15 dicembre 2022
Un’intervista lancia un sasso ma non riesce a dire tutto e può indurre il lettore in lecite interpretazioni che non sempre rispecchiano in toto il pensiero di chi parla.
Ho quindi ritenuto opportuno, in una lettera aperta al Sottosegretario Sgarbi che certamente paladino del Paesaggio italiano è, come noi, sempre stato, mettere meglio a fuoco – e con le mie parole – ciò che penso.
Il tema è delicatissimo e scottante, il momento cruciale delle decisioni non più rimandabile; le soluzioni assai complesse da individuare.
Il fallimento non è lecito; l’impegno di tutti non può che essere massimo.
Il Paesaggio italiano è un tesoro del mondo e come tale non sacrificabile; il riscaldamento globale un’emergenza che percuote la nostra vita.
«L’associazionismo del "no sempre e comunque" è morto. Non è neppure etico, è solo ideologico. Le emergenze climatica ed energetica sono le più grandi che il genere umano deve affrontare: è chiaro che bisogna scendere a patti».
Marco Magnifico dal dicembre 2021 è Presidente del Fondo per l’Ambiente Italiano (FAI), associazione che, come recita lo slogan, «si impegna ogni giorno per proteggere la bellezza del nostro Paese». A un anno dal suo insediamento, Magnifico imprime una svolta inattesa tra i “protezionisti” del paesaggio che si battono contro le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici. Firmando, con Legambiente e WWF, il documento "Paesaggi rinnovabili", sdogana l’installazione di impianti per la produzione di energia green.
«Assolutamente. E daremo l’esempio: nella nostra sede milanese presso la Cavallerizza, presto l’intera falda del tetto esposta a sud sarà coperta da pannelli fotovoltaici. Voglio proprio vedere se qualcuno osa bocciarla. Dobbiamo produrre energia pulita e se c’è un tetto esposto a sud è giusto sfruttarlo, anche nei centri storici, certo, non sul Duomo o sulla Scala. Il vero problema è che in Italia chi deve decidere se autorizzare o meno un impianto non ha le competenze necessarie».
«Sì, che non vanno escluse dal processo decisionale, ma anzi preparate e coinvolte di più. Faccio un altro esempio legato alla nostra attività per far capire quanto certe decisioni possano essere paradossali. Il FAI ha restaurato un monastero-masseria vicino Lecce. Sul tetto, piatto e ribassato rispetto alle mura perimetrali, volevamo mettere dei pannelli fotovoltaici. La Sovrintendenza ci ha detto no. Abbiamo obiettato che, vista la loro posizione, nessuno avrebbe potuto vedere i pannelli. Ci hanno risposto che si sarebbero visti dall’elicottero. Questi sono eccessi ideologici dannosi per il Paese».
«Esatto. E faccio mea culpa: anche noi come FAI ci siamo concentrati sulle bellezze storico-culturali e abbiamo trascurato la bellezza storico-naturalistica, che è il frutto dell’intervento umano sulla natura. La stessa lacuna c’è nelle Sovrintendenze: ci sono esperti che tutelano le opere d’arte, dai dipinti di Giotto alle composizioni di Verdi. Ma dove sono gli esperti di quell’opera d’arte collettiva che è il paesaggio italiano?»
«Creando nuove figure professionali. In Francia esiste la Ecole nationale supérieure de paysage. Auspico che se ne crei una anche in Italia, per formare professionisti capaci di aiutare gli enti locali a inserire nei paesaggi quelle innovazioni che la vita attuale rende indispensabili. Oggi a decidere se un impianto eolico va fatto oppure no, può essere un archeologo o uno storico dell’arte, quasi mai è un architetto paesaggista».
«Chi studia il paesaggio sa bene che esso evolve, che non è una entità statica ma si adatta alle necessità dei tempi. Se questo tipo di cultura fosse presente all’interno delle Sovrintendenze, i “sì” e i “no” sarebbero molto più motivati, e le opere si farebbero rispondendo davvero alla necessità di tutelare il paesaggio piuttosto che alle esigenze delle imprese. Inoltre, si potrebbe mettere in campo una vera pianificazione degli impianti rinnovabili, tra Comuni, Regioni e ministeri, senza inutili e controproducenti bracci di ferro».
«È vero, ci potrebbero volere trent’anni. Ma un Paese civile si deve attrezzare per le sfide future. Per l’oggi: l’unica soluzione è la co-pianificazione territoriale, che però deve coinvolgere il Ministero della Cultura fin dalle fasi iniziali dei progetti. Oggi le Sovrintendenze, pur avendo il potere di bloccare tutto, entrano in gioco solo alla fine dell’iter. Con il risultato che dicono quasi sempre di no».
«Noi siamo nati da una costola di Italia Nostra. C’è chi evolve e chi decide di non farlo, senza tener conto della realtà».
«Certe volte serve anche chi urla, perché riesce a svegliare coloro che dormono. Noi siamo per il repowering degli impianti eolici esistenti, perché sostituendo le pale di vecchia generazione se ne possono installare un numero minore producendo perfino più energia. Detto questo, anche noi ci siamo battuti contro impianti eolici collocati palesemente nel posto sbagliato: è il caso delle pale che avrebbero dovuto circondare la basilica romanica di Saccargia, in provincia di Sassari».
Caro Vittorio Sgarbi,
in relazione al tuo articolo apparso sul “Giornale” domenica scorsa, mi rivolgo a te come Sottosegretario, ma anche come amico ed estimatore da sempre del FAI. Interviste come la mia di venerdì non possono dare spazio a tutto ciò che viene detto, e anche se il giornalista ha correttamente riportato le mie parole, due degli argomenti da me toccati non sono emersi: il ruolo strategico dei Piani Paesaggistici (solo 6 regioni su 20 li hanno completati!) e l'urgentissimo lavoro di identificazione delle cosiddette aree idonee a ospitare impianti per le energie rinnovabili. Prima di spendere due parole su questi punti desidero sottolineare come le nostre posizioni partono da una medesima incrollabile certezza: il ruolo chiave che le Soprintendenze devono avere nella necessaria composizione del “conflitto” (chiamiamolo così per comodità, ma anche per realismo) fra transizione energetica e tutela del paesaggio.
Contrastare il riscaldamento climatico è oggi per l’umanità la “madre di tutte le battaglie”; basti ricordare la ferocia dell’infuocata estate 2022 e i suoi spaventosi danni alle coltivazioni, ai fiumi, ai pascoli, ai boschi: al paesaggio. La transizione energetica per combattere la crisi ambientale è una priorità esattamente come la tutela del paesaggio italiano; ma non ne usciremo se ci sarà chi continua a contrapporre queste due necessità, come l'ex Ministro Cingolani quando disse: «trovo stucchevole dire che il paesaggio va in Costituzione. Bisogna capire qual è la priorità: è l'emergenza energetica... o il paesaggio?». Punto cardine della mia intervista è che la soluzione non può che stare nel ruolo davvero cruciale delle Soprintendenze: questa istituzione dello Stato sempre sorretta e difesa dal FAI, dai Presidenti che mi hanno preceduto e da me in mille occasioni non ha però oggi né l'organico, né i mezzi e talvolta nemmeno le competenze specifiche richieste per affrontare questa difficilissima sfida. Ma non basta (e anche questo l'ho detto nell'intervista): urge riformare il processo autorizzativo, perché le Soprintendenze vi entrino sin da subito e non, come ora, a posteriori, con il rischio di dover solo bocciare e non invece per costruttivamente partecipare.
Nel fare gli auguri per il suo nuovo mandato al Ministro Sangiuliano lo scorso 25 ottobre gli scrissi proprio quanto sia forte il «bisogno di fiducia e di rinnovamento della formidabile macchina delle Soprintendenze». L'impegno del FAI per l'ambiente si traduce nella concreta e quotidiana difesa dei paesaggi in cui si incarna il patrimonio culturale dell'Italia, ed è per questo che abbiamo deciso di contribuire a un documento comune, con Legambiente e WWF, da diffondere a fine gennaio e che possa giovare al dibattito in corso. Non è un percorso semplice: si scontra con resistenze endemiche, burocratiche e culturali, con interessi privati spesso solo speculativi, e perfino con la criminalità organizzata, come da sempre tu dici. L'unico strumento possibile è la pianificazione: è forse ora che il Governo istituisca una cabina di regia interministeriale e un gruppo dedicato di esperti, ingegneri ambientali e paesaggisti, conoscitori e storici dei paesaggi, per disegnare di concerto con le regioni la mappa delle aree idonee; stabilite queste, sarà tutto più facile. Esse sono molte e immediatamente disponibili. Per il fotovoltaico, come dici anche tu, le grandi zone commerciali, le aree industriali dismesse, le porzioni di suolo compromesso sul piano eco-sistemico e della fertilità agricola (per non occupare neanche un ettaro in più di suolo fertile); proprio al rapporto tra agricoltura e paesaggio dedicheremo a fine febbraio il nostro Convegno Nazionale. Per l'eolico, come ho già detto, è necessario il repowering degli impianti esistenti in modo da diminuire e non aumentare! il numero delle pale eoliche nel paesaggio, privilegiando invece impianti off-shore, a una distanza stabilita dalla costa.
Su questo e altro spero di continuare il dibattito, così acceso per passione e, mi auguro, utile al futuro del paesaggio italiano. Va da sé che qualora l'apertura alla transizione energetica divenisse un "liberi tutti" noi saremo sulle barricate.
A seguito dell'intervista al Presidente Magnifico del 9 dicembre 2022, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato su LinkedIn un post nel quale il Ministro Gilberto Pichetto propone un tavolo di confronto per lavorare in sinergia con le associazioni che si occupano della tutela dell'ambiente e dei beni culturali.
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