06 novembre 2024
La malga di Monte Fontana Secca e Col de Spadarot, con i suoi pascoli e le aree boscate, si estende per circa 150 ettari sul Massiccio del Monte Grappa, in provincia di Belluno. Il sito rappresenta uno straordinario esempio di paesaggio alpino in cui all’alto valore naturalistico, paesaggistico e ambientale si unisce una grande valenza storica in quanto scenario di intensi combattimenti durante la Prima guerra mondiale, culminati in una tragica battaglia nel 1917.
La malga è composta da tre fabbricati rurali: la casera di valle, la casera di monte e la porcilaia, e dai ruderi di una stalla, l’edificio più grande, detto anche “stallone”. Originariamente alle casere era affiancato un quarto fabbricato, la tipica “pendana”, una tettoia aperta utilizzata per il ricovero della mandria, oggi andata perduta.
La conservazione e l'adattamento degli edifici storici in contesti di alta montagna presentano sfide uniche, specialmente quando si mira a integrare soluzioni energetiche rinnovabili e a promuovere l'autosufficienza energetica.
Il progetto del FAI mira a riattivare l’alpeggio, riportare al pascolo le tipiche vacche burline e ripristinare la produzione casearia. Ovvero ripristinare un paesaggio storico di valore culturale e naturalistico, che tornato alla sua funzione sarà così manutenuto e protetto, e potrà raccontare, attraverso l’esperienza diretta della gestione di un alpeggio, la pastorizia di montagna.
La malga dal 2025 sarà aperta al pubblico come centro didattico e di formazione dedicato a questi temi, con possibilità di pernottamento.
I tre cantieri di recupero e valorizzazione della malga avviati l’anno scorso, grazie ai fondi del PNRR Programma Architettura e Paesaggio Rurale, del Fondo Comuni Confinanti e al contributo di Fondazione Same, coniugano a un'attenta conservazione dei caratteri tipologici dei fabbricati soluzioni innovative, efficienti e sostenibili, nella gestione dell'acqua, nel reperimento dell'energia e nella gestione dei reflui.
Le due casere, quella di monte e quella di valle, hanno una disposizione particolare, osservabile anche in alcune malghe vicine: non sono affiancate lungo la linea di costa ma disposte perpendicolarmente a essa. Questa disposizione degli edifici era legata alla necessità di ricavare dei locali freschi a ridosso della montagna, che non fossero esposti alla luce del sole e fossero protetti dalle eccessive temperature: dei locali perfetti per la conservazione dei formaggi come il Morlacco e il Bastardo, che qui venivano prodotti.
Il restauro della casera di valle, o casa del malgaro, mira a restituire piena dignità al fabbricato. Con l’obiettivo di tutelare e valorizzare questa particolare tipologia architettonica rurale, si è proceduto al riordino dell’edificio, con il risanamento conservativo dei materiali storici del fabbricato e con l’eliminazione delle superfetazioni che avevano in parte snaturato l’assetto architettonico, strutturale e funzionale dello stesso.
Considerata la totale assenza di infrastrutture, in particolare degli scarichi fognari, e sempre grazie ai fondi del PNRR, si è realizzato un essenziale sistema di depurazione dei reflui, a servizio dell’intera malga, che consentirà l’agibilità del fabbricato, oggi privo dei necessari requisiti igienico-sanitari.
All’interno del progetto sono previsti interventi in cui si rende necessaria la ricostruzione di manufatti irrimediabilmente degradati, lo stallone e la pendana.
Lo stallone non sarà più utilizzato come ricovero degli animali, ma diventerà un centro didattico a disposizione delle scuole, e in particolare un centro di formazione per studenti di agronomia, italiani e stranieri, che avranno anche la possibilità di alloggiare nell’edificio che sarà dotato di servizi e di 16 posti letto.
L’intervento di ricostruzione porterà all’edificazione di un edificio rustico a due piani architettonicamente coerente con le casere esistenti, realizzato con l’utilizzo di materiali simili e in ogni caso compatibili con quelli originali del luogo che lo contraddistinguono, come la pietra di calcare cosiddetta “Biancone del Grappa”. Sulle fondazioni, realizzate nel 2023, nell’estate del 2024 sono state costruite le strutture verticali e la copertura in legno di larice, in attesa di completare i rivestimenti e gli impianti che permetteranno l’apertura al pubblico nel 2025.
L’autosufficienza energetica e idrica del sito è fondamentale, e sarà garantita impiegando le risorse rinnovabili locali e introducendo tecniche e modalità di gestione volte alla riduzione dei consumi idrici ed elettrici.
Per rendere i fabbricati abitabili e produttivi e soddisfare i fabbisogni elettrici e termici, si è deciso di utilizzare sulle coperture dei pannelli fotovoltaici thin-film, appositamente progettati e prodotti, che saranno integrati nei 250 mq della copertura dello Stallone secondo l’approccio Building Integrated Photovoltaic, al fine di garantire la produzione energetica e minimizzare l’impatto estetico.
Per i fabbisogni idrici saranno recuperate le antiche pozze, le cosiddette “pose”, degli invasi per la raccolta di acque meteoriche e l’abbeveraggio del bestiame che venivano realizzate dai malgari su depressioni naturali o artificiali, come quelle create dallo scoppio degli ordigni bellici della Prima guerra mondiale. Al recupero di questi sistemi tradizionali saranno affiancati nuovi sistemi, come il recupero delle acque meteoriche dalle coperture. L’acqua raccolta in grandi serbatoi nascosti dietro le pareti dello Stallone, a ridosso della montagna, è distribuita nel sito e utilizzata per i fini domestici, caseari non alimentari.
Il progetto di restauro e valorizzazione di Monte Fontana Secca dimostra come l'integrazione delle energie rinnovabili e delle tecniche tradizionali possa creare edifici a basso impatto ambientale ed energeticamente autosufficienti, preservando al contempo il patrimonio storico e naturale delle aree alpine.
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