Gli affreschi restaurati dell’Eremo di Sant’Onofrio al Morrone

Gli affreschi restaurati dell’Eremo di Sant’Onofrio al Morrone

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Gli affreschi restaurati dell’Eremo di Sant’Onofrio al Morrone
Dal territorio

25 settembre 2025

Nel 2020, l’Eremo di Sant’Onofrio si è classificato al 9° posto nazionale, vincendo la classifica speciale “Italia sopra i 600 metri”. Ha ottenuto così da FAI e Intesa Sanpaolo un contributo di 20.000 euro dedicato al restauro degli affreschi dell’abside, cofinanziato dal Comune di Sulmona.

La città di Ovidio

Sulmona è una delle città storiche più importanti del centro Italia, tra i principali nuclei dei Peligni, popolazione citata dal poeta Ovidio, che proprio a Sulmona nacque nel 43 a.C. Fu poi un rilevante municipium romano ed ebbe un forte sviluppo nel corso del Medioevo, con la costruzione di una seconda cerchia muraria, dotata di ben sei porte e dell’imponente acquedotto, tra i principali monumenti abruzzesi.

La città sorge alla fine della Valle Peligna, a ridosso del Parco Nazionale della Majella. All’interno della valle, a sei chilometri dal centro abitato, l’ambiente che si fa già montano conserva una notevole testimonianza della Sulmona romana, i resti del grande Tempio di Ercole Curino. Dall’area archeologica proviene un bronzetto di Ercole in riposo, databile intorno al III secolo a.C. e oggi custodito nel Museo archeologico nazionale d'Abruzzo, a Chieti, che viene considerato uno dei capolavori della piccola plastica antica.

Il tempio sorgeva ai piedi del monte Morrone, che mostra una costruzione incastonata nel costone roccioso, a 600 metri di altitudine: è l’Eremo di Sant’Onofrio, legato alla figura di papa Celestino V, ricordato da Dante per il “gran rifiuto”.
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Da eremita a papa

Nato nel 1210 nell’odierno Molise da una famiglia di contadini, Pietro di Angelerio, dopo un breve periodo in un monastero benedettino, decise nel 1230 di dedicarsi alla vita eremitica. Giunse a Sulmona intorno al 1235 e si stabilì in una grotta sul Monte Morrone, da cui derivò il successivo appellativo di Pietro da Morrone. La fama della sua vita ascetica attirò numerosi pellegrini, tanto che Pietro decise di trasferirsi in una località più isolata e inaccessibile, dove con altri eremiti fondò l’eremo di Santo Spirito a Maiella. Nel 1259 ottenne dal vescovo il permesso per la costruzione di una chiesetta dedicata alla Vergine ai piedi del Monte Morrone.

Il gruppo di eremiti che si era riunito attorno a lui divenne cospicuo, tanto da essere incorporato nell’Ordine Benedettino da papa Gregorio X nel 1275, che concesse a quella che era di fatto diventata una congregazione il privilegio di mantenere le ormai numerose proprietà. Pietro, infatti, aveva anche doti che oggi definiremmo manageriali, che avevano portato a estendere notevolmente, grazie a donatori, i possedimenti di Santo Spirito a Maiella, che arrivarono a includere la chiesa di San Pietro in Montorio nella stessa Roma.

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La vita monastica restava comunque il cuore della sua attività e la sua regola, imposta ai confratelli, era vicina a quella degli ordini mendicanti: le vesti dovevano essere di panno semplice e le scarpe aperte davanti; altrettanto semplici dovevano essere i cibi e tranne che in estate vigevano severe regole di digiuno. Il suo carisma non smetteva di attrarre pellegrini e i suoi biografi narrano di guarigioni e miracoli. La sua fama oltrepassò ben presto l'ambiente abruzzese, rendendolo noto nel Collegio cardinalizio e presso la stessa Curia papale.

Per spostare il centro della sua Congregazione in una località più facilmente accessibile, raggiungibile da tutti i fedeli, Pietro tornò ai piedi del Morrone. La chiesa di Santa Maria, posta ai piedi del monte, fu allargata e trasformata con il contributo dei cittadini di Sulmona nel grande monastero di Santo Spirito, anche se il futuro papa scelse di vivere nella grotta sulla montagna che già aveva abitato in gioventù. Intorno a questa sorse l’eremo, che venne dedicato all’eremita del V secolo Sant’Onofrio.

All’epoca la Chiesa Cattolica era priva di un papa: da quasi un anno il conclave non trovava un accordo. Pietro, scelto a sua insaputa, certamente come nome di compromesso e soluzione di transizione, fu eletto nel 1294, ormai ottantaquattrenne. Proprio la sua età, avanzatissima per l’epoca e la sua scelta di vita eremitica, totalmente estranea ai riti e agli affari della Curia, fecero vedere in lui un uomo debole e manovrabile. Abdicò – fu la prima volta nella storia – dopo cinque mesi e nove giorni di un pontificato che da subito si era rivelato ostico per l’eremita. Il suo desiderio di terminare la vita a Sant’Onofrio fu contrastato dal nuovo papa Bonifacio VIII, che lo imprigionò nella torre del castello di Fumone, dove morì nel 1296.

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L’Eremo di Celestino V

L'eremo di Sant’Onofrio, che si raggiunge solo a piedi, attraverso una passeggiata di circa venti minuti, agevolata da una lunga scalinata che si snoda lungo il fianco della montagna, ha una struttura semplice, che riflette lo stile di vita ascetico del suo fondatore. Il complesso si articola in una piccola chiesa, una serie di ambienti per la vita monastica, affacciati a un porticato da cui la vista spazia sulla valle sottostante, una cappella con affreschi molto rovinati di epoca sei-settecentesca e la grotta abitata da Pietro da Morrone. Fu all’eremo che i legati del Conclave salirono per portargli l’annuncio dell’elezione al pontificato.

La piccola abside della chiesa conserva le testimonianze artistiche più importanti, con alcune scene affrescate nel Duecento: la parete alle spalle dell’altare mostra la Crocifissione con la Vergine e San Giovanni Evangelista. Il pathos della scena è accentuato dalle espressioni dolenti dei personaggi e dai due angeli intenti a operare una curiosa sostituzione della corona di spine con una corona reale. La drammaticità della scena si stempera nella lunetta soprastante, che raffigura una “Madonna della tenerezza”: nonostante il contesto sia nobile, con la Vergine seduta sul trono, i gesti mostrano la familiarità di una madre che tiene in braccio il figlio inclinando il viso verso di lui, che glielo accarezza con dolcezza.

Nella lunetta opposta, sopra l’ingresso, compaiono tre santi legati all’Ordine benedettino: al centro il fondatore, san Benedetto, con il saio bruno e il cappuccio a coprire la testa; a sinistra san Mauro, il suo principale discepolo e Sant'Antonio Abate, il primo a rivestire questo ruolo nel III secolo d.C. e tra i più illustri eremiti della storia della Chiesa. La volta a botte che copre l’abside raffigura un cielo stellato.

Oggi l’Eremo, rimasto senza frati all’epoca della soppressione napoleonica, viene usato per ritiri spirituali.

Il restauro sostenuto da I Luoghi del Cuore

Nel 2020, l’Eremo di Sant’Onofrio era stato votato da 22.442 persone grazie alla mobilitazione condotta dalla Delegazione FAI di Sulmona e dal comitato “Custodi dell’Eremo di Celestino V”. Classificato al 9° posto nazionale, aveva vinto la classifica speciale “Italia sopra i 600 metri”, ottenendo così da FAI e Intesa Sanpaolo un contributo di 20.000 euro.

Al momento della raccolta voti, gli affreschi dell’abside si trovavano in stato di degrado, danneggiati da sali, sporco e dai resti di un precedente restauro degli anni Ottanta, molto invasivo. La muratura di supporto, con diverse fessurazioni, aveva inoltre bisogno di consolidamento, con i diversi strati di intonaco che tendevano a staccarsi. Il premio “Luoghi del Cuore” è stato dunque dedicato al loro restauro, cofinanziato dal Comune di Sulmona.

L’intervento ha portato a un’importante scoperta: sono infatti emerse con la pulitura, a sinistra della Crocifissione, le figure di un santo ignoto e, all’interno di una cornice polilobata, di un Cristo benedicente a mezzo busto. Entrambe le immagini sono successive al ciclo affrescato duecentesco e riferibili, così come la rappresentazione di san Pietro Celestino con la tiara papale e il mantello sopra al saio, che le affianca, al XV secolo.

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