23 maggio 2023
La mostra “Adriano Pallini. Una collezione di famiglia” presenta una selezione di opere d’arte dalla collezione di Adriano Pallini (1897-1955), il sarto che, dagli anni Venti, nel suo atelier in Via dell’Orso a Milano, grazie alla relazione di reciproca stima e di amicizia con numerosi artisti suoi clienti, avviò una delle più importanti collezioni private di pittura e scultura del Novecento. Originariamente esposte nell’atelier e nelle case della famiglia Pallini, nel tempo le opere sono confluite in altre collezioni private e in grandi musei o sono rimaste ai familiari, a cominciare dalle figlie di Adriano Pallini, Adriana e Nicoletta, che sono tra i prestatori. A Nicoletta Pallini Clemente si deve la donazione al FAI, nel 2021, del Ritratto di Adriano Pallini (1934) di Massimo Campigli, oggi parte della collezione permanente di Villa Necchi. Da quel generoso gesto è nata l’idea di raccogliere un nucleo dell’originaria collezione di famiglia e di esporlo a Villa Necchi con un allestimento che integra le opere in mostra con quelle permanenti – in gran parte donate da Claudia Gian Ferrari e afferenti allo stesso periodo e talvolta agli stessi artisti – e con gli arredi. Nel sottotetto della villa, inoltre, le opere sono affiancate da oggetti, documenti e grandi fotografie legati alla casa, alla vita e all’attività di Adriano Pallini, con l’obiettivo di restituire al pubblico il senso di una collezione di famiglia, in un percorso che dalla biografia al collezionismo racconta la società e la cultura di un tempo: il Novecento.
Arrivato a Milano dall’Abruzzo negli anni Venti e appassionato d’arte fin da ragazzo, Adriano Pallini iniziò la sua celebre raccolta frequentando l’ambiente delle gallerie d’arte e gli studi degli artisti, “vestendo” personalità come Giorgio de Chirico, Mario Sironi, Massimo Campigli, Piero Marussig, Arturo Martini, Achille Funi, Pompeo Borra, Lucio Fontana, Antonio Corpora e tanti altri. Pallini, ben inserito nel sistema di una Milano che in quegli anni contava pochissimi amatori d’arte interessati all’arte contemporanea, costituì nel tempo una collezione d’avanguardia studiata dalla figlia Nicoletta nel libro Atelier Pallini. Storia di una collezione italiana 1925-1955 (Mazzotta Editore, 2014). La raccolta nacque inizialmente dal classico scambio di abiti e opere, una consuetudine diffusa tra gli artisti, ma negli anni si arricchì attraverso scelte precise del collezionista, che rispecchiavano i suoi gusti personali. Tra i più noti acquisti di Pallini, opere di Umberto Boccioni, Gino Severini, Giorgio Morandi, ma anche il Ritratto di Paul Guillaume (1916) di Amedeo Modigliani, oggi al Museo del Novecento di Milano, e Le figlie di Loth (1919) di Carlo Carrà, oggi al MART di Rovereto.
La mostra, senza riproporre l’intero corpus di capolavori disperso nei principali musei e collezioni internazionali, intende raccogliere, sui tre piani di Villa Necchi Campiglio, trenta opere significative alcune delle quali mai esposte. Il percorso parte dal Ritratto di Adriano Pallini (1934) di Massimo Campigli, donato al FAI da Nicoletta Pallini Clemente. A questo si aggiunge la rara sequenza dei ritratti di famiglia – Ritratto di Marta (1940), Adriana (1948) e Nicoletta (1949), moglie e figlie del collezionista – sempre dipinti da Campigli, un artista particolarmente legato ad Adriano. Da segnalare, inoltre: Il poeta Cechov (1921-22) di Arturo Martini, Signora con pelliccia (1920) di Piero Marussig e O la borsa o la vita (1944) di Fortunato Depero, opere ormai entrate nella storia dell’arte del Novecento. Molte, poi le rarità: una ceramica di Lucio Fontana, Busto oro e nero (1938); Cavallo di Giorgio de Chirico (1948); una Natura morta (1940) di Filippo de Pisis con la dedica a Pallini sullo specchio; il famoso bozzetto in bronzo del Monumento al Duca d’Aosta di Arturo Martini; l’inedito Ritratto di Adriano Pallini di Achille Funi (1939-40) esposto alla Biennale del 1940; Composizione (1947) di Mauro Reggiani; una Natura morta di Mario Raciti; Albero (1955) di Corrado Cagli, tra le ultime opere acquistate dal collezionista prima della sua scomparsa.
Di Adriano Pallini, tuttavia, non si vuole raccontare soltanto la passione per l’arte, ma anche la storia professionale, connessa alla vita quotidiana dei protagonisti della cultura del Novecento. Per questo, al primo piano della villa, nel guardaroba, è riproposto l’atelier attraverso documenti originali, i libri delle misure – grandi agende in cui venivano annotate le taglie di tutti i clienti, tra cui i maggiori artisti e scrittori del tempo – e gli strumenti di lavoro, le forbici, i gessetti, i cartamodelli. Conclude la mostra un documentario realizzato da Daniela Annaro per “memoMI”, che ripercorre la vita di Adriano Pallini e l’ambiente della Milano del dopoguerra in cui visse il collezionista.
La mostra è corredata da un catalogo, edito da Skira, che include, oltre ai testi dei curatori, un’introduzione di Elena Pontiggia.
Con il Patrocinio di Regione Lombardia e Comune di Milano.
Villa Necchi Campiglio è Museo riconosciuto da Regione Lombardia.
La mostra Adriano Pallini. Una collezione di famiglia è resa possibile grazie al fondamentale contributo di Castel, azienda leader nel settore della componentistica per la refrigerazione e il condizionamento dell’aria, e di Legance, primario Studio legale italiano indipendente, che hanno deciso di sostenere il progetto in continuità con l’impegno già espresso a favore del FAI e in modo particolare di Villa Necchi Campiglio.
L’inaugurazione della mostra è anche l’occasione per presentare al pubblico, allestita negli ambienti di Villa Necchi, la recente donazione al FAI da parte di Elisabetta, Ermenegildo, Anna e Benedetta Zegna, in memoria dei genitori Angelo e Marisa Zegna di Monterubello, di un gruppo di oggetti e arredi vari del XVIII e XIX secolo, di manifattura orientale ed europea. Sculture in porcellana, avorio, giada e malachite e due tavolini in legno francesi sono stati allestiti nelle sale della Villa, accanto agli oggetti originari della casa e a quelli – un nutrito nucleo di porcellane bianche – già donati dalla famiglia Zegna nel 2002 e nel 2013, a testimonianza di una generosità speciale e di un rapporto di fiducia, ormai duraturo, che la lega al FAI.