La Villa Caracciolo Carafa ha ricevuto notorietà nella prima metà del XIX secolo perché di proprietà del Barone Petti (da cui è derivata l'iscrizione nella carta del Real Officio Topografico redatta, tra il 1817 ed il 1819, con l'indicazione di "Torre del Barone Petti").
A sostegno del pregio storico è il cespite, che si presenta ad impianto architettonico contraddistinto da linee ed ornati tardo-cinquecenteschi di gusto rinascimentale. La destinazione della dimora impressa dalla famiglia nobiliare è quella della "residenza di campagna", ovvero di centro di raccolta della produzione di derrate agricole arboree e di controllo per l'attività dei coloni.
Solo marginalmente è adibita a luogo di svago per i nobili. E' proprio dalla sua principale destinazione che deriva la caratterizzazione architettonica dell'immobile.
Infatti, l'edificio è costituito da un corpo centrale quadrato, sovrastante l'androne di ingresso con edifici interni dislocati lungo il perimetro della corte centrale. L'androne d'ingresso s'innalza di parecchi metri al di sopra della restante parte della facciata.
Quest'ultima è coronata da una originale merlatura sostenuta da archetti pensili. Altri elementi tipici che contraddistinguono la villa sono: un ampio e lineare portale a tutto sesto in piperno; le aperture con archetto a tutto sesto e con sottili timpanetti; e, infine, una balconata dell'avancorpo al primo livello del prospetto.