25 maggio 2023
Un ambiente sensibile, un’architettura concepita nel Cinquecento per favorire la visione e il godimento del paesaggio, e un emblema della centralità dell’uomo nel paesaggio, che si afferma in quel periodo, e con grande anticipo afferma il bisogno di una relazione equilibrata con la natura, a beneficio dell’ambiente e dell’uomo stesso. Questa è Villa dei Vescovi.
Nella sua vicenda il paesaggio è protagonista, e sul paesaggio, infatti, si incentra il suo racconto.
Un nuovo racconto, che il FAI inaugura qui il 9 giugno con l’apertura al pubblico di uno spazio, nel basamento della villa, appositamente allestito con proiezioni immersive accompagnate da una narrazione affidata alla voce di Marco Paolini. È il secondo “ambiente per l’Ambiente”, dopo quello inaugurato a Villa Necchi Campiglio: un progetto del FAI che si propone di realizzare ogni anno, nei suoi Beni, almeno un nuovo video racconto che introduca alla visita con una chiave di lettura particolare, che raccorda storia e natura, passato e presente, paesaggio e ambiente.
Villa dei Vescovi sorge alla prima metà del Cinquecento dalla volontà di Francesco Pisani, allora vescovo di Padova, di ricostruire l’antica sede vescovile. L’edificio sarà il prototipo di un’architettura nuova: un modello di residenza di campagna che condensa e realizza i propositi culturali di una classe dirigente di umanisti, che allora fiorisce a Padova, e che vede tra gli animatori Alvise Cornaro, amministratore dei beni del vescovo, ricco e colto ideatore del progetto di questa villa con l’architetto Giovanni Maria Falconetto. Una residenza di villeggiatura che risponde a nuove esigenze – coltivare l’entroterra veneziano incolto e paludoso, e allora oggetto di una poderosa bonifica –, ma anche a una nuova cultura – beneficiare di un rapporto equilibrato tra uomo e natura –, che trae curiosamente spunto da una antica cultura, dalla lezione degli antichi romani, che avevano inaugurato molti secoli prima il modello della villa di campagna, come alternativa alla domus di città. Nel Cinquecento rinasce e si afferma il desiderio di un otium all’antica – mens sana in corpore sano – che, lontano da impegni e affanni della città, trova la sua dimensione in campagna, e la sua soddisfazione nell’immersione nel paesaggio, riconosciuto nel suo valore di creazione dell’uomo, che fa bene all’uomo. È una conquista culturale, che oltre agli antichi, si ispira anche alla vicenda di Petrarca, pioniere della riscoperta del valore del paesaggio per l’uomo, di cui proprio qui vicino, ad Arquà, si conserva la casa. Villa dei Vescovi traduce in architettura una nuova cultura.
Il paesaggio investe chi visiti Villa dei Vescovi: l’insistenza sulla sua visione, che emerge dalle logge con le arcate che incorniciano appositamente l’ambiente circostante, ma anche dalla decorazione pittorica – opera del pittore fiammingo Lambert Sustris – che ovunque, all’interno della villa, proietta illusionisticamente verso l’esterno, è la prova di un desiderio di immersione totale nel paesaggio e la testimonianza della consapevolezza che il paesaggio, architettato e dipinto, è opera dell’uomo, oltre che della natura. Il paesaggio, qui, non è un quadro, ma un ambiente, creato dall’uomo, e continuamente rimodellato dal suo punto di vista. Non è la natura creata da Dio in cui siamo passivamente immersi, ma è il prodotto della determinazione dell’uomo. Il poeta del paesaggio veneto, Andrea Zanzotto, scriveva a questo proposito che l’insediamento umano nella natura,
“come i lineamenti di un volto, traduce in termini sensibili tutta una storia della ragione, il suo sfolgorante successo oppure il suo fallimento”.
Villa dei Vescovi testimonia il “successo” dell’insediamento umano nella natura, ma in questo stesso paesaggio l’intervento umano non ha avuto sempre esiti felici. Il modello della villa veneta, che ha avuto enorme fortuna nel tempo e nel mondo, è stato anche all’origine di una dispersione insediativa e industriale che ha intaccato questo paesaggio, talvolta minacciato – dalla speculazione negli anni del boom edilizio o dalla diffusione di cave nei Colli Euganei – e, anche grazie alla mobilitazione della società civile, oggi tutelato dalle istituzioni, tra cui il Parco Regionale.
Anche il FAI protegge questo paesaggio: dal 2005, quando in memoria di Vittorio Olcese, la moglie Maria Teresa e il figlio Pierpaolo donarono Villa dei Vescovi alla Fondazione. Il FAI ha restaurato l’edificio e i suoi affreschi, ma anche il paesaggio circostante, ovvero il brolo della villa, che oggi è un vigneto produttivo sulla “Strada del vino dei Colli Euganei”, con un marascheto, uno stagno e perfino un apiario. Coltivare questo paesaggio, valorizzando colture promiscue e tecniche antiche, è il modo migliore per tramandarne la storia, ma anche per contribuire alla salute dell’ambiente, promuovendo biodiversità e sostenibilità, e per conservarne la bellezza.
Alvise Cornaro scriveva che “questo mondo è bello a chi se lo sa far bello”, che è il titolo scelto per questo video racconto: la centralità dell’uomo nel paesaggio, infatti, è anche la scoperta della sua responsabilità. La nostra responsabilità.
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