si impone nella scena culturale anti-establishment che ha segnato un decennio cruciale, contraddistinto da rivoluzioni artistiche e grande libertà, grazie a cui emergono nuove forme e pratiche espressive.
Dalla metà degli anni Settanta espone alla Holly Solomon Gallery a New York, a Milano alla Galleria Salvatore Ala e successivamente alla Ace Gallery di Los Angeles, alla Texas Gallery di Houston e alla Danese di New York. Riceve molti riconoscimenti prestigiosi, tra cui un John Simon Guggenheim Award, e un St. Gaudens Memorial Prize. Tra le sue numerose esposizioni si ricorda il progetto alla University Art Museum di Berkeley (1980), a The Mattress Factory di Pittsburg (1986), alla Phillips Collection di Washington (1991), al Guggenheim Museum di Bilbao (2000), al MoMA PS1 di New York (2003), alla Biennale di Venezia (2003) e al Guggenheim Museum di New York (2004).
Muore a Salem nel 2013.