Inserita in un contesto urbano semi-periferico, la storia di Villa Bonelli inizia a fine Settecento, quando si ha testimonianza di una Torre Palica, un sito agricolo che, stando alle fonti, può essere identificato come quello su cui sorge l’edificio. Nel 1795 sembra che la Torre avesse acquisito la funzione di casino ovvero luogo di villeggiatura. Agli inizi del XIX secolo risalgono lavori ulteriori per mano dell’erede di Raffaele Bonelli, Giuseppe, il quale commissionò una serie di interventi che diedero alla villa l’aspetto odierno. Insieme a questi lavori di ampliamento venne commissionata la costruzione di una cappella pubblica a uso suo e dei fedeli che vivevano in campagna. Nel Novecento la Villa fu chiusa al pubblico e progressivamente abbandonata. Durante la Seconda guerra mondiale la Villa diventò quartier generale delle forze alleate ma il suo attuale stato di decadimento ha avuto inizio quando i Bonelli decisero di disfarsi dell’onere di quella proprietà ormai in disuso. Avvenne quindi la donazione della proprietà al Comune di Barletta nel 1979. L’edificio in stile neoclassico ha una pianta a L ed è costituito da un corpo principale e da un’ala più corta che le si oppone perpendicolarmente. La Villa si sviluppa su due piani e la copertura è a tetto spiovente, a eccezione di una parte dell’ala corta che ha tetto terrazzato. Sulla facciata principale si aprono cinque entrate ad arco che portano a locali con diverse funzioni: scuderie, depositi, forno, residenze di servizio, cucina e dispense. L’entrata monumentale è quella della pregiata cappella, abbellita da un altare in marmo policromo con due putti laterali, e consiste in un arco a tutto sesto con un architrave che riporta l’incisione di una dedica di Giuseppe Bonelli all’atto dell’edificazione. L’area padronale era collocata al primo piano dove si trovavano camere da letto e di servizio, un ampio salone e un terrazzo. A collegare il piano terra con il primo piano vi è uno scalone monumentale in marmo bianco. Insiste un secondo piano di dimensioni più ridotte, con tre ambienti in cui verosimilmente era alloggiata la servitù. A completare il complesso architettonico, la Villa appare incastonata all’interno di un giardino in stile inglese, ricco di fontane, statue, busti, serra, voliera e un cafeamus. Sono certamente le decorazioni parietali interne a sollevare il maggior interesse storico-artistico. L’insigne Professor Leonardi è certo che la dipintura di Villa Bonelli sia avvenuta ad opera di Antonio Bosco, pittore di scuola napoletana. L’artista Gennaro di Scanno, padre del più celebre Geremia, affiancò il Bosco come aiutante. La celebre “Sala delle feste” viene così affrescata con il tipico stile pompeiano di cui la scuola napoletana era maestra: ceste traboccanti di fiori e frutti simbolo delle stagioni, personaggi fantastici, pinakes su fondo azzurro, sezioni rettangolari simmetriche e regolari in cui sono rappresentate figure femminili, mitologiche, naturalistiche e mostruose. Nel 1839 nasce il figlio di Gennaro, Geremia, che lavora per il Marchese Raffaele Bonelli in una sala adiacente a quella pompeiana, rivolta verso la terrazza e chiamata “Sala della Disfida”. In questo ambiente Geremia dipinge 4 vedute incorniciate da profili dorati. La prima ritrae una marina all’alba, la seconda ripropone il tema della marina ma questa volta con un’imbarcazione dal tricolore sventolante che giunge a riva, un trabucco e il Vesuvio fumante. Il terzo riquadro ritrae una coppia, probabilmente un omaggio al Marchese Raffaele Bonelli e a sua moglie Marianna del Giudice Caracciolo dei Principi di Cellamare. La quarta raffigura il celebre episodio storico della “Disfida di Barletta”.