14 novembre 2022
La crisi climatica accelera, il tempo per l’azione stringe e le crescenti sfide che il mondo deve affrontare richiedono azioni di portata senza precedenti. Ma, far coincidere gli interessi di quasi 200 paesi non è cosa facile, né scontata.
Nella giornata dedicata alla decarbonizzazione, 47 Paesi che insieme rappresentano oltre il 50% del PIL globale hanno deciso di riprendere e potenziare la Breakthrough Agenda, un’iniziativa lanciata a Cop26 con lo scopo di ridurre le emissioni. Sono state identificate 25 azioni prioritarie per accelerare la transizione energetica e per rendere le tecnologie pulite più economiche e più accessibili a tutti. Nonostante non siano stati raggiunti gli obiettivi del precedente piano, i delegati dei vari Paesi hanno presentato un nuovo programma per “decarbonizzare” il settore dell’energia, dei trasporti e dell’acciaio, per aumentare la produzione di idrogeno a basse emissioni e per accelerare il passaggio ad un tipo di agricoltura sostenibile entro la COP28.
Nella giornata dedicata all’agricoltura è stato lanciato il programma FAST, Food and Agriculture for Sustainable Transformation (Cibo e Agricoltura per la Trasformazione Sostenibile), che ha l’obiettivo di aumentare i contributi finanziari per “decarbonizzare” l’agricoltura e i sistemi alimentari entro il 2030 e insieme garantire la sicurezza alimentare a tutte le popolazioni del mondo attraverso meccanismi di adattamento. Se da una parte, infatti, i sistemi agroalimentari contribuiscono alle emissioni di CO2, al degrado degli ecosistemi e alla perdita di biodiversità, dall’altra sono tra i più colpiti dal cambiamento climatico, da siccità ed eventi metereologici estremi. Per la realizzazione del programma sono state poste come azioni principali: l’accesso ai finanziamenti e l’accesso alle conoscenze tecniche.
Per quanto riguarda la finanza climatica, neanche quest’anno i Paesi sviluppati riusciranno a mobilitare i 100 miliardi di dollari di cui si parla dal 2009. Sono comunque iniziati i negoziati tecnici sulla definizione del nuovo obiettivo di finanza climatica che sarà in vigore dal 2025: secondo gli ultimi studi una somma adeguata alle necessità dovrebbe attestarsi sopra i 1000 miliardi di dollari all’anno (almeno dieci volte l’attuale obiettivo, mai raggiunto). Il tema del Loss and damage – perdite e danni - resta spinoso e pieno di tensioni. Si tratta del meccanismo assicurativo per compensare le perdite e i danni subiti dai i Paesi meno sviluppati, che hanno contribuito meno di tutti alla crisi climatica, finanziato dai paesi storicamente più industrializzati. Joe Biden, durante il suo discorso alla COP27, non ha fatto alcun riferimento al tema, ma ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti all’iniziativa Global Shield Against Climate Risks, che prevede la messa in atto di meccanismi assicurativi con la partecipazione delle compagnie (assicurative) per la prevenzione dei disastri. Nessun accenno, invece, a responsabilità storiche o alla volontà di creare un fondo ad hoc a cui attingere durante le situazioni di emergenza create dal cambiamento climatico. La presidenza egiziana ha comunque indicato la COP29 come limite massimo per prendere una decisione in merito alla creazione o meno di uno strumento finanziario per il Loss and damage.
Ha scosso ulteriormente i banchi dei negoziatori l'intervento di un expertise di scienziati, che ha sottolineato come il potenziale di adattamento umano al cambiamento climatico non sia illimitato. Si tratta del report 10 New Insights in Climate Science, redatto dai principali esperti globali delle scienze naturali e sociali convocati dalle reti internazionali Future Earth, The Earth League, World Climate Research Program (WCRP). Sulla base dei loro risultati, entro il 2050 oltre 3 miliardi di persone abiteranno "punti critici di vulnerabilità" - aree con la più alta esposizione ai rischi causati dal clima: il doppio rispetto ad oggi.
"L'adattamento da solo non può tenere il passo con gli impatti dei cambiamenti climatici, che sono già peggiori del previsto", ha affermato il segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Simon Stiell.
Per affrontare la crisi climatica sono infatti necessari cospicui investimenti in azioni di mitigazione e di riduzione delle emissioni, con lo scopo di limitare al minimo perdite e danni futuri.
“Meno mitighiamo, più dobbiamo adattarci.” – ha dichiarato Stiell – “Quindi, investire nella mitigazione è un modo per ridurre la necessità di investire in adattamento e resilienza. Ciò significa presentare piani d'azione nazionali per il clima più forti e farlo ora."
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