Il borgo di Villaurea dista circa quindici chilometri da Termini Imerese e quasi tre dall’abitato di Cerda; esso è situato poco oltre le alture dove sorgeva l’antica Himera a poca distanza dalla attuale zona archeologica.
Villaurea è oggi l’unica frazione del comune di Termini Imerese ed è conosciuta dai più con il nome di “a Signura”.
La contrada, una delle tante del territorio termitano, faceva anticamente parte dell’immenso feudo di Brucato; istituito ad opera di Ruggero II il Normanno che lo aveva concesso a tale Roberto Brucato, un cavaliere normanno, a cui successe il figlio Giovanni.
Il feudo comprendeva ben diciotto contrade tra cui ricordiamo: Signora (poi Villaurea), Franco, Torrazza, Molara, Cortevecchia, Canna, Quarantasalme, Piano Bandiera. Era un vasto territorio che si estendeva dai piedi del monte S. Calogero fino alla Valle del fiume Torto e fino alla sponda sinistra del Fiume Himera.
Il feudo era presidiato da una fortezza e, come si legge in documenti dell’epoca, vi si trovavano mulini, masserie, laboratori di artigiani, villaggi e mercati. Nel 970, sotto la dominazione araba, Brucato con il nome di Burqad, è annoverato fra le città siciliane dal geografo arabo al-Muqaddasi
Dopo la sua progressiva disgregazione, una parte di esso, nel 1799 proviene in allodio a Francesco De Michele, barone di San Giuseppe, che vi fonda il borgo rurale di Villaurea stabilmente abitato fin negli anni sessanta del ‘900 da una attiva comunità di contadini.
Vi si giunge proprio dall’abitato di Cerda, attraverso Via Matteotti o via Gramsci, oppure percorrendo una non agevole stradina, poco più che una trazzera, che si diparte sinuosa dalla statale 113 quasi davanti al tempio di Himera.
Essa si inerpica tra le ubertose colline che si affacciano sulla valle del fiume Imera, da tanti conosciuto come “u ciumi ranni”, ovvero Fiume Grande, anticamente detto anche di Siniscalco.
Detta strada, che passa davanti al cosiddetto “Antiquarium” dove sono custoditi numerosi reperti archeologici rinvenuti negli adiacenti scavi, attraversa la zona denominata “Rocca del Drago” e venne fatta costruire da Francesco Salesio De Michele discendente del già citato barone di San Giuseppe.
Il barone di Villaurea nato il 22 di aprile del 1867 era proprietario di questo grande feudo anticamente appartenuto anche alla famiglia Drago; qui lavoravano tantissimi contadini, e lo stesso barone ne aveva ulteriormente valorizzato il territorio dotandolo anche di acqua ed elettricità con l’intento di costruirvi una grande azienda agricola. Anche dopo la morte del barone, avvenuta il 19 agosto del 1950, tanti contadini nel frattempo divenuti proprietari di parte delle terre, preferirono restare sul posto continuando ad abitarvi stabilmente.
La zona, particolarmente fertile, è ancora oggi in buona parte coltivata; le vecchie casupole del primitivo borgo sono per lo più adibite a magazzini o, in parte riadattati, utilizzati in estate come luogo di villeggiatura.
Qui, fino ad alcuni decenni fa, era una sorta di giardino dell’Eden; vi si coltivava grano, mandorle, ulivi ed ortaggi di ogni genere e si poteva godere a pieno di un ambiente incontaminato.
Ancora oggi e possibile immergersi nella natura e rilassarsi lontani dal caos, sfiorati dalla gradevole brezza marina che, soprattutto d’estate, sale leggera dalla costa poco distante. I colori sono quelli della bruna terra, dei fiori spontanei e della florida erbetta campagnola; l’udito può essere deliziato dall’ascolto del cinguettio degli uccelli o dei campanacci di animali al pascolo mentre, qua e là, non manca anche l’impertinente canto di qualche immancabile galletto.