07 ottobre 2021
Sono in particolar modo emozionanti queste Giornate FAI d'Autunno, promosse dai «Gruppi giovani» della nostra Fondazione, che, in occasione del centenario della traslazione del Milite ignoto e grazie alla collaborazione con lo Stato Maggiore - apriranno 42 luoghi simbolo del Ministero della Difesa e delle Forze armate. Questo ci riporta una dimensione della vita che per fortuna da quasi otto decenni ignoriamo (ma io ho ancora nelle orecchie di bambino il deflagrare delle bombe su Roma). Eppure, l’Italia senza le guerre non sarebbe nata, non sarebbe diventata una patria liberale e soprattutto non sarebbe maturata – dopo un tempo di tragico errore – come una delle nazioni democratiche dell’Occidente.
Gli uomini esemplari in guerra come in pace sono chiamati eroi. Per gli antichi l’eroe era il figlio di una vergine e di un dio, come Romolo e poi anche come Cristo... Questo loro concepimento, tanto speciale, indicava la rarità di coloro che amano donare la propria vita per salvare la città o lo stato.
Eppure, già gli Stoici sapevano che un frammento di divinità sta in ciascun essere umano, anche se nato da un padre umanissimo, e lo scorgevano perfino in quello «strumento vocale» ch’era allora lo schiavo. Anzi uno dei massimi filosofi stoici, Epitteto, era stato uno schiavo greco, proprietà dell’imperatore, che all’imperatore Adriano aveva impartito i suoi insegnamenti.
Se tutti gli esseri umani hanno in sé questa divina fiammella, allora è soprattutto, più che di un concepimento soprannaturale, l’esito di una rinascita spirituale, che sta nell’accudire la brace che riceviamo quasi spenta fino al punto che si accende in ardente roveto. Ecco, è l’ardore la qualità di qualsivoglia eroe, grande e piccolo, passato e attuale.
L’eroe non arde per sé: un eroe egocentrico fa ridere… È quasi sempre il salvatore di un qualche tutto, come il vice-brigadiere alla stazione di Torre in Pietra Salvo D’Acquisto, sacrificatosi ai Tedeschi nel ’43 per salvare la vita a operai di quell’azienda agricola. L’eroe è il salvatore di una famiglia, di una comunità, di un comune, di una regione oppure addirittura di una nazione in un concerto di altre nazioni, come oggi l’Europa.
Nei tempi patriarcali trascorsi i genitori educavano, mentre oggi fanno a gara per piacere ai figli, quasi fossero fratelli maggiori, generando così altrettanti Narcisi. Ugualmente in quei tempi educavano i maestri e i professori di scuola, rifondata cento anni fa da Giovanni Gentile e oggi semidistrutta, nel facile desiderio di lasciare tutti nella propria ignoranza. Sempre in quei tempi educavano anche il servizio militare, le parrocchie, le scuole di partito e le altre istituzioni intermedie. Di tutto ciò restano oggi da una parte le «forze dell’ordine»: i carabinieri forestali e quelli che difendono il patrimonio culturale, i vigili che difendono dal fuoco, la marina e la guardia di finanza che salvano in mare i migranti, i vari corpi dello Stato maggiore custodi della memoria in musei, biblioteche, monumenti e anniversari. Dall’altra spiccano le realtà del III Settore – costituite da milioni di italiani volontari –, tra le quali è il FAI, che opera da quasi mezzo secolo.
Con questo spirito di ripresa educativa agiremo nei 600 luoghi poco conosciuti d’Italia entro 300 città, che il FAI aprirà nelle Giornate d’Autunno del 16 e del 17 ottobre prossimi.
Iscriviamoci pertanto in piazza oppure online, doniamo per le strade o sul web, partecipiamo insomma alla maggiore manifestazione italiana dedicata al paesaggio e al patrimonio naturale, storico e artistico, in una missione civile che bandisca l’odio favorendo la civiltà e la cultura scientifica e umanistica. Abbandoniamoci anche all’amore per quel «volto della patria» (Benedetto Croce) che è l’ambiente dell’Italia – fatto di natura e storia intrecciate tra loro –, incoraggiati dalla missione della nostra Fondazione e da quei piccoli eroi – iscritti, donatori e volontari – che si dedicano ai concittadini in un pacato ma fermo amore per l’Italia e per l’Europa, che è il contrario dei nazionalistici eccessi nei quali in passato ci siamo perduti.
Operiamo perché ogni nodo del tessuto sociale sia intriso di conoscenza, bellezza, benevolenza. L’avidità distrugge, la cultura della natura e della storia danno gioia.