La transizione energetica del patrimonio storico vincolato

La transizione energetica del patrimonio storico vincolato

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La transizione energetica del patrimonio storico vincolato
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08 aprile 2024

L’efficientamento energetico del patrimonio storico vincolato è un tassello fondamentale per supportare il percorso di decarbonizzazione del Paese, ma per renderlo pienamente efficace e completo è necessario ricorrere all’integrazione di fonti di energia rinnovabile.

I cambiamenti climatici rappresentano una delle sfide più importanti della nostra contemporaneità, di fronte ai quali dobbiamo mettere in atto quelle soluzioni di mitigazione e adattamento che ci permetteranno di vivere in un mondo prospero e desiderabile.

In questo contesto, il FAI riconosce al patrimonio edilizio storico un importante ruolo come propulsore di una trasformazione culturale che interessi le nostre forme dell’abitare e le fonti da cui ricaviamo energia, al fine di attuare quella transizione ecologica ed energetica che si fa sempre più necessaria.

La decarbonizzazione del patrimonio edilizio costruito è un obiettivo di grande rilevanza per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Data la sua elevata domanda di energia, questo settore ha infatti un grande impatto ambientale, che può e deve essere mitigato attraverso soluzioni concrete che vedono innanzitutto la riqualificazione e l’efficientamento energetico degli immobili, ma anche il ripensamento in ottica sostenibile di tutte le fasi di vita di un edificio, dalla progettazione alla scelta dei materiali, dalla costruzione alla ristrutturazione.

Nel rapporto Il valore dell’abitare recentemente pubblicato da Symbola si legge infatti come l’Italia sia entrata in una fase che può essere definita dell’ambiente costruito: una fase che «vede l’onda delle costruzioni del passato entrare nel tempo degli interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria per rispondere ai nuovi standard d’uso qualitativi e alle nuove strategie di sviluppo sostenibile dettate dalla politica europea». Strategie e politiche che, come testimonia la Direttiva Case Green approvata a marzo dal Parlamento europeo, mirano a raggiungere un parco immobiliare a emissioni zero, proprio attraverso la riqualificazione, l’efficientamento energetico degli edifici e l’uso di energie rinnovabili.

La transizione verso edifici più sostenibili diventa quindi necessaria. Se a un primo sguardo potrebbe sembrare di non di facile applicazione in Paesi che, come il nostro, hanno un patrimonio edilizio storico imponente, stando ai fatti sono già nati progetti innovativi e virtuosi di riqualificazione e integrazione di fonti rinnovabili in grado di ridurre il fabbisogno energetico degli edifici e di abbattere le emissioni climalteranti anche su edifici storici vincolati. Volgendo lo sguardo al parco immobiliare del nostro Paese, i dati di ENEA mostrano infatti come il 46,5% degli edifici ha più di 70 anni: ne consegue che una considerevole percentuale del patrimonio edilizio esistente potrebbe essere sottoposta a vincoli in materia di tutela del Patrimonio Culturale.

Recuperare, restaurare e riqualificare questo grande patrimonio potrebbe rappresentare uno strumento formidabile per ridurre le emissioni di CO2 del nostro Paese. Certamente un percorso complesso che richiede soluzioni e strumenti innovativi, concretezza e competenza e che possiede tutte le basi conoscitive per essere realizzato.

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Efficientamento energetico e integrazione di fonti rinnovabili

«Parlare di efficientamento energetico sul patrimonio storico vincolato è davvero una sfida», racconta Francesca Turati, architetto dell’Ufficio Restauro e Conservazione del FAI - «Ad esempio è molto complicato intervenire e isolare l'involucro edilizio, ovvero la pelle di un edificio che lo separa dall'ambiente. Se noi immaginiamo di applicare il famoso cappotto termico sulle pareti esterne e interne di un edificio storico, questo comporterà perdere rivestimenti originali, decori, finiture e quindi spesso non è applicabile. Ma le soluzioni ci sono. Dobbiamo agire dove possiamo, ispirandoci alla conservazione del Bene: per esempio, isolare le coperture, isolare solai a terra in modo da staccarli dal terreno ed evitare la risalita dell'umidità, piuttosto che garantire sempre una manutenzione dell'edificio in modo che sia protetto dagli agenti atmosferici».

Guarda il video “Mitigazione e adattamento nei Beni FAI” con Francesca Turati

L’efficientamento energetico del patrimonio storico-culturale è quindi un tassello fondamentale per supportare il percorso di decarbonizzazione del Paese, ma per rendere questo percorso pienamente efficace e completo è necessario ricorrere all’integrazione di fonti di energia rinnovabile.

Come ricorda al FAI Elena Lucchi, architetto e docente al Politecnico di Milano, «quando si parla di integrazione di energie rinnovabili su un bene vincolato, ci si riferisce a un’integrazione estetica, energetica e tecnologica. Bisogna però ricordare che i criteri principali di progetto devono essere la tutela e la conoscenza del bene culturale stesso. Diventa poi fondamentale studiare la compatibilità e la reversibilità dell’intervento, oltre alla sua durabilità nel tempo e all’effettiva produzione energetica. Prendendo come esempio l’integrazione di pannelli fotovoltaici in edifici storici, è importante garantire che le dimensioni, le proporzioni e i colori rispettino quelli dell'edificio, che siano pensati per durare un certo arco di anni e che, una volta terminata la loro funzione, ci sia la possibilità di rimuoverle senza che il bene abbia subito alcuna trasformazione».

Guarda il video “Fonti energetiche rinnovabili e patrimonio protetto” con Elena Lucchi

Casi emblematici

L’integrazione di fonti rinnovabili sul patrimonio storico è quindi una soluzione innovativa e virtuosa che si sta già sperimentando con grande successo sul territorio italiano e non solo.

A Pompei, per esempio, sono stati installati dei veri e propri pannelli solari “invisibili”: sulla Casa di Cerere, sul thermopolium e sulla Casa dei Vettii sono stati posati dei coppi di terracotta che hanno le stesse fattezze dei coppi di terracotta usati dai romani, ma che integrano la tecnologia del fotovoltaico, producendo l'energia necessaria per illuminare gli affreschi.

A Roma, nel parco archeologico dell’Appia Antica, i ricercatori dell’ENEA stanno applicando metodologie e soluzioni adatte all’efficientamento energetico di edifici vincolati – quali Capo di Bove, Santa Maria Nova, Villa dei Quintili e Villa di Sette Bassi – analizzando anche quale sistema di produzione da fonti rinnovabili possa risultare quello ottimale.

A Napoli, invece, il Museo e Real Bosco di Capodimonte prevede l’installazione di 4.500 moduli fotovoltaici, completamente integrati e invisibili che produrranno circa 800 MWh di energia ogni anno, il 90% dell’energia utile al fabbisogno del Museo.

E così lo sguardo può correre anche oltre i confini nazionali e posarsi sulla cappella del King’s College a Cambridge, dove sono da poco stati installati 438 pannelli fotovoltaici, che forniranno parte dell’elettricità del college stesso.

Queste grandi e meravigliose vestigie del passato si trasformano così in simboli del futuro: sono esempi che dimostrano quanto anche il patrimonio culturale può essere gestito in modo più sostenibile e possa fare da catalizzatore di scelte volte a contrastare i cambiamenti climatici.

Proprio attraverso questi casi concreti la Fondazione vuole diffondere un chiaro appello al cambiamento e vuole porre le basi per ripensare il ruolo del patrimonio per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, mostrando come sta diventando sempre più possibile attuare una giusta transizione verso le energie rinnovabili, senza che il patrimonio stesso venga compromesso.

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